L’economia
è in crisi. Non ci sono soldi. L’ineguaglianza cresce: i ricchi diventano molto
più ricchi e i poveri più poveri. Ci sono più disoccupati (specie giovani),
aziende che perdono o riducono i profitti, negozi che chiudono, enti pubblici
che non funzionano per mancanza di fondi. Non cresce la ricchezza che
produciamo, ma la misuriamo male.
Fino
a poche settimane fa sembrava che il PIL, il Profitto Interno Lordo. dovesse
diminuire nel 2014 di poco più di metà dell’1%. I giornali titolavano: “Italia
in ginocchio”; “Siamo il fanalino di coda dell’Europa”. Quest’ultima
conclusione era confermata dalle previsioni di crescita di alcuni punti
percentuali del PIL di Svezia, Estonia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Polonia,
Romania, UK, Svizzera, Islanda. Ora sembra che il nostro PIL calerà forse solo
dello 0,4% - ma il pessimismo dilaga ancora. Per capire se sia giustificato, definiamo
i termini e analizziamo i numeri.
Il
prodotto nazionale lordo è la somma di: profitti di imprese e individui, interessi,
affitti, stipendi e salari, tasse indirette [cioè: entrate]. Si definisce in modo
equivalente come la somma di consumi, investimenti, spese governative, più esportazioni
e meno le importazioni . [cioè: spese]. Le spese devono essere identiche alle
entrate – teoricamente. Il manuale di economia del Nobel Paul Samuelson
(edizione 1980) le riporta per il 1978 con il valore (per gli USA) di 2.127,60
miliardi di dollari.
Domanda
chiave: mentre ripetiamo che in Italia il PIL sta calando di circa metà dell’
1%, con che precisione ne conosciamo il valore?
Finora
non sapevamo rispondere. Ora, però, S.B.
Aruoba (Università del Maryland), F.X. Diebold e collaboratori (Università di
Pennsylvania) e J. Nalewaik (Federal Research Board) hanno pubblicato
un’analisi profonda e originale. [1] Il PIL è una misura poco precisa: i dati
che lo compongono vengono talora trasmessi con ritardo o sono affetti da
errori. Gli autori citati hanno desunto separatamente dai dati federali USA la
somma delle entrate e la somma delle spese e hanno visto che sono diverse!
Hanno utilizzato i dati di questa discrepanza per una analisi probabilistica,
che permette di stimare le entità degli errori da cui questo importante
parametro può essere affetto.
In
modo pragmatico altri economisti hanno determinato le incertezze da cui sono
affetti i valori del PIL di vari paesi. Fra questi, il centro di Ricerche dalla
Banca Federale tedesca ha valutato gli errori nella determinazione del PIL
della Svizzera dal 1980 al 2002. Il diagramma che segue, mostra che
l’incertezza è di + 3%. Non ho trovato dati per il PIL italiano. È
improbabile che venga determinato in modo più accurato di quello svizzero.
Quindi non ha senso discutere su variazioni del valore del parametro che
abbiano entità inferiore a quella dell’errore probabile da cui è affetto. Anche
una variazione di pochi percento non è un tragedia. Ben diverso il caso della
GRANDE CRISI: il prodotto interno USA nel 1929 era di 95,2 miliardi di dollari
- nel 1933 fu quasi dimezzato a 48,6 miliardi. Il PIL italiano diminuì dal 1929
al 1933 solo del 5%, dato che l’economia era in prevalenza agricola.
Misura degli errori nella determinazione del PIL
trimestrale della Svizzera dal 1980 al 2002 - Fonte: Kugler et al. Measurement
errors in GDP [2]
La
stessa definizione del PIL implica paradossi ben noti. Quando si verifica un
ingorgo stradale e migliaia di macchine immobili con il motore acceso consumano
benzina senza utilità per nessuno, il PIL cresce. In generale: ogni volta che
qualcuno produce beni che vengono acquistati da altri per sprecarli, il
prodotto nazionale lordo cresce e tutti sembrano artificialmente un po’ più
ricchi, mentre solo alcuni commercianti ne traggono vantaggio.
Ben
più importante del valore assoluto del PIL è l’analisi del suo contenuto, della
qualità dei prodotti e dei servizi, del relativo valore aggiunto e dei fattori da cui dipendono.
La Commissione Europea ha pubblicato la classifica al 2013 dei 27
paesi dell’Unione in base al livello di innovazione raggiunto, espresso da un
indice (compreso fra 0 e 1) funzione di 25 indicatori (lauree, ricerca
scientifica, investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo, brevetti,
etc.) L’istogramma seguente illustra la situazione.
In verde: 4 leader (Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia) - in
celeste,: 10 innovatori di seconda classe, 11 innovatori moderati in giallo e 3
innovatori scarsi in arancione. La Svezia sta a 0,75. La media dei 27 Paesi sta
a 0,55. L'Italia sta fra gli innovatori moderati a 0,44 – al 15° posto su
27 - dopo Estonia, Slovenia, Cipro –
tutti sotto la media.
In Italia gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo sono lo 0,53
del PIL (0,71 della media europea) e quelli privati sono lo 0,69 del PIL (0,52
della media europea). Questo divario dura da più di 30 anni. Non è solo
questione di investimenti, ma di cultura media. La percentuale della
popolazione che ha completato l’educazione terziaria è in Italia il 21,7%. La
media europea è 35,8 %; Irlanda 51,1 %; Cipro, Lussemburgo, Lituania: 50%; UK
47,1%; Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Francia, Belgio: 44%. A livello
più basso dell’Italia c’è solo la Turchia.
L’Italia è, dunque, carente nei livelli di istruzione e negli
investimenti in ricerca e sviluppo particolarmente nel settore privato. I 4
Paesi europei più innovatori (Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia) hanno un
PIL pro capite del 25% più alto del nostro e il loro PIL cresce ogni anno di 4
punti percentuali più del nostro. Se innovassimo come loro ogni anno il PIL
crescerebbe di 60 miliardi di Euro, rispetto ai quali certi risparmi di cui si
parla molto (pure opportuni)– appaiono trascurabili.
Gli imprenditori, quindi, non hanno ragione di chiedere solo
flessibilità negli adempimenti burocratici (che pure ci vuole). Devono
raddoppiare gli investimenti in ricerca e sviluppo e assumere giovani
eccellenti che producano invenzioni. Devono creare reti di collaborazione con
industrie grandi e piccole, italiane e straniere. Lavoro e prosperità si creano
studiando e inventando.
* *
*
____________________________________________________-.
[1] Aruoba, S.B.; Diebold, F.X.; Nalewaik, J.;
Schorfheide, F.; Song, D. – Improving GDP
Measurement: A Measurement-Error Perspective, Paper No.18954, Dec.5, 2014,
National Bureau of Economic Research.
[2] Kugler, P.; Jordan. T.J.; Lenz,
C.; Savioz, M.R. - Measurement errors in GDP and forward-looking monetary policy: The
Swiss case. –Studies of the Economic Research Centre, No 31/2004, Deutsche
Bundesbank.
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