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domenica 5 ottobre 2014

SULL'ALTARE DELL'EURO RISCHIAMO UNA BRUTTA FINE: DOBBIAMO REAGIRE PER NON MORIRE !




sabato 19 luglio 2014

ITALIA-GERMANIA, LA PARTITA TRUCCATA.

Mi appare addirittura ingenuo l’approccio con il quale i sostenitori di questa Europa si aspettano, dall'Europa stessa, un’apertura alla richiesta, del nostro Governo, di ottenere deroghe e agevolazioni per fare ripartire l’economia italiana.
Si pretenderebbe che la Germania ci agevolasse nel farci  risalire la china, favorisse la  ripresa della nostra produttività, ci aiutasse a ritornare competitivi sul piano internazionale.
Veramente un pensiero assurdo, la Merkel dovrebbe, secondo il pensiero di quei tanti Italiani europeisti, favorire qualcosa che per la Germania potrebbe rivelarsi essenzialmente solo un danno economico.
Ai teutonici condomini Europei la nostra crisi manifatturiera non può che fargli piacere, un rating Italiano molto basso che favorisca l’acquisto del nostro debito pubblico con interessi molto alti è una grande opportunità, una Nazione debole la preferiscono ad una Nazione solida e ricca che potrebbe interferire sui loro piani di predominio continentale.
Il peccato è  originale, durante il parto dell’idea di un Europa unita si è pasticciato troppo e non so fino a che punto in buonafede.
Pensare di equiparare e pretendere le stesse performance economiche da Stati tanto diversi tra loro, con regole fiscali e leggi economiche diversissime, era l’inizio di un disastro annunciato.
Obbligo per tutti  di adeguarsi al valore stabilito convenzionalmente per l’Euro, ma nessun obbligo ad adottare lo stesso regime fiscale, lo stesso costo per il lavoro, adeguare le infrastrutture ad uno standard comparabile tra gli stati dell’unione. 
Un vero disastro, un confronto tra forze sbilanciatissime tra loro, la certezza che chi si fosse trovato in vantaggio ai nastri di partenza avrebbe mantenuto questo vantaggio per sempre.
A queste regole scritte male, o forse benissimo se le guardiamo dal punto di vista di chi scientificamente aveva previsto  questi sviluppi degli avvenimenti, non dimentichiamoci di aggiungere il colpo di grazia a qualunque speranza di un futuro dell’unione europea: l’arbitro è assolutamente di parte, l’arbitro tifa per una sola squadra, l’arbitro farà di tutto per impedire il rilancio di Nazioni in crisi, l’arbitro ha tutto l’interesse a godere dei vantaggi che potrà ottenere per la sua Nazione tenendo alle corde gli avversari.
Sperare che ci consentano di sforare i bilanci per reperire risorse da investire nel rilancio della nostra economia è impensabile, i Tedeschi hanno tutto l’interesse a tenere a debita distanza il loro temibile concorrente manifatturiero, i Tedeschi guardano con simpatia  il nostro  Governo che continua a rastrellare soldi dalle tasche degli Italiani, alla fonte, prima che entrino nel virtuoso circolo dei consumi che potrebbero rilanciare produzione e occupazione.
L’arbitro Merkel non ci farà mai avvicinare alla porta per segnare qualche gol, l’arbitro tifa per la sua squadra.
L’inspiegabile è che, invece, in Italia ci sia ancora tanta gente che spera di poter uscire dalla crisi adeguandosi a queste regole manipolate da un arbitro venduto, continuando, disperatamente, a giocare questa partita truccata.

Giorgio Terzo Catalano-WORLDPRESS INTERNATIONAL24

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venerdì 20 giugno 2014

T.T.I.P.: Il Patto Scellerato USA-UE-Multinazionali.

Nel silenzio più assoluto dei mezzi di informazione Stati Uniti, Unione Europea e Multinazionali stanno siglando il T.T.I.P. (Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti). Con il Miraggio della Creazione di ipotetici nuovi posti di lavoro, stanno per concedere alle multinazionali enormi privilegi. Democrazia, Salute e Ambiente saranno le prime vittime di questo trattato. 

lunedì 26 maggio 2014

Malgrado l'Europa. Quando l'Italia seppe farsi da sé

di Aldo A. Mola, Il Giornale del Piemonte, 25 Maggio 2014 

L' “Europa” non ha mai voluto l'indipendenza, l'unità e la libertà degli italiani. Gli italiani se la sono conquistata con generazioni di patrioti che lottarono contro i dominatori stranieri. L'Italia è nata malgrado l'Europa. E' risorta  dal passato perché dopo secoli di servitù rifiutò di essere ancora a noleggio (“Franza e Spagna pur che se magna”), prona agli Asburgo, ai Borbone, alla Germania, agli Inglesi e alle scorrerie dei “turchi”... Gli italiani  scoprirono  di essere italiani. Vollero esserlo. L' “europeismo” attuale è una menzogna, perché esclude l'immenso spazio della Russia, che è europea  non meno (e forse più) di  tante plaghe dell'Occidente. Questa Europa rimane vittima della divisione che le venne imposta da Stalin e dagli Stati Uniti d'America. Perciò le attuali istituzioni “europee” sono screditate. L'“Europa” che oggi chiede il voto dei cittadini è meno unita di quanto lo fosse  due secoli fa, ai tempi di Napoleone I e di Alessandro I di Russia. E' la peggiore possibile: nessuna politica estera unitaria e quindi nessuna politica militare. Lo vediamo  da quanto abbiamo fatto (o non sappiamo fare) dall'Africa  centro-settentrionale al Vicino e Medio Oriente. Questi sono i fatti. Oggi sono i cittadini a poter imprimere una  svolta. Con il voto. 
  Veduta dall'alto l'Italia è una piccola parte dell'“aiola che ci fa tanto feroci”. I suoi abitanti ci vivono tanto bene da divenire indifferenti al giudizio che ne danno gli stranieri. Così, però, lasciano che la memoria e l'attualità del loro Paese vengano retrocesse a sipario per le imprese di attori stranieri.  E' l'Italia che si sbrana e si espone allo scherno altrui: quella dei manzoniani “polli di... Renzi”.
  Ce lo ricorda Frederick C. Schneid in La Campagna franco-piemontese del 1859, poderosa opera pubblicata dall'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'Esercito (*). Secondo gli storici di lingua inglese – oggi dominanti, anche attraverso la divulgazione televisiva e i supporti informatici –  l'Ottocento ha avuto due soli eventi dominanti: la Guerra di Secessione negli Stati Uniti e quella franco-germanica del 1870-71. la seconda guerra mondiale. Le vicende europee, inclusa la prima guerra mondiale, suscitano scarso interesse: una babele di Imperi decadenti, stati fantoccio, popoli d'incerto profilo, movimenti ideologici, un caleidoscopio che spazientisce chi cerchi una sintesi elementare.    
   In quell'ottica rimane del tutto marginale la guerra che nell'aprile-luglio 1859 gettò le basi del regno d'Italia. Secondo i più, fu un conflitto meramente franco-austriaco. Il regno di Sardegna  non vi compare affatto o figura solo quale comparsa. Non perché così siano i fatti, ma perché non li abbiamo saputi raccontare, spiegare, valorizzare nella loro esatta portata, a differenza di quanto fecero gli storici e i memorialisti (politici, militari, diplomatici) d'Oltralpe: dal prussiano Helmuth con Moltke  allo svizzero Ferdinand Le Comte, al francese César Bazancourt  che ne scrissero “a ferro caldo”. La Relazione ufficiale “italiana” comparve mezzo secolo dopo.  
   Schneid non si lascia invischiare dal mito e dalle ideologie. Fissa i capisaldi per una lettura rigorosa degli eventi. Compresa e messa a frutto la sconfitta nella guerra  del 1848-1849, il Regno di Sardegna lavorò sodo a preparare la riscossa: diplomazia, organizzazione del territorio (fondamentale la rete ferroviaria), ricerca di credito bancario e soprattutto ammodernamento dello strumento militare. A differenza di quanto si narra nei manuali, la guerra non fu affatto “improvvisata”. Gli accordi di Plombières tra Camillo Cavour e Napoleone III furono perfezionati con un'imponente  sequenza di convenzioni militari e di intese diplomatiche, incluso il trattato segreto franco-russo del 3 marzo 1859, generalmente trascurate dalla storiografia che tace o sottovaluta il ruolo di Vittorio Emanuele II (non  solo come persona, ma anche  quale Istituzione, la monarchia: interlocutrice unica degli altri sovrani d'Europa) e sopravvaluta invece cospiratori, avventurieri, mestatori.
  Dopo il 1849 Vienna continuò ad avere nel Lombardo-Veneto più consensi di quanti ne avesse in Ungheria, Boemia, Polonia... Il fallimento del moto milanese del 1853 lo confermò.  Per raggiungere indipendenza e unione (lega degli Stati? federazione? Unificazione?...) l'Italia dunque non poteva “fare da sé”.  Schneid  documenta la pianificazione e la preparazione della campagna d'Italia. Napoleone III doveva mostrare che la Francia non era più quella sconfitta a Lipsia e a Waterloo (1813-181) ma una potenza capace trasferire in pochi giorni 150.000 uomini nella pianura padana e di battervi l'esercito più potente d'Europa. Non gli occorreva troppo spargimento di sangue. Perciò, a differenza di quanto era avvenuto in tutt'Europa nel 1848-1849, la guerra non venne combattuta nelle città: niente insurrezioni, espugnazioni, barricate. Bastava dimostrare l'efficienza della macchina militare, sia con l'impiego di reparti di élite (trasferiti mesi prima dall'Algeria: dovevano combattere contro soldataglia usa alle peggiori efferatezze), sia con il dominio nella comunicazione e l'impiego dell'artiglieria, decisamente superiore a quella austriaca: come si vide a Montebello e, ancor più, a Magenta e a Solferino.
  A San Martino, il 24 giugno 1859, il regno di Sardegna provò che gli italiani sapevano battersi. Avevano il loro progetto. Allarmato dalla mobilitazione del regno di Prussia  sul Reno, Napoleone III puntò immediatamente all'armistizio con Francesco Giuseppe d'Asburgo. Cavour non comprese che quell'Italia non poteva fare da sé. L'Europa voleva certezze e poteva averle solo dal monarca e dai militari, compreso Giuseppe Garibaldi che per assumere il comando dei cacciatori delle Alpi aveva indossato la divisa di generale. La pace di Zurigo fu trattata da diplomatici, non da cospiratori. 
  Contrapposte dai rispettivi interessi le grandi potenze rimasero paralizzate. In quell'incertezza si incuneò l'iniziativa politico-diplomatica-cospirativa che in pochi mesi condusse ai plebisciti del marzo 1860, all'impresa garibaldina del maggio 1860 e all'irruzione di Vittorio Emanuele II nello Stato pontificio e, di seguito, in quello di Francesco II di Borbone, i cui elettori pochi giorni dopo dichiararono di volere “l'Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele  re costituzionale  e suoi legittimi discendenti”.  La “Borbonia Felix”  (di cui scrive  Renata De Lorenzo, ed. Salerno) aveva concluso il suo corso.  Profittando dell'inerzia dell'Europa gli italiani seppero fare e farsi da sé e in mezzo secolo compirono progressi giganteschi. L'Italia si levò di dosso i panni carnevaleschi che per secoli le erano state imposti dai dominatori stranieri e si erse protagonista di storia. grazie soprattutto allo strumento militare. Garibaldi presiedette l'Istituto Nazionale del Tiro a Segno: punto d'incontro tra monarchia, istituzioni e volontariato.
   E' importante che a ricordarcelo sia uno storico d'oltre Atlantico come Frederick Schneid in quest'opera dedicata al figlio, Craig, che “ha camminato con lui a Solferino e a San Martino”. Un esempio da imitare.

Aldo A. Mola dal Blog di Luigi Pruneti

(*)  Voluta dal Capo dell'Ufficio Storico SME, col. Antonino Zarcone, l'Opera è in lingua inglese e in italiano: a doppio taglio.

Il Giornale del Piemonte 25.05.14 Il Giornale del Piemonte 25.05.14 [2.160 Kb]

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giovedì 8 maggio 2014

EUROPA ED ELEZIONI !!!

IN DIECI NE AIUTIAMO ALTRE DICIASSETTE TRA LE QUALI: SPAGNA, GRECIA, BELGIO E LUSSEMBURGO ! FORSE E' GIUNTA L'ORA DI RIVEDERE LE CONTRIBUZIONI ITALIANE ! 

martedì 6 maggio 2014

Farage: "Così metterò ko i bulletti di Bruxelles"






domenica 16 marzo 2014

EURORIBELLIONE - EURO - EUROPA - UNIONE EUROPEA - STATI UNITI D'EUROPA !




martedì 11 marzo 2014

Euro, Europa e Stati Uniti d'Europa !




domenica 9 marzo 2014

"L'Europa che non c'è (mai stata) e la destra che manca".

CONSIGLIO LA LETTURA di quest'ennesimo pezzo di Forte Apache su 'Il Velino'...una provocazione o una verità? 
Ai lettori la scelta...
Fabio Sabbatani Schiuma
Europa nazione, un mito infranto !
di Forte Apache 
Ma che bella quest'Europa che balbetta impacciata sulla crisi Ucraina e che non riesce a prendere posizione neppure sull'assurda vicenda dei nostri due Marò in India! Inconsistente e ininfluente sullo scacchiere internazionale, ma coll'indice sempre alzato a redarguire noi reprobi: ecco come appare l' Unione Europea. 
Ed ecco perché nell'approssimarsi di una delle tornate elettorali più incerte e combattute, un sentimento identitario e nazionalista spinge i vessilli dei partiti e dei movimenti di destra. Che sono saldamente in campo ovunque. E ovunque recitano un ruolo da protagonisti. Ovunque, tranne che in Italia. Alla guerra contro un'eurocrazia presuntuosa e pure un po ottusa, il nostro barcollante Stivale partecipa infatti solo con l'iniziativa territoriale leghista e con l'intuito istrionico di Beppe Grillo. Ma non con una formazione politica di destra nazionale chiaramente schierata. Perché? Semplicemente perché la destra non c'è più. Si è liquefatta. Dissolta. Il che, elaborato il lutto, ci consente di dire una verità. Dire cioè che la destra italiana si è bevuta per tanto tempo una fantastica bugia: l'idea di Europa nazione. Un cocktail improvvisato dal dosaggio incerto. Nessuno ha mai avuto il coraggio di ammetterlo. Almeno sino ad oggi. Il tabù ha resistito. Così come sempre resistono i tabù o i dogmi: evitando domande. Un Tabù costruito e teorizzato nell'Europa di ieri, quella col muro di Berlino, col mondo diviso in due blocchi, con internet, smartphone e rivoluzione dei social network ancor di la da venire. Una balla a cui in tanti abbiamo creduto. Per anni il vessillo dell'Europa nazione, ha sedotto fior di gioventù. Ed ha pure procurato una solida base programmatico-ideale a dei cinici mestieranti della politica in cerca di un qualsiasi appiglio culturale per captare consenso. Almeno, per l'appunto, sino alla recente durissima crisi. Che coincide (guarda un po gli scherzi del destino) con l'evaporare della destra dalla scena politica italiana. Schiacciata dalla superficialità, dalla supponenza e dall'incapacità del suo gruppo dirigente, la destra ha infatti collassato proprio mentre una delle sue bandiere ideali, l'Europa Nazione, mostrava chiaramente tutti i suoi limiti. Mentre naufragava la grande fuffa della " Comunità di destini ". Quando l'Europa è stata Nazione? Quali sono i tratti unificanti dei popoli del vecchio continente? Ci hanno pure provato a trovare una risposta. Addirittura in pompa magna. Con la "Convenzione per l'Europa" che per quasi un paio di anni si insediò a Bruxelles sotto la guida di Giscard d'Estaing. Alla fine però convennero che neppure i campanili, che pur ci sono da Lisbona agli Urali, avrebbero potuto dare un tratto unificante. L'unica possibilità di unificare queste terre, per millenni, si era avuta grazie alla persuasione della spada. Cioè con la conquista. Ma, per carità, guai a dirlo! Culture diverse, stili di vita diversi, mentalità diverse. Proprio nell'era dell'esaltazione delle diversità a noi toccava essere uguali per trattato. Il fallimento (silenzioso) della Convenzione avrebbe dovuto far riflettere. Ma siccome già il vento della retorica gonfiava le vele all' Euro (imposto con una tassa e senza chiederci il parere) si preferì tacere. Tutti tacquero. E tacque in special modo la destra italiana. Per calcolo. Per non dispiacere quell'allegra combriccola cui s'era prostrata in attesa di legittimazione. E perché non poteva mettere in discussione uno dei suoi dogmi fondanti. Ma, se l'abito invisibile agli stupidi -spiega Andersen- è una truffa, prima o poi l'innocenza di un bambino la svelerà. Così questa crisi che sta spolpando famiglie e nazioni intere ha svelato ai più che, se non di una truffa, questa logora retorica europeista è figlia almeno di una gigantesca utopia. Che una vera destra nazionale e popolare avrebbe dovuto denunciare. Se non fosse stata compressa nei suoi dogmi e sedotta dagli eurocrati nostrani. Perché per le élite responsabili delle sciagurate scelte di politica economica, per i detentori delle grandi ricchezze, per i politici al traino dei veri forti poteri, l'Europa è sempre e comunque una Dea. L'Europa che non si discute e che si ama. L'Europa che è il futuro e che senza di Lei il diluvio. L'Europa che si può forse correggere, ma mai e poi mai mettere in dubbio. E allora vai con l'offensiva del " comune destino ", vai con " l'irreversibilità della moneta ", vai con quell'imperativo che suona come una minaccia: " non meno, ma più Europa !". Paraponziponzipò. Il circo mediatico è schierato a tutto campo. Suona la grancassa. La compagnia di giro si esibisce nei talk show sempre nella medesima recita a soggetto. E chi è che dice no? Chi si incarica di interpretare il dissenso? Solo il Grillo nazionale, che ha la forza e la follia di urlare il dubbio e di proproporre il referendum consultivo sulla moneta-cappio. E anche il giovane Salvini che prova con questa sfida a riqualificare la Lega. Quanto a coloro che a destra cercano di rimettere insieme i cocci di una identità che appare irrimediabilmente perduta si può soltanto notare quanto sia flebile la loro vocina. Il loro distinguo misurato e impacciato, la loro argomentazione contorta. Per paura di essere silenziati. Perciò fanno precedere l'accenno di critica da una devastante premessa: " Noi siamo europeisti convinti! ". Che li consegnerà dritti dritti all'irrilevanza elettorale e politica. 

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domenica 2 marzo 2014

Sempre più convinti di RIMANERE in EUROPA ma USCIRE dall'Euro !





sabato 1 marzo 2014

Bufera su Kiev !




venerdì 21 febbraio 2014

Kiev, l'inferno che in Italia non capiamo !

di Fausto Biloslavo - Ven, 21/02/2014 - 08:23

A Kiev non è in corso una lotta impari tra democratici buoni e cattivi del regime ma una battaglia per il potere. Le scene di guerra in Europa dopo la mattanza dell'ex Jugoslavia sono un pugno allo stomaco, anche se la gente comune non capisce bene cosa stia veramente accadendo in Ucraina.
Non è come ce la raccontano per imbambolarci gli intellettuali militanti stile Bernard-Henri Lévy, che si sono innamorati della primavera araba e vorrebbero importarla a Kiev. Non è una lotta impari fra democratici manifestanti che inseguono l'Europa unita ed i cattivoni del regime sodali dei russi. È difficile separare con l'accetta buoni e cattivi da una parte o dall'altra. All'inizio, tre mesi fa, le manifestazioni erano pacifiche in nome dell'utile cavallo di battaglia della mancata firma, all'ultimo minuto, del presidente Viktor Yanukovich, filo russo, dell'integrazione verso l'Europa. Adesso è una lotta per scalzare il regime e conquistare il potere. Non solo: molti dei combattenti di queste ore nella capitale ucraina hanno un'idea di Europa tutta loro diversa, se non opposta, ai burocrati di Bruxelles. L'opposizione più «moderata» ha alle spalle colossi come la Germania e la Polonia, che giocano una partita anti russa. La famosa piazza Maidan, scintilla della guerra civile che si sta scatenando in queste ore è paragonabile, per importanza, a piazza Duomo a Milano. Immaginate che sotto la Madonnina dei ribelli in mimetica comincino a erigere barricate isolando un'area di due chilometri quadrati. E sotto galleria Vittorio Emanuele dei ragazzotti in tenuta da combattimento arruolino volontari per le Brigate nere che libereranno l'Italia dai comunisti, fuori tempo massimo. A Kiev, nel municipio occupato, accadeva lo stesso con l'Upa, l'Esercito di liberazione ucraino che durante la seconda guerra mondiale combattè contro i sovietici. Inevitabile che di fronte allo stallo del negoziato politico i duri e puri di Maidan abbiano deciso di marciare sul Parlamento, come è capitato martedì. Lo scontro con la polizia è subito degenerato in pistolettate con morti e feriti. La piazza era piena di arsenali nascosti. Un déjà vu con il crollo sanguinoso della Jugoslavia, ma a Kiev manca il fattore etnico sostituito dal solco profondo fra l'Ucraina occidentale anti russa e quella orientale attratta da Mosca. Non a caso Leopoli, capitale dell'Occidente e altre città sono in mano ai rivoluzionari. Mentre dalla Crimea, dove il Cremlino ha ancora una base con sommergibili nucleari, partono per la capitale i militanti filo regime.E Kiev sta in mezzo. I miliziani anti Maidan, pure loro armati e pronti a tutto, nei giorni di calma innalzavano dei cartelli con scritto: «Ex Jugoslavia, Tunisia, Libia. L'Ucraina è la prossima?».Le ingerenze americane, come quelle russe non mancano, ma hanno superato il livello di guardia con l'aggravante di continuare a raccontarci solo dei manifestanti europeisti ammazzati dalla polizia e non degli agenti uccisi sull'altro fronte. In realtà è in atto una battaglia cruenta della nuova guerra fredda fra Washington e Mosca. Il problema è che non si muore nel lontano Afghanistan o in Siria, ma a Kiev, in Europa.


www.gliocchidellaguerra.it

Fonte: l'inviato Fausto Biloslavo

venerdì 14 febbraio 2014

La Corte di Giustizia segna un passo importante sul tema della responsabilità per linking

La Corte di Giustizia dell’Unione europea con una decisione resa qualche minuto fa nel caso Svensson è tornata ad interrogarsi su conformazione e limiti della comunicazione al pubblico e sull'estensione possibile dei diritti di privativa riconoscibili a soggetti che rendono disponibili sul web opere protette. 

Infatti, secondo i giudici europei, quando il sito web o il contenuto linkato sia ad accesso libero (si pensi a contenuti di siti di informazione o anche a contenuti audiovisivi accessibili liberamente sul web) non è possibile sostenere che il sito che ospita il link prenda di mira un “pubblico nuovo” rispetto a quello considerato dal titolare dei diritti.

Quindi secondo la Corte di Lussemburgo non è richiesta l’autorizzazione del titolare del sito o del contenuto linkato nel caso in cui quest’ultimo sia ad accesso libero. Tale autorizzazione rimane necessaria allorquando il contenuto sia fornito in abbonamento e/o protetto da specifiche misure tecnologiche di protezione. 

di Marco Bellezza - Senior associate Portolano Cavallo Studio legale - Articolo Completo QUI ! 

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sabato 18 gennaio 2014

Farage: "Siamo gestiti da grandi imprese, grandi banche e grandi burocrati"

"...la Grecia è ora sotto il controllo straniero. Non potete prendere alcuna decisione, siete stati salvati e avete abbandonato la democrazia , cosa che il vostro paese ha inventato per primo.
E non volete ammettere che l'adesione all'euro è stato un errore, ovviamente Papandreou lo ha fatto, non è vero? Ha anche detto che ci sarebbe dovuto essere un referendum in Grecia, e in appena 48 ore la trinità profana (la Troika) che ora gestisce questa Unione Europea lo ha rimosso e sostituito da una marionetta, ex dipendente della Goldman Sachs.
Siamo ora gestiti da grandi imprese, grandi banche e, nella forma di Barroso , grandi burocrati."
Farage in Europarlamento nel dibattito per il programma della nuova Presidenza Greca UE

venerdì 29 novembre 2013

Zapatero rivela: il Cav obiettivo di un attacco dei leader europei

L'ex premier spagnolo svela i retroscena del G20 del 2011 e il pressing sull'Italia per accettare i diktat Fmi
Vorremmo dire «clamoroso», ma non è così perché sapevamo da tempo, e lo abbiamo più volte scritto, che non solo in Italia ma anche dall'estero arrivavano pesanti pressioni per far fuori Silvio Berlusconi. L'ultima prova, che conferma la volontà di rovesciare un governo democraticamente eletto, la rivela l'ex premier spagnolo Luis Zapatero, che nel libro El dilema (Il dilemma), presentato Martedì a Madrid, porta alla luce inediti retroscena sulla crisi che minacciò di spaccare l'Eurozona.
Il 3 e 4 novembre 2011 sono i giorni ad altissima tensione del vertice del G-20 a Cannes, sulla Costa Azzurra. Tutti gli occhi sono puntati su Italia e Spagna che, dopo la Grecia, sono diventate l'anello debole per la tenuta dell'euro. Il presidente americano Barack Obama e la cancelliera tedesca Angela Merkel mettono alle corde Berlusconi e Zapatero, cercando di imporre all'Italia e alla Spagna gli aiuti del Fondo monetario internazionale. I due premier resistono, consapevoli che il salvataggio da parte del Fmi avrebbe significato accettare condizioni capestro e cedere di fatto la sovranità a Bruxelles, com'era già accaduto con Grecia, Portogallo e Cipro. Ma la Germania con gli altri Paesi nordici, impauriti dagli attacchi speculativi dei mercati, considerano il vertice di Cannes decisivo e vogliono risultati a qualsiasi costo. Le pressioni sono altissime.

Fonte: IL GIORNALE - Articolo Completo QUI !

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Eccellenza a Roma - Post in Evidenza

Una informazione che ritengo di dover diffondere.

L'Europa non è uno Stato.  È un continente geografico frazionato in Stati. Ognuno dei quali ha la sua storia, cultura, lingua, leggi, us...

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