giovedì
Ernesto Nathan il Grande Sindaco di Roma.
Ernesto Nathan |
(Il compito massonico. Discorso inaugurale del Gran Maestro E. N. alla Conferenza massonica nazionale. Torino, 20 settembre 1898, Roma 1898).
Egli finì così per deludere quegli affiliati che auspicavano una più netta democratizzazione della massoneria e il suo diretto coinvolgimento nelle competizioni politiche e amministrative a sostegno dell’estrema sinistra.
E dobbiamo al suo "Genio" la ciotola fissata sotto ai "Nasoni"
e la indimenticabile battuta " 'n c'è trippa pe' gatti ".
*** *** ***
La giunta Nathan guidò l’amministrazione municipale di Roma per sei anni, fino al novembre 1913, e lasciò un’impronta indelebile nella storia della città. Potendo giovarsi anche dei provvedimenti finanziari a favore della capitale previsti dalla legge del luglio 1907, avviò un diversificato piano di interventi che toccò tutti gli ambiti della sfera amministrativa introducendo significative innovazioni. Uno dei principali settori su cui Nathan concentrò l’attenzione fu quello delle scuole pubbliche, che versavano a Roma in condizioni particolarmente precarie. Oltre ad avviare un’intensa opera di edilizia scolastica, furono istituiti biblioteche, giardini d’infanzia, scuole all’aperto, corsi estivi di ripetizione, e soprattutto fu difesa la connotazione laica dell’istruzione rifiutando di impartire nelle scuole comunali alcun insegnamento di natura confessionale. Poderoso fu poi l’intervento di municipalizzazione dei pubblici servizi, che, sotto la guida dell’assessore ai servizi tecnologici Giovanni Montemartini, portò alla nascita di aziende comunali in vari settori, fra cui quelli per la gestione delle tramvie e dell’illuminazione elettrica. Come previsto dalla legge del 1903, le delibere relative alla municipalizzazione dei servizi pubblici furono sottoposte a un referendum popolare che si tenne nel 1909, nella data simbolicamente evocativa del 20 settembre. Questa consultazione popolare sancì l’inizio di un processo di crescente coinvolgimento della cittadinanza nelle scelte dell’amministrazione che si manifestò sia attraverso altri referendum, indetti per decidere questioni specifiche anche a livello rionale, sia mediante la nascita di alcune associazioni di quartiere. Il risultato fu una sorta di inedita «democrazia partecipativa», che accrebbe il consenso intorno alla giunta Nathan. La costruzione di numerose opere pubbliche (palazzi, monumenti, ponti, piazze, strade, sistemi di fognatura), alcune delle quali inaugurate nel 1911 in occasione dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’Unità, e l’ambizioso intervento di recupero igienico e scolastico dell’Agro romano contribuirono ulteriormente a creare un’opinione favorevole intorno all’operato dell’amministrazione.
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mercoledì
Antiche Misure: tentiamo di mettere ordine. IL CUBITO
IL CUBITO
Il Cubito era diviso in 7 Palmi di 7,47 cm, a loro
volta divisi
in 4 Dita di 1,8 cm. 100 Cubiti costituivano un Khet.
Valore Assoluto del
Cubito.
E’ necessario fare una precisazione: in antichità non
esisteva un rigido sistema di controllo dei Pesi e delle Misure, come nel Mondo moderno. A
seconda dei periodi storici e delle località
le unità di lunghezza potevano variare leggermente.
Il
valore di 52,5 cm del Cubito Reale e 44,7 cm per il Cubito piccolo, costituiscono dei
valori medi.
A testimonianza di questo, sono le diverse dimensioni
che sono state riscontrate nei righelli di misura trovati negli scavi
archeologici.
I Cubiti ritrovati nella Tomba dell’Architetto Kha,
oggi conservati a Torino, misurano 52,4 cm (quello dorato) e 52,7 (quello
pieghevole in legno). Nella stessa sede sono conservati altri tre Cubiti,
due di 52,5 cm e uno di 52 cm. Infine, il Cubito di legno conservato al Louvre
risulta lungo 52,4 cm.
Mentre quello del British Museum di Londra di 52,35
cm.
E’ interessante notare che studi
matematici-architettonici fatti sui rapporti di forma della Piramide di Cheope e sulla Camera del Re,
indicherebbero che, al tempo in cui fu realizzata, il Cubito Reale fosse
di 52,37 cm (Petrie 1934).
La lunghezza del Cubito Reale espressa
in cm è pari a 52,36.
Questo valore è oggi accettato da tutti
gli studiosi.
La distanza dal gomito alla punta del dito era
anticamente la misura usata più comune.
Il Cubito Ebraico era di 44,45 cm mentre quello
Egiziano era un pochino più lungo (44,7) ed era di sei Palmi (vedi Palmo).
Il Cubito lungo o
Reale era invece di sette Palmi 52,36 cm.
Il Cubito Romano era uguale a quello Ebraico.
Possiamo pertanto ritenere corretta la misura
ritrovata in alcuni scavi e utilizzabile oggi.
Asta Cerimoniere
= 3 Cubiti Reali = 157,08
Centimetri.
Aste dei 2
Diaconi = 1 Cubito Reale = 52,36 Centimetri.
Giancarlo Bertollini
Roma, 17 maggio 2017
E.V.
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lunedì
I MASSONI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO.
La Tornata - Liberté Chérie
Benito Mussolini
decretò nel 1924 che ogni membro del suo partito fascista, che era un massone doveva abbandonare l'uno o
l'altra organizzazione e, nel 1925, sciolse la Massoneria in Italia, sostenendo che
si trattava di un’organizzazione politica.
Considerata dai
nazisti un nemico ideologico, coerentemente con la loro percezione del mondo Weltauffassung, l’otto gennaio
1934, il Ministro degli Interni tedesco ordinò lo scioglimento della
Massoneria, la confisca dei beni di tutte le Logge, dichiarando ancora che a
chi fosse stato membro di Logge quando Hitler salì al potere nel gennaio 1933,
era proibito assumere cariche nel partito nazista o nei suoi bracci
paramilitari, e i massoni
erano incompatibili con incarichi pubblici.
Durante la guerra, la
Massoneria fu vietata per decreto in tutti i paesi che erano o alleati con i
nazisti o sotto il controllo nazista, tra cui la Norvegia e la Francia.
Il numero di Massoni dei paesi occupati che sono stati uccisi da nazisti non
è noto con precisione, ma si
stima che sia tra 80.000 e 200.000.
I massoni detenuti dei campi di concentramento
furono classificati come prigionieri politici, e indossavano un triangolo rosso
rovesciato verso il basso.
Nei campi di
prigionia in aggiunta alle privazioni e abusi che fiaccavano il fisico, tutto
era fatto per distruggere i detenuti.
La povertà era anche morale e
intellettuale, ma molti di loro lottavano per mantenere ancora la loro dignità,
l’unica cosa che rimaneva. All'interno dell’Emslandlager VII (un campo
di raccolta di prigionieri politici NN (Nacht und Nebel, Notte e nebbia)
situato a Esterwegen al nord-ovest della Germania, vicino al confine
olandese) si realizza un episodio eccezionale, esempio di autentica tolleranza
fraterna poco conosciuta.
Sono più di cento i
prigionieri nella Baracca n° 6, rinchiusi quasi tutto il giorno. Hanno il permesso di
uscire solo per una passeggiata di mezz'ora al giorno, sotto la supervisione dei kapò.
Durante la giornata di lavoro metà del Campo deve ordinare cartucce e parti di
radio; l’altra metà del Campo è costretto a lavorare in condizioni terribili
nelle torbiere circostanti. L'alimentazione
era così misera che i prigionieri perdevano 4 kg di peso corporeo ogni mese.
In una baracca in cui
i credenti sono molto più numerosi, un microcosmo della società belga diventa
un laboratorio filosofico-religioso. C'erano giudici, funzionari, giornalisti,
ingegneri, militanti di sinistra, sacerdoti. Questi ultimi prendono l’abitudine
di incontrarsi la domenica mattina al centro della baracca a dire messa. Una celebrazione
senza la comunione, ma che permetteva di non perdere il coraggio. Certo, c'era sempre
il pericolo di essere notati dalle guardie e per questo chiesero ai laici di
sorvegliare gli ambienti. Non cattolici e non credenti si preoccupavano della
sicurezza e fungevano da veri e propri paraventi umani per i credenti.
Tre fratelli Massoni beneficiando di questa
guardia e dell'assenza di chi faceva la messa, s’incontrarono attorno ad uno
dei tavoli, svuotati dai loro occupanti e relativamente isolati dal resto
dell’ambiente anche con armadi.
A poco a poco gli
arrivi di fratelli si succedono e i fratelli massoni tramuteranno il loro primo
cerchio fraterno in una loggia. Di fronte all'intolleranza nazista, si creò una
vera e propria comunità spirituale e d’intenti tra muratori e credenti.
Padre Froidure che
conobbe l’inferno di quel campo l’ha rilevato, dice, infatti:
"Lo spirito di comprensione e la
tolleranza dei non praticanti permise di recitare la messa a voce alta e in parte
cantata ... "
La maggior parte
delle "autorità di vigilanza delle Messe clandestine” erano massoni,
alcuni dei quali appartenevano alla stessa loggia o alla stessa rete della
resistenza. Hanno approfittato di questi momenti per approfondire le loro riflessioni. In questo luogo dove regnava l'oscurità, bisognava che la luce
prevalesse, come nelle parole del
prologo del Vangelo di Giovanni ".
Un prete cattolico
sarebbe stato di guardia, in modo che i Fratelli potessero tenere le loro riunioni, e per proteggere la
loro segretezza, chiesero l'assistenza alla comunità di preti cattolici
prigionieri "con le loro preghiere ", che ricambiavano così il loro
aiuto domenicale durante la messa.
Il 15 novembre del
1943, sette massoni belgi e combattenti della resistenza fondano la Loggia “Liberté Cherie”, il
cui nome deriva da una delle ultime strofe de “La Marsigliese”, l’inno francese:
“Conduci, sostieni le
nostre braccia vendicatrici. O Libertà, Libertà cara, Combatti con i tuoi
difensori!”
Nella prima tornata rituale viene iniziato il
fratello Erauw, che sarà anche l’unico.
Luc Somerhausen descrive
l’Iniziazione, come una semplice cerimonia.
"ha avuto luogo
presso uno dei tavoli... con un rituale molto semplificato i cui singoli
aspetti sono stati tuttavia spiegati all'iniziato; che d’ora in poi ha potuto
partecipare ai lavori della
Loggia".
Dopo il primo
incontro rituale, con l'ammissione del nuovo fratello, i successivi incontri
furono preparati tematicamente.
Uno dedicato al simbolo
del grande architetto dell'universo, un altro "il futuro del Belgio" ed ancora "La
posizione delle donne nella massoneria".
Ecco chi erano i
fratelli di questa straordinaria loggia:
Maestro Venerabile, Paul
Hanson giudice di pace e membro della resistenza, fu poi spostato e morì
sotto le macerie della sua prigione, durante un bombardamento aereo alleato su
Essen, il 26 marzo 1944 .
Jean Sugg e Franz Rochat
appartenevano alla "Loggia amici filantropici" (Les Amis Philanthropes, Lodge n°5 del
Grande Oriente del Belgio).
Franz Rochat, un professore,
farmacista e direttore di un importante laboratorio farmaceutico, nato il 10
marzo 1908 a Saint- Gilles. Era un lavoratore della stampa clandestina con la
pubblicazione della resistenza "Voce dei Belgi ". È stato
arrestato il 28 febbraio 1942, è
arrivato a Untermassfeld ad aprile 1944 e vi morì il 6 aprile 1945.
Jean Sugg nasce l'8 settembre
1897 a Gand ed era di origine tedesca svizzera.
Ha collaborato con Franz
Rochat, tradotto testi tedeschi e svizzeri e contribuito alle pubblicazioni
clandestine, tra cui, La Libre Belgique, La Légion Noire, Le Petit Belge. Morì
in campo di concentramento in data 8 febbraio 1945.
Amédée Miclotte era un insegnante di
scuola superiore. Era nato il 20 dicembre 1902 a Lahamaide (Fr), e apparteneva
alla Loggia "Unione et Progrès ".
E 'stato visto
l'ultima volta in carcere, l'8 febbraio 1945.
Jean De Schrijver era un colonnello
dell'esercito belga, nato il 23 agosto 1893 ad Aalst, Fratello della Loggia "La
Liberté" di Ghent. Il 2 settembre 1943 è stato arrestato con l'accusa
di spionaggio e possesso di armi, e morì nel febbraio del 1945.
Henri Story nato il
27 novembre 1897 a Ghent. Era un membro della Loggia "Le Septentrion" di Ghent.
Morì il 5 dicembre 1944.
Luc Somerhausen, un giornalista, nato il 26 agosto 1903, in Hoeilaart. Fu arrestato il 28 maggio 1943 a Bruxelles. Egli
apparteneva alla loggia "ACSO III" ed è stato Vice Segretario
del Grande Oriente del Belgio (Grand Orient de Belgique).
Fernand Erauw, magistrato alla
Corte dei Conti e Ufficiale di riserva della Fanteria, nacque il 29 gennaio
1914, in Wemmel.
Fu arrestato il 4 agosto del 1942, come membro del "Secret
Army".
Riuscì a fuggire ed è
stato infine arrestato nel 1943.
Guy Hannecart (1903-1945) un
avvocato e leader di "La Voix des Belges ". E 'stato anche membro
della loggia "les Amis Philanthropes N°3"; la "Loggia Liberté Chérie" fermò i lavori dopo pochi mesi all'inizio del 1944.
I sopravvissuti Erauw
e Somerhausen s’incontrarono di nuovo nel 1944 nel campo di concentramento di Oranienburg
Sachsenhausen, e rimasero inseparabili da allora in poi. Nella primavera
1945 furono coinvolti nella "Marcia della Morte ", e anche se Erauw era alto 1.84 m, il 21 maggio
1945 nell’ospedale di Saint Pierre a Bruxelles pesava solo 32 kg.
Nell’agosto 1945 Luc
Somerhausen inviò una relazione dettagliata al Gran Maestro del Grande
Oriente del Belgio, in cui tracciò la storia della "Loggia Liberté Chérie
".
Luc Somerhausen morì nel 1982
all'età di 79. L' ultimo testimone, Fernand Erauw, è morto all'età di 83
anni, nel 1997.
Un monumento creato
dall'architetto Jean de Salle, è stato dedicato alla Loggia da massoni belgi e
tedeschi il 13 novembre 2004.
Ora è parte del sito memoriale del Campo di
Esterwegen.
Bibliografia:
Lavoro R.L. Archimede
Ruelland, Désaguliers
- Liberté Chérie.
Une Loge dans
l’univers concentrationnaire nazi- 10/04/2008.
C. Laporte -La
lumière dans les ténèbres des camps - Libre.be 04/02/ 2005
Wikipedia alla voce Liberté
Chérie (loge maçonnique).
IL MITO DELLA CAVERNA.
Il “mito della caverna”, una famosa metafora di Platone, filosofo greco a cavallo tra il V e il IV secolo a. C., è tra le più interessanti ed attuali della nostra cultura, perché ci mostra come certi messaggi e certe tematiche siano state già affrontate nei tempi antichi, senza che ne cogliessimo alcun insegnamento.
Nel “mito della caverna” Platone mostra come la maggior parte degli esseri umani viva credendo che ciò che vede sia l’unica realtà possibile, senza rendersi conto che quello che osserviamo e percepiamo è solo un’ombra, ovvero una piccolissima parte di ciò che esiste. Inoltre, non sempre queste ombre rappresentano ciò che davvero esiste, perché, nella maggior parte dei casi, tutto ciò che ci viene riferito come “verità” è frutto delle decisioni di chi vuol far crescere in noi determinate credenze per limitare le nostre capacità. Rendiamoci conto che il mito di cui si sta argomentando è stato scritto 2000 anni fa e sembra essere ancora attuale.
Ciò implica che la storia si ripete da almeno 2000 anni, e questo denota che non abbiamo compreso che metaforicamente stiamo ancora dentro la caverna.
Per capire meglio il concetto potete vedere qui sotto un’immagine:
A sinistra troviamo degli uomini con la testa, il collo e le braccia incatenate fin dall'infanzia, in modo tale che essi possano vedere solo una parte della caverna posta davanti a loro. Alle spalle dei prigionieri è stato acceso un enorme fuoco, e tra il fuoco ed i prigionieri corre una strada rialzata.
Lungo questa strada è stato eretto un muro, e dietro ad esso si trovano alcuni uomini che portano varie forme di oggetti e animali la cui ombra viene proiettata sul muro davanti ai prigionieri tramite la luce emessa dal fuoco. Se qualcuno degli uomini che portano gli oggetti simbolici emettesse dei suoni o dei versi, i prigionieri, non potendo vedere altro, penserebbero che questi vengano emessi dalle ombre.
Ora, si supponga che uno dei prigionieri riesca a liberarsi raggiungendo l’uscita della caverna. Da quell'altezza egli potrebbe avere un’idea molto più chiara della situazione presente nella caverna, e rendersi conto che le ombre sono solo una proiezione di qualcosa che in realtà non esiste, e che tale visione è stata imposta da qualcuno.
A quel punto il fuggivo che ha preso consapevolezza ha due scelte: andare verso la luce o tornare nella caverna.
Inizialmente è possibile che possa non vedere e che si senta confuso, e questo potrebbe spaventarlo. Se vorrà andare oltre la caverna e conoscere il mondo esterno, potrà farlo solo con il tempo e la volontà. Il percorso non sarà facile, ma alla fine ricomincerà a vedere e scoprirà suoni e forme che gli daranno gioia e vitalità.
Questo mito vi ricorda qualcosa?
Gli uomini incatenati davanti alle ombre proiettate da alcuni “signori” non ricordano un poco la nostra popolazione seduta davanti al televisore che guarda, ascolta e accetta una realtà proposta da un “sistema” che ci vuole incatenati e vincolati a ciò che ci viene prospettato come unica realtà possibile?
Il fuggitivo Vi non ricorda tutte quelle persone che hanno capito come funziona il “sistema” e provano con volontà e tenacia ad andare oltre quello che sanno, riscoprendo un modo di vivere totalmente diverso?
La luce che acceca il fuggitivo non vi ricorda le difficoltà che incontriamo quando dobbiamo abbandonare la nostra “zona di comfort” e rimboccarci le maniche per pensare diversamente e vivere meglio?
Se questo mito ricorda anche a voi tutto questo, chiedetevi perché dopo 2000 anni siamo ancora dentro una caverna senza rendercene conto.
Ancora oggi proviamo a cambiare le cose e cerchiamo l’uscita, perché dentro di noi non possiamo più credere che sia giusto stare al buio.
Sappiamo che esiste un modo diverso e migliore di vivere:
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Nel “mito della caverna” Platone mostra come la maggior parte degli esseri umani viva credendo che ciò che vede sia l’unica realtà possibile, senza rendersi conto che quello che osserviamo e percepiamo è solo un’ombra, ovvero una piccolissima parte di ciò che esiste. Inoltre, non sempre queste ombre rappresentano ciò che davvero esiste, perché, nella maggior parte dei casi, tutto ciò che ci viene riferito come “verità” è frutto delle decisioni di chi vuol far crescere in noi determinate credenze per limitare le nostre capacità. Rendiamoci conto che il mito di cui si sta argomentando è stato scritto 2000 anni fa e sembra essere ancora attuale.
Ciò implica che la storia si ripete da almeno 2000 anni, e questo denota che non abbiamo compreso che metaforicamente stiamo ancora dentro la caverna.
Per capire meglio il concetto potete vedere qui sotto un’immagine:
A sinistra troviamo degli uomini con la testa, il collo e le braccia incatenate fin dall'infanzia, in modo tale che essi possano vedere solo una parte della caverna posta davanti a loro. Alle spalle dei prigionieri è stato acceso un enorme fuoco, e tra il fuoco ed i prigionieri corre una strada rialzata.
Lungo questa strada è stato eretto un muro, e dietro ad esso si trovano alcuni uomini che portano varie forme di oggetti e animali la cui ombra viene proiettata sul muro davanti ai prigionieri tramite la luce emessa dal fuoco. Se qualcuno degli uomini che portano gli oggetti simbolici emettesse dei suoni o dei versi, i prigionieri, non potendo vedere altro, penserebbero che questi vengano emessi dalle ombre.
Ora, si supponga che uno dei prigionieri riesca a liberarsi raggiungendo l’uscita della caverna. Da quell'altezza egli potrebbe avere un’idea molto più chiara della situazione presente nella caverna, e rendersi conto che le ombre sono solo una proiezione di qualcosa che in realtà non esiste, e che tale visione è stata imposta da qualcuno.
A quel punto il fuggivo che ha preso consapevolezza ha due scelte: andare verso la luce o tornare nella caverna.
Dopo aver vissuto anni e anni al buio,
la luce può far male, e può accecarlo.
Inizialmente è possibile che possa non vedere e che si senta confuso, e questo potrebbe spaventarlo. Se vorrà andare oltre la caverna e conoscere il mondo esterno, potrà farlo solo con il tempo e la volontà. Il percorso non sarà facile, ma alla fine ricomincerà a vedere e scoprirà suoni e forme che gli daranno gioia e vitalità.
Questo mito vi ricorda qualcosa?
Gli uomini incatenati davanti alle ombre proiettate da alcuni “signori” non ricordano un poco la nostra popolazione seduta davanti al televisore che guarda, ascolta e accetta una realtà proposta da un “sistema” che ci vuole incatenati e vincolati a ciò che ci viene prospettato come unica realtà possibile?
Il fuggitivo Vi non ricorda tutte quelle persone che hanno capito come funziona il “sistema” e provano con volontà e tenacia ad andare oltre quello che sanno, riscoprendo un modo di vivere totalmente diverso?
La luce che acceca il fuggitivo non vi ricorda le difficoltà che incontriamo quando dobbiamo abbandonare la nostra “zona di comfort” e rimboccarci le maniche per pensare diversamente e vivere meglio?
Se questo mito ricorda anche a voi tutto questo, chiedetevi perché dopo 2000 anni siamo ancora dentro una caverna senza rendercene conto.
Ancora oggi proviamo a cambiare le cose e cerchiamo l’uscita, perché dentro di noi non possiamo più credere che sia giusto stare al buio.
Sappiamo che esiste un modo diverso e migliore di vivere:
NELLA LUCE !
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