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mercoledì

LA VERA ORIGINE DEL CALCIO. MASSONERIA E CONTROLLO

Colgo la notizia per raccontare le origini del calcio, che forse non tutti conoscono.
⚡160 anni fa l’Inghilterra della seconda rivoluzione industriale era flagellata dalle rivolte di quella classe operaia che iniziava a mal tollerare le disumane condizioni di lavoro in fabbrica imposte in quell’epoca. 
Il capitalismo industriale era in forte difficoltà a causa del moltiplicarsi di rivendicazioni e scioperi e così il 26 ottobre  del 1863, dieci massoni inglesi e tre massoni scozzesi, si riunirono nella taverna ubicata proprio di fronte alla sede della “Grande loggia unita d’Inghilterra”, cui appartenevano. La taverna si chiamava ” Freemason’s Tavern, di Great Queen Street, nel rione di Holborn,  ” ed esiste ancora oggi con il nome di “Freemasons Arms Pub”, sempre  Great Queen Street, a Londra.: Si raccolsero 11 club dell’area di Londra per uniformare i loro regolamenti. 
Qui, prendendo spunto dal controllo sociale praticato a Firenze dai Medici con la “Palla a calci in piazza”, fondarono la “Football Association”, prima lega di calcio al mondo, con lo scopo di distrarre la massa operaia sedando le rivolte. 
Il football attecchì subito nelle grigie periferie delle città industriali, dove vennero create squadre capaci di accendere rivalità ed attriti fra i rivoltosi, frammentandone ed indebolendone la forza d’urto.
Retaggio dell’antico “Divide ed Impera” Romano, il calcio salvò il capitalismo industriale Inglese e venne adottato con le medesime finalità dai capitalisti di tutti i paesi avanzati. 
Chiunque abbia studiato a scuola il Princeps di Machiavelli sa che il filosofo fiorentino avesse individuato nel carnevale la valvola di sfogo per i sudditi che, una volta l’anno travestendosi da Re, tornavano poi ad essere ligi alle imposizioni dei propri aguzzini.
🏴‍☠️A voi le considerazioni.

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lunedì

Italia ai rigori: il riscatto di Buffon

Gli Azzurri vincono la finalina ai calci di rigore. Il capitano ne para 3 e si riscatta dopo una partita incerta.
Gli Azzurri di Prandelli conquistano il terzo posto nella Confederations Cup contro l'Uruguay di Tabarez. Buffon para tre rigori per recuperare l'errore al secondo tempo sul gol di Cavani e dopo che i supplementari si erano chiusi sul 2-2.
Grande gara degli Azzurri nel primo tempo, chiuso in vantaggio, l'Uruguay esce alla distanza ma non riesce a trovare il guizzo vincente, anche nell'extra time, in superiorità numerica per l'espulsione di Montolivo. Prova di cuore degli uomini di Prandelli, bene ancora una volta Candreva, il migliore in campo insieme a Cavani, autore di una doppietta.

Fonte: Globalist - Articolo Completo Qui

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venerdì

Spagna in finale grazie ai calci di rigore !

A Fortaleza, la Spagna batte l'Italia 7-6 ai rigori (0-0 al 120') l'Italia ed in finale domenica sera affronterà il Brasile. Buon primo tempo degli azzurri, schierati con un inedito 3-4-2-1, che mettono ripetutamente in difficoltà gli avversari.Sulla testa di Maggio le due occasioni migliori, ma Casillas non si fa sorprendere.
Nella ripresa cala l'Italia e la gara si fa più equilibrata. Navas impegna a terra Buffon, Piquè spara alto tutto solo a centro area. Supplementari, pali di Giaccherini e Xavi.
Poi la beffa alla roulette russa dei rigori.
Sono stati i rigori a decidere chi, tra Spagna e Italia, raggiungera' il Brasile in finale di Confederations Cup.  un palo a testa, Giaccherini e Xavi, con Buffon decisivo nel finale su Navas.
"Penso che i ragazzi nel primo tempo abbiano onorato un compagno della Nazionale, una persona che ha dimostrato sempre coraggio, determinazione, serenità e che le battaglie vanno sempre combattute". Così il presidente della FIGC Giancarlo Abete ha commentato ai microfoni della Rai la scomparsa di Stefano Borgonovo.

Fonte: RaiNews24

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sabato

LE VERGOGNE ITALIANE !

Per alcune generazioni molte italiane hanno partorito imbecilli e, come dice spesso Maurizio Costanzo, la mamma dei cretini è sempre incinta! 

martedì

E' morto Enzo Bearzot, vinse i Mondiali del 1982

ANSA.it > Calcio > News
Era nato in Friuli 83 anni fa. Centrocampista negli anni '50, da ct fece sognare l'Italia
21 dicembre, 13:31

ROMA - Il suo naso, da boxeur, e la pipa, perennemente accesa, hanno fatto la felicità dei vignettisti per anni. Erano i segni distintivi di Enzo Bearzot, scomparso oggi ad 83 anni. Detto il 'Vecio', come si fa per tutti i friulani doc (era nato ad Aiello del Friuli il 26 settembre '27), anche per quelli che vecchi non sono.

Ed in effetti lui non lo e' stato mai, in questo aiutato dalla passione del calcio, che lo aveva preso da ragazzino, quando in un collegio di Gorizia dormiva con la foto di Campetelli, centromediano dell'Inter, sotto il cuscino.
E non era taciturno, né introverso - come sostenevano i suoi denigratori -, soltanto non gli piaceva sprecare le parole. Fosse stato come lo dipingevano, non avrebbe mai creato il gruppo che conquistò il terzo titolo mondiale del calcio italiano nel 1982 in Spagna. Un gruppo che non si è mai sciolto, neanche quando qualcuno si è allontanato dal pallone (come Paolo Rossi), oppure è stato prematuramente rapito dalla morte (come Scirea). Un gruppo che ha mantenuto i contatti con l'uomo che l'ha plasmato e che continuerà a considerarlo vivo.
Un legame veramente speciale quello che legava gli azzurri a Enzo Bearzot, riconoscenti perché prima di condurli al traguardo più importante della loro carriera, aveva saputo difenderli da critiche feroci. E li aveva sostenuti quando decisero quel clamoroso e innovativo silenzio stampa che anche oggi, di tanto in tanto, viene imitato da questa o quella squadra di club.
Portavoce era Dino Zoff, altro friulano di poche parole, che Bearzot considerava il suo terzo figlio, e che un giorno si sarebbe seduto sulla panchina azzurra con minor fortuna. Nel dicembre del 2000 il gruppo si strinse ancora una volta intorno a Bearzot, che presentava (con l'autore Gigi Garanzini) il libro biografico, 'Il romanzo del vecio'. In quella serata il tecnico sorprese i suoi vecchi allievi rivelando che il calcio non gli mancava, pur amandolo, perché "sentivo di non appartenervi più ". C'era amarezza nelle sue parole, un po' di malinconia, forse stimolata dalle note del jazz (questa musica era la sua seconda passione, naturalmente dopo il football).
Quella sera Bearzot parlava del calcio al passato remoto, come di una storia finita tanto tempo prima. Ma dopo poco più di un anno - a gennaio del 2002 -, mettendo fine a un distacco ventennale, Bearzot aveva accettato con rinnovato entusiasmo l'invito della Federcalcio ad assumere la responsabilità di presidente del settore tecnico della Figc. In quell'occasione Claudio Gentile, uno del gruppo, allora tecnico della Under 21, ricordando il bel gioco espresso dalla nazionale nei mondiali del '78 (Argentina, azzurri quarti) e dell''82, lo definì il miglior ct azzurro dopo Pozzo (morto come lui il 21 dicembre, del 1968), sostenendo che "Enzo Bearzot non deve restare lontano dal calcio, perché il calcio è il suo mondo". E lui: "Sono contento perché l'indicazione viene dal mio mondo".
La sua avventura nel calcio era cominciata come giocatore: dalla Pro Gorizia, era passato, ventenne, all'Inter, poi al Catania, poi all'Inter nuovamente, ed aveva terminato la carriera al Torino. Era un difensore grintoso ma corretto, non privo di tecnica. Delle sue esperienze di calciatore seppe far tesoro alla guida della nazionale, riuscendo ad utilizzare al meglio i giocatori che sceglieva, incurante dei suggerimenti e delle critiche della stampa, anche quando i risultati non gli davano ragione. Fautore del 'primo non prenderle' non fu mai catenacciaro.
Fu maestro invece nell'esaltare l'arte del contropiede con cui nell'82, nel Mundial, di Spagna schiantò una dopo l'altra Argentina, Brasile e Germania. Indimenticabili le imprese dei terzini-ala Cabrini e Gentile, delle ali a tutto campo Conti-Graziani, di Tardelli, giocatore universale, di Zoff portiere-saracinesca, di Paolo Rossi guizzante, imprendibile opportunista sotto rete, di Scirea, direttore d'orchestra di un gioco che a tratti ricordava il free-jazz per la sua imprevedibilità. Paradossalmente, però, quattro anni dopo, l'attaccamento al gruppo, e la conseguente incapacità a rinnovare, fu fatale a Enzo Bearzot. Al cospetto di risultati negativi (mancata qualificazione agli Europei '84, eliminazione negli ottavi del mondiale messicano '86), attaccato dalla critica e di fronte all'ostilità del vertice federale, preferì lasciare anziché rinunciare alle sue convinzioni. Ma nella storia del calcio, e non solo, rimarranno sempre le immagini delle imprese precedenti. L'urlo e la corsa pazza di Tardelli, dopo il gol alla Germania.
E quel giovane Vecio, dal naso di boxeur e dalla pipa eternamente accesa, che sull'aereo degli eroi di Madrid, gioca a briscola con Causio, Zoff e il presidente della Repubblica Pertini, un altro celebre appassionato della pipa, un altro Vecio che, come lui, non invecchiò mai.

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