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martedì 28 giugno 2016

Con l'uscita degli anglofoni si può tornare a sperare in una lingua facile per tutti l'ESPERANTO.

L'esperanto è una lingua pianificata, sviluppata tra il 1872 e il 1887 dall'oftalmologo polacco di origini ebraiche Ludwik Lejzer Zamenhof. 
È la più conosciuta e utilizzata tra le lingue ausiliarie internazionali (LAI). Presentata nel Primo Libro (Unua Libro - Varsavia, 1887) come Lingvo Internacia ("lingua internazionale"), prese in seguito il nome esperanto ("colui che spera", "sperante") dallo pseudonimo di Doktoro Esperanto, utilizzato dal suo inventore. Scopo della lingua è di far dialogare i diversi popoli cercando di creare tra di essi comprensione e pace con una seconda lingua semplice ma espressiva, appartenente all'umanità e non a un popolo. Un effetto di ciò sarebbe quello di proteggere gli idiomi "minori", altrimenti condannati all'estinzione dalla forza delle lingue delle nazioni più forti. Per questo motivo l'esperanto è stato ed è spesso protagonista di dibattiti riguardanti la cosiddetta democrazia linguistica.

Le regole della grammatica dell'esperanto sono state scelte da quelle di varie lingue studiate da Zamenhof, affinché fossero semplici da imparare e nel contempo potessero dare a questa lingua la stessa espressività di una lingua etnica; esse non prevedono eccezioni. Anche i vocaboli derivano da idiomi preesistenti, alcuni (specie quelli introdotti di recente) da lingue non indoeuropee come il giapponese, ma in gran parte da latino, lingue romanze (in particolare italiano e francese), lingue germaniche (tedesco e inglese) e lingue slave (russo e polacco).

Vari studi hanno dimostrato che si tratta di una lingua semplice da imparare anche da autodidatti e in età adulta, per via delle forme regolari[5], mentre altri dimostrano come dei ragazzi che hanno studiato l'esperanto apprendano più facilmente un'altra lingua straniera. Lo studio di due anni di esperanto nelle scuole come propedeutico a una lingua straniera viene detto "metodo Paderborn" perché la sua efficacia è stata dimostrata nell'università tedesca di Paderborn.

L'espressività dell'esperanto, simile a quella delle lingue naturali, è dimostrata dalla traduzione di opere di notevole spessore letterario. La cultura originale esperantista ha prodotto e produce in tutte le arti: dalla poesia e la prosa fino al teatro e alla musica. La logica con cui è stata creata minimizza l'ambiguità, per cui si presta a essere usata in informatica, nel ramo della linguistica computazionale, per il riconoscimento automatico del linguaggio.
Ci sono proposte per usare l'esperanto come lingua franca per i lavori nel Parlamento europeo, principalmente per motivi economici o per evitare che si vada verso una o più lingue nazionali. Tuttavia finora l'Unione europea giustifica l'attuale politica multilinguista che prevede l'uso di 24 lingue ufficiali, per motivi di trasparenza, non senza critiche da parte di chi sospetta che tale politica stia in realtà portando verso il solo inglese o, al più, al trilinguismo.
Bandiera dell'Esperanto
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martedì 26 gennaio 2016

L’ Europa tedesca ci fa pagare la spocchia di Renzi.


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lunedì 18 gennaio 2016

EUROPA, NEL 1997 CRAXI AVEVA PREVISTO TUTTO !


EUROPA, NEL 1997 CRAXI AVEVA PREVISTO TUTTO"Si presenta l'Europa come una sorta di paradiso terrestre, ma nel migliore dei casi l'Europa per noi sarà un limbo, nel peggiore delle ipotesi sarà un INFERNO"... Fa una certa impressione ascoltare queste parole di Craxi, pronunciate nel 1997, quando tutti erano euro-innamorati, visto che ci avevano fatto percepire l'Europa - come dice Craxi - "come un paradiso terrestre... - Cose che nessuno ti dirà di nocensura.com
Posted by Cose che nessuno ti dirà di nocensura.com on Mercoledì 15 febbraio 2012

LA TRAGEDIA DELL'EURO E DELL'EUROPA - CLICCATE QUI !

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domenica 20 settembre 2015

L'INGANNO TEDESCO SPIEGATO DALLA SATIRA TEDESCA !

L'INGANNO TEDESCO SPIEGATO DALLA SATIRA TEDESCAEcco come hanno infinocchiato mezz'Europa, spiegato per filo e per segno... questi comici sono a dir poco MITICI!Seguici su Video Incredibili :D
Posted by Video Incredibili on Lunedì 27 luglio 2015
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lunedì 6 luglio 2015

Basta un decreto per uscire dall'Euro; grazie al Chiarissimo Prof. Antonio Maria Rinaldi !


Basta un decreto per uscire dall'Euro; grazie Prof. Antonio Maria Rinaldi! #fuoridalleuro
Posted by Daniela Aiuto on Lunedì 6 luglio 2015
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lunedì 15 giugno 2015

Il problema Grecia spiegato in maniera chiara e comprensibile.

“Se ho un debito di 10.000 euro ho davvero un grosso problema, se ho un debito di 10.000.000 di euro, ad avere un grosso problema … è il mio creditore”.
Come tutte le battute, se fa ridere, significa che nasconde un fondo di verità.

Figuratevi così se ho un debito di 330.000.000.000 (330 MILIARDI) di euro, ed in cassa non ho nemmeno un euro, che razza di problema ha il mio … anzi … i miei creditori.

Il debitore può persino riderci su, tanto, che può fare? Certo, i creditori non hanno molta voglia di ridere e pretenderebbero perlomeno che il debitore la smettesse di fare lo spiritoso e che invece dicesse loro in che modo intende pagare.

Ma che volete che faccia? Lui va avanti a divertirsi, povero lo è già, cosa pretendete? Che muoia di fame solo per restituire al massimo un 1 o un 2% del suo debito? Fare la fame per restituire circa 7 miliardi e rimanere con un debito di 323 miliardi? Dai, siamo seri.

Ed i creditori incalzano: dicci come intendi ritornarci i soldi che ti abbiamo prestato!

E lui: “Dunque, fra non molto saranno in scadenza 27 miliardi del mio debito, allora voi prestatemene altrettanti e io vi pago le rate in scadenza. Ah! Dimenticavo! Non deve essere un finanziamento a breve termine, altrimenti fra poco siamo ancora punto e a capo, diciamo che la scadenza del nuovo prestito sia … fra 30 anni! Ah, ancora una cosa! Naturalmente venitemi incontro con un tasso di interesse sopportabile, beh … diciamo … l’1,5%.”

A quel punto i creditori si alterano ed urlano: “Non siamo mica qua a farci prendere per il c…lo, è una proposta offensiva!”, ma si sentono rispondere: “Sentite, a suo tempo siete stati voi ad accogliermi nella Comunità, voi lo sapevate certamente in quale situazione mi trovavo, non raccontate la balla che ho truccato i conti, perché siete stati proprio voi a dirmi come dovevo truccare i conti, quindi non venite ora a farmi la morale, da voi non l’accetto!”

Ed ancora i creditori: “Dai, sei un politico anche tu, mettiti nei nostri panni, se ti diamo ancora i soldi i nostri elettori non ci votano più perché non vogliono che continuiamo a finanziarti, se non te li diamo i nostri elettori non ci votano più perché abbiamo perso 330 miliardi di euro, come ne usciamo?”

Ed il debitore “Quelli sono fatti vostri, i miei elettori mi hanno votato proprio per questo, sono già pieno di problemi, i vostri ve li dovete risolvere da soli”.

Tutto chiaro?

Solo una precisazione: non mi sono inventato nulla, soprattutto per quanto riguarda i numeri.

Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro

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mercoledì 29 aprile 2015

MATTEO SALVINI:"Provo vergogna per chi come lei sta affamando 500 milioni di europei e vuole aprire le porte agli africani. Ma chi la paga?"

VIDEO > Matteo #Salvini: "Provo vergogna per chi come lei sta affamando 500 milioni di europei e vuole aprire le porte agli africani. Ma chi la paga?"
Posted by Lega Nord Padania on Mercoledì 29 aprile 2015
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mercoledì 14 gennaio 2015

TUTTA LA VERITÀ IN QUESTA FOTO. EDITORIALE DI GIORGIO TERZO CATALANO.

Osserviamo questa foto, i capi di Stato di mezzo Mondo uniti per sostenere qualcosa che invece li divide.
I punti di vista su quanto successo a Parigi, nella sede del giornale satirico charlie hebdo sono molto diversi tra gli attori di questa foto, perché allora sfilano uno, affianco all’altro, consegnando al Mondo quella che sarà la foto rappresentativa della quota più alta di ipocrisia finora mai raggiunta ? 
Tra quei capi di Stato, ci sarà qualcuno che crede che i giornalisti di charlie hebdo siano dei martiri della  libertà. Qualcuno, tra quegli statisti, penserà che i giornalisti uccisi siano stati delle teste di cazzo che, non potevano non prevedere che, attaccare intransigenti e deliranti fanatici li avrebbe portati alla morte, altri addirittura, pur sfilando in nome della libertà di espressione, applicano regolarmente, nei loro Stati, leggi che prevedono anche la morte per chiunque professi idee contrarie alla loro religione.
Che foto ipocrita, e quanta leggerezza nei due milioni di cittadini Francesi che seguivano questa banda di lestofanti.
Sempre tra quei capi di Stato, c’era gente che ha organizzato guerre e l’abbattimento di regimi, speculando sulla parola “libertà”,  con in testa un solo vero obiettivo: il denaro, sotto forma di petrolio, di appalti e commesse milionarie.
La Francia, solo qualche anno fa, ha pensato bene di abbattere Gheddafi, esclusivamente per azzerare i contratti Italiani con il dittatore Libico e riconvertirli in contratti per se stessa.
Penosa anche la presa di posizione della satira Italiana, troppo facile fare i gradassi con la pelle dei colleghi Francesi.
Avete mai visto Vauro o gli altri satiristi Italiani attaccare qualcuno di veramente pericoloso ?
Certo che no, troppo facile mettere un preservativo in testa al Papa o sfottere  politici  e subrettine, però impensabile rischiare la vita mirando a personaggi pericolosi.
Non ho mai visto vignette di Riina che veniva stuprato da Al Capone, o il Padrino violentato da  Buscetta, figuriamoci se attaccavano l’Islam.
Quanto vale allora la solidarietà dei vignettisti Italiani per i colleghi di charlie hebdo, nulla, solidarietà senza valore, esternata da gentucola che non ha mai corso veri pericoli, in prima persona, gentucola abituata ad attaccare un potere per servirne un altro, ma senza rischiare, senza esporsi, sparando sulla croce rossa, per ricevere applausi a costo zero.
Oggi li vedo tutti strapparsi le vesti per i colleghi Francesi, che stucchevole ipocrisia, che vergognosa manfrina.
Diciamolo chiaramente, i satiristi Francesi, loro si che hanno avuto coraggio, ma siccome adulti e vaccinati, sapevano a cosa sarebbero andati incontro, su un miliardo e mezzo di mussulmani, era statisticamente accertato che qualcuno li avrebbe potuti raggiungere.
Insomma I fatti Francesi sono solo l’esasperazione di un problema, ma non hanno nulla a che vedere con il problema vero.
Il problema non sono i due attentatori che uccidono 12 persone, il problema non è la libertà di satira, che nel caso di Charlie è semplicemente blasfemia.
La verità è un'altra, ed è lontana dalla retorica sceneggiata dei capi di Stato che hanno sfilato a Parigi, la verità è che dobbiamo preoccuparci del pericolo reale, non dei due fratelli assatanati che hanno ucciso 12 persone, ci dobbiamo preoccupare di quei milioni d’islamici che, pacatamente, moderatamente, fraternamente, stanno, di fatto, trasformando le nostre città, la nostra vita, la nostra cultura.
 Milioni di persone che non condividono il comportamento dei terroristi, che si ritengono non violenti e nel giusto, ma hanno un concetto diverso della libertà e della democrazia da quello che abbiamo noi.
Persone che ritengono la donna, un essere inferiore, che la picchiano sistematicamente, come metodo scientifico per controllarne la sua emotività e la sua possibilità di esprimere un pensiero libero, persone che non accettano che esista un Dio diverso dal loro e che considerano tutti noi degli infedeli, persone che se ti dichiari ateo ti condannano alla pena di morte.
Parliamo di culture e civiltà diverse, i morti, della redazione di Parigi e la sceneggiata dei capi di Stato in bella mostra, per le vie di Parigi, sono solo un modo per distoglierci da quella che è la vera situazione.
Qui si tratta di voler miscelare due culture completamente diverse, direi pure due culture che camminano su periodi della storia diversi, come se tra noi e loro ci fosse una macchina del tempo che ci divide di alcuni secoli.
Non se ne esce se ci schieriamo in pro o contro l’Islam, bisogna semplicemente capire, definitivamente, che si tratta di due culture non assoggettabili l’una all’altra.
Basta la retorica dell’integrazione a tutti i costi, l’unica soluzione è che se vuoi essere ospite a casa mia ti adegui alle mie regole, nessuno ti obbliga a diventare Cristiano, Buddista, o Ateo, nessuno t’imporrà nulla che venga da dettami religiosi, ma il mio Stato ha regole di diritto e civiltà, regole di democrazia, regole di convivenza, se vuoi vivere qui devi rispettare le mie leggi, se non ti va bene, te ne torni a casa tua.
Sembra una ricetta facile ma perché non è realizzabile?
Semplicemente perché, una cultura politica che, sarebbe più appropriato chiamare ignoranza politica fa di tutto ciò che è diverso e in contrasto  con la nostra civiltà un’icona da adorare e imitare.
Una cultura che prima ancora di creare divisioni tra noi e l’Islam crea divisioni tra noi stessi, rendendoci più deboli e fragili nei confronti degli avvenimenti che ci raggiungono dall’esterno.
La solita cultura, quella che prima tifava per l’arrivo dell’armata rossa, adesso tifa per l’armata di Allah, la cultura delle intellighenzie (poco intelligenti) che mirano all’annientamento della nostra Patria. 
Dimenticavo, in attesa dell’armata di Allah, si accontenterebbero anche di venderci alla Troika, insomma qualunque cosa purché finisca questa insopportabile Italia.
Una cultura che unisce l’utile al dilettevole, sì, perché mentre cerca di svuotare di contenuti la nostra civiltà, intimandoci di togliere crocefissi e distruggere presepi, edifica moschee e fa dell’accoglienza un modo per arricchirsi e crearsi clientela elettorale, gestendo le cooperative che ospitano i nuovi arrivati.
Ultima chicca, mentre in Francia sfilavano in milioni per la liberta' di satira, mentre Renzi profferiva parole di fuoco a sostegno della libertà di espressione, in Italia, un giudice, condannava alla reclusione e 150.000 euro di multa, un leghista che aveva fatto un fotomontaggio per satireggiare sulla Kyenge.
Fonte:
Giorgio Terzo Catalano@Worldpress International24

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lunedì 22 dicembre 2014

Il PIL diminuisce ? Di quanto ? Migliorarne i contenuti !

L’economia è in crisi. Non ci sono soldi. L’ineguaglianza cresce: i ricchi diventano molto più ricchi e i poveri più poveri. Ci sono più disoccupati (specie giovani), aziende che perdono o riducono i profitti, negozi che chiudono, enti pubblici che non funzionano per mancanza di fondi. Non cresce la ricchezza che produciamo, ma la misuriamo male.
Fino a poche settimane fa sembrava che il PIL, il Profitto Interno Lordo. dovesse diminuire nel 2014 di poco più di metà dell’1%. I giornali titolavano: “Italia in ginocchio”; “Siamo il fanalino di coda dell’Europa”. Quest’ultima conclusione era confermata dalle previsioni di crescita di alcuni punti percentuali del PIL di Svezia, Estonia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Romania, UK, Svizzera, Islanda. Ora sembra che il nostro PIL calerà forse solo dello 0,4% - ma il pessimismo dilaga ancora. Per capire se sia giustificato, definiamo i termini e analizziamo i numeri.
Il prodotto nazionale lordo è la somma di: profitti di imprese e individui, interessi, affitti, stipendi e salari, tasse indirette [cioè: entrate]. Si definisce in modo equivalente come la somma di consumi, investimenti, spese governative, più esportazioni e meno le importazioni . [cioè: spese]. Le spese devono essere identiche alle entrate – teoricamente. Il manuale di economia del Nobel Paul Samuelson (edizione 1980) le riporta per il 1978 con il valore (per gli USA) di 2.127,60 miliardi di dollari.
Domanda chiave: mentre ripetiamo che in Italia il PIL sta calando di circa metà dell’ 1%, con che precisione ne conosciamo il valore?
Finora non sapevamo rispondere. Ora, però,  S.B. Aruoba (Università del Maryland), F.X. Diebold e collaboratori (Università di Pennsylvania) e J. Nalewaik (Federal Research Board) hanno pubblicato un’analisi profonda e originale. [1] Il PIL è una misura poco precisa: i dati che lo compongono vengono talora trasmessi con ritardo o sono affetti da errori. Gli autori citati hanno desunto separatamente dai dati federali USA la somma delle entrate e la somma delle spese e hanno visto che sono diverse! Hanno utilizzato i dati di questa discrepanza per una analisi probabilistica, che permette di stimare le entità degli errori da cui questo importante parametro può essere affetto.
In modo pragmatico altri economisti hanno determinato le incertezze da cui sono affetti i valori del PIL di vari paesi. Fra questi, il centro di Ricerche dalla Banca Federale tedesca ha valutato gli errori nella determinazione del PIL della Svizzera dal 1980 al 2002. Il diagramma che segue, mostra che l’incertezza è di + 3%. Non ho trovato dati per il PIL italiano. È improbabile che venga determinato in modo più accurato di quello svizzero. Quindi non ha senso discutere su variazioni del valore del parametro che abbiano entità inferiore a quella dell’errore probabile da cui è affetto. Anche una variazione di pochi percento non è un tragedia. Ben diverso il caso della GRANDE CRISI: il prodotto interno USA nel 1929 era di 95,2 miliardi di dollari - nel 1933 fu quasi dimezzato a 48,6 miliardi. Il PIL italiano diminuì dal 1929 al 1933 solo del 5%, dato che l’economia era in prevalenza agricola.

Misura degli errori nella determinazione del PIL trimestrale della Svizzera dal 1980 al 2002 - Fonte: Kugler et al. Measurement errors in GDP  [2]

La stessa definizione del PIL implica paradossi ben noti. Quando si verifica un ingorgo stradale e migliaia di macchine immobili con il motore acceso consumano benzina senza utilità per nessuno, il PIL cresce. In generale: ogni volta che qualcuno produce beni che vengono acquistati da altri per sprecarli, il prodotto nazionale lordo cresce e tutti sembrano artificialmente un po’ più ricchi, mentre solo alcuni commercianti ne traggono vantaggio.
Ben più importante del valore assoluto del PIL è l’analisi del suo contenuto, della qualità dei prodotti e dei servizi, del relativo valore aggiunto  e dei fattori da cui dipendono.
La Commissione Europea ha pubblicato la classifica al 2013 dei 27 paesi dell’Unione in base al livello di innovazione raggiunto, espresso da un indice (compreso fra 0 e 1) funzione di 25 indicatori (lauree, ricerca scientifica, investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo, brevetti, etc.) L’istogramma seguente illustra la situazione.

In verde: 4 leader (Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia) - in celeste,: 10 innovatori di seconda classe, 11 innovatori moderati in giallo e 3 innovatori scarsi in arancione. La Svezia sta a 0,75. La media dei 27 Paesi sta a 0,55. L'Italia sta fra gli innovatori moderati a 0,44 – al 15° posto su 27  - dopo Estonia, Slovenia, Cipro – tutti sotto la media.
In Italia gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo sono lo 0,53 del PIL (0,71 della media europea) e quelli privati sono lo 0,69 del PIL (0,52 della media europea). Questo divario dura da più di 30 anni. Non è solo questione di investimenti, ma di cultura media. La percentuale della popolazione che ha completato l’educazione terziaria è in Italia il 21,7%. La media europea è 35,8 %; Irlanda 51,1 %; Cipro, Lussemburgo, Lituania: 50%; UK 47,1%; Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Francia, Belgio: 44%. A livello più basso dell’Italia c’è solo la Turchia.
L’Italia è, dunque, carente nei livelli di istruzione e negli investimenti in ricerca e sviluppo particolarmente nel settore privato. I 4 Paesi europei più innovatori (Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia) hanno un PIL pro capite del 25% più alto del nostro e il loro PIL cresce ogni anno di 4 punti percentuali più del nostro. Se innovassimo come loro ogni anno il PIL crescerebbe di 60 miliardi di Euro, rispetto ai quali certi risparmi di cui si parla molto (pure opportuni)– appaiono trascurabili.
Gli imprenditori, quindi, non hanno ragione di chiedere solo flessibilità negli adempimenti burocratici (che pure ci vuole). Devono raddoppiare gli investimenti in ricerca e sviluppo e assumere giovani eccellenti che producano invenzioni. Devono creare reti di collaborazione con industrie grandi e piccole, italiane e straniere. Lavoro e prosperità si creano studiando e inventando. 


*     *     *
____________________________________________________-.
[1]  Aruoba, S.B.; Diebold, F.X.; Nalewaik, J.; Schorfheide, F.; Song, D. – Improving GDP Measurement: A Measurement-Error Perspective, Paper No.18954, Dec.5, 2014, National Bureau of Economic Research.

[2] Kugler, P.; Jordan. T.J.; Lenz, C.; Savioz, M.R. -  Measurement errors in GDP and forward-looking monetary policy: The Swiss case. –Studies of the Economic Research Centre, No 31/2004, Deutsche Bundesbank. 

sabato 15 novembre 2014

Rassegna Stampa da Futuro Europa

Cronache dai Palazzi

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di Barbara Speca

Rassegna stampa estera

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di Jacqueline Rastrelli

Sottosegretario D’Onghia (PpI): Legge
Elettorale, soglie basse premiano solo la nomenklatura

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Vinitaly sbarca ad Hong Kong

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di Ilaria Carretta

Il sospetto (Film, 2012)

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di Gordiano Lupi

Sebastian Balfour
(LSE): Catalogna, uno scenario diverso dalla Scozia

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di Giovanni Puglisi

L’Europa 25 anni dopo quel Muro

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di Francesco Vinci

Parkey, l’App del parcheggio facile

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di Francesco Tempesta

L’Avana al restauro

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di Elvira Marasco

Le nuove Tigri Asiatiche

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di Giulia Cortese

Food, un’Italiano a New York

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di Francesco P. Mancini

Rosetta, l’Europa nel futuro

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di Giovanni Jannuzzi

Uruguay, al ballottaggio la
Svizzera del Sudamerica

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di Roberto Lovari

Camera di Consiglio

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di Antonfrancesco Venturini

Vittorio De Sica

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di Gordiano Lupi

Obama, già anatra zoppa?

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di Giovanni Jannuzzi

Consiglio dell’Unione Europea, come funziona

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di Maurizio Donini

Milano, sviluppo e declino di un mito italiano

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di Andrea De Cillis

Pensioni al 10 del mese, l’INPS cambia tiro

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di Francesco Tempesta

Italia delle Regioni

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di Stefano Stefanini

SPID, la nuova frontiera
dell’Identità Digitale

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di Paolo Bianchi

Riforma elettorale, il Patto vacilla

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di Fabrizio Arnhold

Burkina Faso, il difficile arriva adesso

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di Jacqueline Rastrelli

Bestiario nazionale

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di Giovanni Jannuzzi

Stati Generali Green
Economy, il futuro è arrivato

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di Francesco P. Mancini




Lasciateci sognare

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