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giovedì 25 febbraio 2016

La sinistra è morta del tutto". Lettera di Marx a Renzi.

Caro Matteo, ormai sono due anni che sei a Palazzo Chigi e mi sento in dovere di scriverti questa lettera essendo tu a capo del principale partito della sinistra italiana, almeno così viene ancora definito a parole. Due anni in cui, duole dirlo, hai perseverato nella distruzione di quel poco di sinistra che nel tuo paese era rimasto dopo decenni di governi borghesi della Democrazia Cristiana sospinti dall'opposizione riformista di un PCI che, negli ultimi anni, di comunista aveva solo il nome.

Sull'economia hai continuato nella logica capitalistica delle privatizzazioni favorendo così il grande capitale, la finanza, ai danni del popolo e delle risorse pubbliche. Hai salvaguardato gli interessi di pochi e non quelli della collettività. Sul lavoro hai varato il cosiddetto Jobs Act, ovvero la cancellazione aprioristica dei pochi diritti rimasti per i lavoratori e le lavoratrici italiane. Hai preso in giro i pensionati ora minacciati perfino sulla reversibilità. Tutte politiche di stampo prettamente capitalistico e lontane anni luce dalla storia e dalla tradizione dei movimenti operai e delle lotte di classe che anche nel tuo paese hanno scritto pagine importanti nel Dopoguerra.

Sull'Europa hai continuato imperterrito nella cessione di sovranità a Bruxelles, relegando l'Italia a colonia di banche e grande capitale. Il popolo italiano non ha potuto esprimersi sull'adesione a una moneta, l'Euro, che li ha impoveriti e ha tolto loro potere d'acquisto. Non solo, ora con le nuove regole sul salvataggio delle banche sono in crisi anche i risparmi di lavoratori e lavoratrici, spesso ormai in pensione, che si vedono in alcuni casi ridotti sul lastrico senza poter far nulla per impedire che ciò avvenga.

Hai continuato sulla strada dell'adesione acritica dell'Italia alla Nato con una sottomissione, di fatto, alla potenza militare americana. Ora ti prepari addirittura all'intervento armato in Libia perseverando negli errori dell'imperialismo occidentale.

Stai ‘coprendo’ tutto ciò portando avanti nel Parlamento italiano una legge, quella sulle cosiddette unioni civili che contiene di fatto, con il grimaldello delle adozioni per i gay, la mercificazione del corpo delle donne e dei bambini.

Tutto il resto - dalla legge elettorale alle riforme istituzionali - altro non è che la classica vittoria della sovrastruttura sulla struttura, provvedimenti e leggi del tutto irrilevanti e che non aiutano l'emancipazione del popolo italiano e la difesa degli interessi delle classi lavoratrici.

In definitva, di sinistra nel tuo Pd e nel tuo governo borghese e imperialista non è rimasto nulla. Non c'è traccia delle lotte dei movimenti operai che in Europa e nel mondo hanno caratterizzato il secolo scorso. Purtroppo l'Italia è ormai un paese asservito alle logiche delle banche e della grande finanza dove il popolo e la classe operaia, così come i piccoli imprenditori, gli artigiani e gli agricoltori, sono schiavi delle logiche della globalizzazione e del mercato.

Caro Renzi, auguri per i tuoi due anni da presidente del Consiglio. Ma, per favore, non definirti di sinistra, regala il giornale Unità, fondato da Antonio Gramsci, a qualcuno più conseguente. La storia e la verità te se sarebbero molto grati.
Firmato Karl Marx

P.S. La lettera (immaginaria) di Karl Marx a Matteo Renzi è stata scritta da Marco Rizzo, segretario generale del Partito Comunista ed erede in Italia della tradizione e degli insegnamenti marxisti.

Fonte: Affari Italiani

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mercoledì 12 marzo 2014

Passato e Presente. Quali sono i dittatori che hanno ucciso più persone?

Il primo è Mao, seguito da Stalin e Hitler.
Spesso quando pensiamo ad un dittatore balza alla mente il nome di Adolf Hitler. Ma nella storia dell’umanità si sono susseguiti tanti tiranni e a giudicare dall’infografica qui accanto, intitolata “Which dictator killed the most people?”, il “Fuhrer” non è stato quello ad aver mietuto più vittime.
In prima posizione infatti c’è Mao Tse-Tung: l’ex presidente del Partito Comunista Cinese, dal 1943 al 1976 è stato responsabile della morte di 78 milioni di persone. Dopo di lui, con 23 milioni di morti, c’è Josif Stalin, segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dal 1922 al 1953.
Adolf Hitler invece è terzo, con 17 milioni di vittime 11 anni. Dopo di lui un dittatore che in pochi ricordano, nonostante la sua crudeltà. Si tratta di Re Leopoldo II del Belgio, che dal 1865 al 1909 uccise circa 15 milioni di congolesi. Numeri che fanno venire i brividi. Anche se poco importa, in fondo, chi sta prima dell’altro, poiché non bastano dei semplici numeri per descrivere la vergognosa storia di un dittatore. 

Fonte: IL NUMERO ZERO

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giovedì 19 dicembre 2013

Comunismo-Nazismo - Pace e Dialogo a Cervello Inserito !

I CRIMINI DEL COMUNISMO
Se un tempo erano pagati per disinformare, oggi a sinistra si segnalano professori per la loro imbarazzante ignoranza. E' di pochi giorni fa un articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica di Tabucchi, autore tanto in voga e pompato dall'intellighenzia di sinistra, che tranquillamente si è preso il lusso di dichiarare che Gramsci fosse morto in carcere.
E' evidente che dinanzi a simili mistificazioni si comprende anche perché sia abilmente taciuto da questi "professionisti della menzogna" la vera essenza del patto Molotov-Ribbentrop che nel 1939 ha sancito la nascita dell'asse nazi-comunista e che diede il via libera a Hitler per l'eliminazione degli ebrei. Fu in quel frangente che Stalin, in segno di concordia, si permise di offrire in "regalo" ad Hitler tutti gli ebrei internati nei gulag. Questo è un dato storico, provato, inconfutabile: la persecuzione degli ebrei partì con il benestare di Stalin, dei comunisti. Innegabile a tal punto che nei libri di storia non v'è menzione alcuna. All'epoca, inoltre, Hitler non doveva di certo apparire come un mostro dai "benpensanti rossi", visto che esiste un saggio vergognoso di Palmiro Togliatti per il quale il patto fu la conseguenza dell'aggressione ai danni della Germania compiuta da Francia e Gran Bretagna. 

Fonte: LA STORIA NEGATA - Articolo Completo QUI !

IL FASCISMO e IL NAZISMO
Una delle mistificazioni introdotte negli ultimi sessant’anni e diventata una realtà accettata da tutti, come del resto la seconda grande mistificazione, la Resistenza, mostra il comunismo come antitetico e opposto al fascismo.
Il fascismo è descritto come l’ideologia del male, mentre il comunismo, suo antagonista, viene presentato come un’ideologia positiva, anche se con qualche ombra dovuta a però a deviazioni sul luminoso sentiero, con l’unico scopo di migliorare le condizioni di vita dei più deboli.
Queste due mistificazioni, ideate ed imposte dal PCI servivano a legittimare quest’ultimo e a facilitarne la presa del potere. Per i più svariati motivi (inizialmente la paura, successivamente il tornaconto) a tali tesi si sottomisero intere generazioni di intellettuali, anche non di osservanza comunista. D’altronde chi si fosse staccato dal coro era messo immediatamente al bando con conseguenze negative per la sua carriera.
In realtà comunismo e fascismo nascono dallo stesso ceppo, il fascismo non fu solo negativo e la Resistenza non fu una resistenza, ma un insieme di guerre civili.
Esamineremo tutte e tre le cose, cominciando appunto dalle radici comuni ai due movimenti politici.
A parte la provenienza politica di Mussolini (che da emigrante in Svizzera … (arrestato nel 1903 come agitatore socialista), torna in Italia e conquista in pochi anni la leadership dell’ala rivoluzionaria del PSI e poi la direzione dell’Avanti, prima di essere espulso dal partito per la sua decisione di appoggiare l’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale), la considerazione che rende affini i due partiti è la concezione che entrambi hanno dello Stato.
Entrambi i partiti, infatti, pongono lo Stato al di sopra dei cittadini e investono lo Stato stesso del compito di formare una nuova società ‘rieducando’ il popolo ai nuovi compiti cui è chiamato.
Il partito comunista punta alla classe operaia, scelta come modello della nuova società, il partito fascista alla media borghesia, individuandola come il motore della nazione.
Le analogie tra i due movimenti sono impressionanti.
Riporto alcune considerazioni, che condivido in tutto per tutto di Sergio Romano:
Entrambi non vogliono semplicemente conquistare voti o simpatie, come è nella natura di qualsiasi partito politico. Vogliono rifare la società, creare l’«uomo nuovo», impartirgli una solida educazione ideologica, inquadrarlo nelle organizzazioni del partito e trasformarlo in cittadino militante, pronto a mobilitarsi ogni qualvolta la casa madre decida di riempire le piazze e mostrare i muscoli della propria forza.
Vi è una evidente affinità tra le oceaniche adunate di piazza Venezia e i giganteschi comizi di piazza San Giovanni. Le parole pronunciate in quelle occasioni erano diverse, ma le liturgie e la regia erano straordinariamente simili: le «cartoline precetto» in un caso, gli autobus predisposti dai sindacati per gli operai delle fabbriche nell’altro.
Entrambi veneravano il loro capo: il ‘Duce’ per i fascisti, il ‘Migliore’ per i comunisti.
Ciascuno di questi due grandi partiti di massa dovette fare i conti con la realtà e venire a patti con le tradizioni e le abitudini della società italiana. Il fascismo conquistò il potere, ma fu costretto a spartirlo con la monarchia e con la Chiesa. Il comunismo conquistò una parte della società civile e delle grandi istituzioni culturali, ma si rese conto che gli italiani sarebbero rimasti, nonostante tutto, cattolici, familisti e profondamente legati ai beni che erano riusciti ad accumulare nel corso della loro esistenza. Questo successo parziale ebbe l’effetto di provocare nei militanti dei due movimenti l’attesa di un evento che avrebbe completato l’opera e soddisfatto pienamente le loro attese.
Nel partito di Mussolini vi fu sino alla fine una componente che non smise mai di attendere la «seconda ondata» della rivoluzione fascista. Nel partito di Togliatti vi furono coloro che auspicavano una nuova Resistenza, più radicale e decisiva di quella che veniva celebrata come pietra di fondazione della Repubblica.
Nella prefazione degli scritti di Eugenio Reale, un comunista che uscì dal partito dopo la rivoluzione ungherese, Antonio Carioti ricorda che i militanti, dopo la repressione sovietica a Budapest, fecero quadrato intorno a Togliatti e scrive: «Condizionati da un antico retaggio storico e dalla recente esperienza del regime fascista, molti italiani preferiscono avere con la politica un rapporto fideistico, chiedono di riconoscersi in un’autorità che offra loro certezze indiscutibili». Ecco perché fascismo e comunismo furono, come osserva ancora Carioti, «partiti chiesa». Si odiarono e si combatterono perché avevano straordinarie somiglianze, operavano su uno stesso terreno e cercavano di conquistare lo stesso popolo.
Questo spiega il travaso massiccio di fascisti nel PCI dopo il 1945.
E il fatto che gli intellettuali del partito comunista avevano quasi tutti iniziato la loro carriera nelle riviste fasciste o conquistato i loro primi allori nei Littoriali organizzati dal regime.
E lascia anche comprendere come fu possibile l’alleanza militare, nella seconda guerra mondiale, tra Hitler e Stalin, Nazismo e Comunismo. 

Fonte: RICORDARE - Articolo Completo QUI !

Fino a quando non capiremo che lo schierarsi tra Comunisti e Fascisti, Colpevolisti e Innocentisti è come (accantonando l'immane tragedia) dividersi tra Roma e Lazio o tra Coppi e Bartali; così facendo tutto continuerà a basarsi sul preconcetto e sul pregiudizio, dimenticando che le persone sciocche sono piene di certezze e le persone intelligenti sono piene di dubbi e che l’unica certezza che può avere l’Uomo è IL DUBBIO ! 

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