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martedì 16 giugno 2020

La Donna nell'Antico Egitto.

La donna egizia godeva della stessa posizione giuridica dell'uomo. Tuttavia, erano gli uomini a ricoprire quasi tutte le cariche pubbliche.
La donna esercitava le sue principali attività nella sfera privata, come "signora della casa". Si può parlare di una certa divisione del lavoro in base al sesso.
L'uguaglianza teorica tra uomini e donne trovava una traduzione pratica solo nelle classi elevate della società egizia. Cinque o sei donne arrivarono a detenere il potere supremo. Alcune regine collaborarono attivamente nella politica seguita dai loro mariti. Anche le figlie dei faraoni godevano di una posizione invidiabile. Nella Bassa Epoca, una di loro arrivò a ricoprire la carica di "Divina Adoratrice": il suo potere divenne maggiore di quello del sommo sacerdote di Amon.
Le donne nobili avevano titoli religiosi e civili, disponevano di proprietà, che amministravano da sé e che potevano trasmettere ai loro eredi. Sembra che nell'Antico Regno alcune donne abbiano svolto compiti amministrativi in case private. Durante l'Antico Regno, la donna raggiunse l'apice nella vita istituzionale e pubblica. In seguito, soprattutto durante il Nuovo Regno, la menzione di titoli amministrativi femminili scompare quasi del tutto.
Il tipo di lavoro svolto da una donna dipendeva dalla posizione sociale occupata da lei o dal marito. Le principali attività conosciute attraverso le fonti archeologiche o scritte indicano che nell'Egitto antico esisteva una divisione del lavoro in base al sesso. I servitori maschi si occupavano di solito della cura degli uomini, mentre le domestiche di quella delle signore. Gli impiegati e le impiegate delle grandi tenute dei nobili o dei templi partecipavano insieme alla lavorazione del pane e della birra, mentre nel resto delle attività era evidente una preponderanza maschile, con l'eccezione dell'industria tessile, in cui lavorarono per lo più donne fino al Nuovo Regno. Tra le domestiche sono state distinte, in base ai documenti, le fornaie, le birraie, le mugnaie, le giardiniere, le musiciste, le ballerine e le cantanti, oltre alle tessitrici e alle filatrici. Le donne svolgevano anche compiti molto specializzati, come quello di nutrice; nel caso dei figli del re, soltanto donne appartenenti alla classe nobile potevano esercitare questa funzione.
Per quanto riguarda le contadine, pur non partecipando alla maggior parte delle attività agricole e pastorizie, collaboravano nella raccolta del grano. Solo molto più tardi la donna tornò a essere così importante.
La posizione sociale della donna egizia era molto più invidiabile di quella della maggior parte delle sue contemporanee di altre civiltà. I viaggiatori greci, come Erodoto, restavano meravigliati per la libertà di azione di cui godevano le egizie. Dalle fonti, sappiamo che le donne erano proprietarie terriere, che partecipavano a transazioni mercantili senza l'aiuto di uomini e che potevano ereditare e lasciare in eredità a loro piacimento. Quando si sposavano, continuavano a disporre dei loro beni, che riacquistavano in caso di divorzio. La loro uguaglianza davanti alla legge comportava che potessero presentarsi davanti ai tribunali in qualità di querelanti, difensori o testimoni, esattamente come gli uomini. Non avevano bisogno di un tutore per partecipare agli affari pubblici. Erano responsabili delle loro azioni e potevano essere portate in giudizio e punite con la stessa severità prevista per gli uomini.
La condizione normale della donna era quella di sposa. La famiglia monogama era dunque il nucleo della società egizia. Le raffigurazioni di coppie, da sole o con i figli, indicano, dall'Antico Regno, l'importanza che la famiglia aveva per gli egizi. Raramente è raffigurata una donna sola sulle stele o sulle pareti delle tombe dell'antico Egitto. In realtà, la donna nubile non rientrava nell'ideale egizio, per cui non sono giunti fino ai nostri giorni molti dati riguardanti questa condizione sociale. Invece, esistono molte informazioni su quella della vedova. Se il marito moriva, la mancanza di entrate poteva causare alla sua vedova gravi contrattempi. Dal Medio Regno, la vedova appare come uno dei personaggi derelitti della società egizia, che riceveva l'aiuto dei funzionari, secondo quanto raccontano le loro stele votive. 

Bes, dio protettore della gravidanza.

Nell'antico Egitto il dio Bes era rappresentato come un nano deforme e barbuto. 
Era una divinità del focolare, legata alla protezione della donna incinta e del neonato. 
La sua figura fu utilizzata in diversi talismani che allontanavano le influenze nefaste e il malocchio. L'ideale egizio era avere molti figli, perciò la fecondità era una delle principali preoccupazioni della donna. I papiri di medicina indicano rimedi per favorire la gravidanza ed evitare il pericolo di aborto spontaneo. Vi erano però anche prescrizioni per abortire e rimedi per favorire la contraccezione, come rivelano le stesse fonti mediche. 

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                                                                               Giancarlo Bertollini
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GLI EGIZI: A VOLO RADENTE.


GLI EGIZI

L’Antico Egitto, o civiltà dell’Antico Egitto (altri usano chiamarla civiltà egizia) è quella civiltà antica che si è sviluppata lungo la Valle del Nilo tra il 3900 a.C. e il 332 a.C. Si tratta, insieme alle civiltà mesopotamiche (sumeri, assiri, babilonesi) di una delle prime civiltà di cui la storia ha traccia.

LE 6 DOMANDE CHIAVE PER CAPIRE L’ARGOMENTO 

·   Chi: Antico Egitto (o civiltà dell’Antico Egitto).
·   Cosa: una delle più antiche civiltà umane di cui abbiamo notizia.
·   Come: anche per gli Egizi, come per i Sumeri, è difficile risalire alle loro origini.
·   Dove: la civiltà dell’Antico Egitto si sviluppò lungo la valle del Nilo (Africa).
·   Quando: dal 3900 a.C. al 332 a.C.
·   Perché: il corso del Nilo consentiva facilità nel trasporto e negli spostamenti; inoltre, rendeva fertili tutte le terre della valle del Nilo. Queste due circostanze hanno permesso agli uomini di abitare quelle zone, dando vita alla civiltà dell’Antico Egitto

BREVE STORIA DELL’ANTICO EGITTO

I primi uomini si stabilirono lungo la Valle del Nilo circa 120 000 anni fa. Inizialmente, la valle del Nilo era suddivisa in due territori: il Basso Egitto, che comprendeva l’area nei dintorni del delta del Nilo e l’Alto Egitto, che comprendeva i territori attraversati dal Nilo a Sud dell’Egitto.
Non vi era un unico faraone e le popolazioni del Basso e dell’Alto Egitto erano spesso in guerra tra loro finché, intorno al 3000 a.C., il Re guerriero Meni (o Menes, secondo altre fonti) riuscì ad unificare l’Egitto, divenendo il primo faraone.

L’IMPORTANZA DEL NILO

Nell'antichità, l’agricoltura era molto diversa da quella di oggi: non esistevano macchinari a motore né fertilizzanti o sostanze chimiche utili a concimare la terra e sconfiggere i parassiti. La coltivazione era possibile solo in presenza di un terreno fertile e di facile lavorazione.
Il Nilo, grazie alle sue inondazioni, copriva di limo tutte le aree desertiche circostanti, rendendole facilmente coltivabili. Il limo era un fango dal colore nerastro dalle incredibili proprietà fertilizzanti. Ogni anno, in estate il Nilo inondava i campi e si ritirava in autunno, lasciandoli intrisi d’acqua e ricoperti di limo: le condizioni ideali per l’agricoltura.
Lungo le sponde del Nilo era possibile produrre orzo e grano, gli alimenti principali di cui si nutrivano gli abitanti dell’Antico Egitto; era possibile coltivare anche i papiri, da cui si ricavavano fogli simili a carta, ulivi e lino. Fu proprio la presenza del Nilo a permettere lo sviluppo di una civiltà ricca e prospera come quella dell’Antico Egitto.

LA SOCIETÀ DELL’ANTICO EGITTO

Con le civiltà dei fiumi (egizi, civiltà mesopotamiche) assistiamo per la prima volta all'organizzazione degli uomini in grandi gruppi. Perché questo fosse possibile, erano necessarie regole, leggi e ruoli sociali molto più complessi rispetto a quelli delle società primitive.
L’Antico Egitto era strutturato secondo una gerarchia piramidale: al vertice si trovava il faraone, che governava in modo assoluto ed era considerato una divinità. Sotto di lui, si trovavano i sacerdoti, gli scribi e i funzionari statali; vi era poi l’esercito seguito dal popolo. Infine, sul gradino più basso della piramide sociale, vi erano gli schiavi.

Piramide sociale dell’Antico Egitto:

1.     Faraone
2.     Sacerdoti
3.     Funzionari e scribi
4.     Soldati
5.     Popolo libero
6.     Schiavi

1)      IL FARAONE
Il faraone era la massima autorità nell'Antico Egitto: regnava come sovrano incontrastato e si credeva che fosse l’incarnazione del dio Horus, figlio di Osiride.
Ogni faraone stabiliva chi sarebbe stato il suo successore, solitamente scegliendo uno trai i suoi figli.

2)      I SACERDOTI
Il ruolo di sacerdote era particolarmente importante nell'Antico Egitto. I sacerdoti più importanti avevano enormi poteri, che si passavano di padre in figlio. Vi erano poi i sacerdoti minori, che rivestivano la carica di sacerdote solo per un certo periodo.

3)      SCRIBI E FUNZIONARI DEL FARAONE
Il faraone affidava tutti i compiti amministrativi (far pagare le tasse, stabilire le leggi e le azioni di governo da compiere, far rispettare le leggi, etc.) a un gran visir, una sorta di primo ministro.
Naturalmente, era impossibile per una persona sola amministrare un intero paese; per questa ragione, il gran visir era aiutato da numerosi funzionari e dagli scribi, ovvero coloro che avevano imparato a leggere, scrivere e contare. La scrittura geroglifica era molto complessa ed erano in pochi a poterla studiare; per questo, lo scriba era una figura importante e di grande prestigio nell'Antico Egitto.
Gli scribi erano presenti in tutto il territorio dell’Antico Egitto, dal palazzo del faraone agli uffici periferici, dove si occupavano di documentare tutto quello che accadeva.

4)      SOLDATI
L’esercito, nell'Antico Egitto, era ai diretti comandi del faraone, che nominava i generali. I soldati erano divisi in arcieri, fanteria e cavalleria, che combatteva a bordo di carri leggeri e veloci trainati da una coppia di cavalli. Poiché prendevano ordini direttamente dal faraone, i soldati godevano di un certo prestigio ed erano secondi solo ai sacerdoti e ai funzionari.

5)      IL POPOLO
La maggior parte della popolazione dell’Antico Egitto non apparteneva alle caste di cui abbiamo parlato finora, ma erano contadini, artigiani, commercianti, muratori.
Il popolo era costituito da uomini liberi, che lavoravano per conto proprio o dello stato. Solitamente stipulavano un contratto che stabiliva il loro lavoro e quello che avrebbero ricevuto in cambio. Il popolo egizio era l’equivalente dei nostri lavoratori dipendenti e dei piccoli imprenditori.

6)      SCHIAVI

Al di sotto di tutti, vi erano gli schiavi. Questi erano principalmente prigionieri di guerra catturati nel corso delle guerre e delle incursioni dell’esercito egizio e non avevano diritti né libertà: erano di proprietà del Re o dei sacerdoti. Venivano impiegati per i lavori più duri come la costruzione degli edifici monumentali, gli scavi nelle miniere o il lavoro nei campi. 

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                                                      Giancarlo Bertollini

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lunedì 15 giugno 2020

I DRUIDI: GLI AUTOREVOLI CELTI.

I Druidi vengono descritti per la prima volta con precisione nel De Bello Gallico di Cesare, a cui si deve di fatto la maggior parte delle notizie in nostro possesso.
Il ruolo sociale dei Druidi.
I Druidi, considerati i membri più autorevoli del loro popolo (i Celti), non avevano tutti la stessa posizione all’interno della compagine sociale: vi era un druido “capo supremo”, come afferma lo stesso Cesare (VI, 13, 8-9); vi erano poi i Druidi veri e propri, che si distinguevano come sacerdoti del culto, ma anche come giudici e come consiglieri dei capi. Essi erano le figure di riferimento della società, a cui ci si rivolgeva per una molteplicità di problemi. 

C’erano anche Druidi “cantori”, che celebravano le gesta eroiche del loro popolo e accompagnavano con il loro canto i guerrieri in battaglia; essi costituivano, di fatto, la memoria storica della comunità: preservavano e tramandavano le antiche leggende, ma anche le vicende storiche e i valori morali. La loro funzione può essere equiparata a quella degli aedi o rapsodi nella cultura greca arcaica.
In ultimo, vi erano i Druidi profeti, indovini che si occupavano degli aspetti pratici connessi alla religiosità e al culto: la lettura e l’interpretazione del rituale sacrificale. Si tramanda, a questo proposito, la presenza di sacerdotesse druide, a cui spettavano compiti analoghi a quelli dei loro colleghi maschi

I Druidi praticavano i sacrifici umani.
Nella loro qualità di officianti dei riti religiosi, praticavano i sacrifici umani. Per esempio, per onorare Taranis, il dio del fulmine che ardeva gli alberi delle foreste con le saette, la vittima veniva arsa viva in un tronco d’albero cavo.
Un’altra forma di sacrificio umano era quella di seppellire un neonato nelle fondamenta di un edificio nel momento in cui se ne iniziava la costruzione: in questo modo si poneva l’edificio sotto la magica protezione dell’anima del morto e nello stesso tempo si placava la collera degli spiriti di quel luogo che veniva strappato alla natura per divenire “spazio” dell’uomo.
Appartiene alla categoria dei sacrifici umani anche l’usanza celtica di tagliare e portarsi via le teste dei nemici uccisi in battaglia, sia come prova del proprio valore sia per impedire che il fantasma del morto tornasse a vendicarsi.
Altri sacrifici si celebravano durante feste religiose annuali, per esempio quelle legate all'anno agricolo.

La funzione educativa dei Druidi.
Una delle caratteristiche più importanti dei druidi è la loro funzione paideutica, cioè educativa. I giovani venivano loro affidati per lunghi periodi di studio, durante i quali trasmettevano ai loro discepoli tutta la loro sapienza.
I Romani, nella loro opera di invasione del mondo celtico (per un approfondimento e da leggere Cesare alla conquista della Gallia), compresero immediatamente l’importanza dei Druidi come elemento di coesione all’interno delle diverse comunità. Essi cercarono quindi di disinnescare il potenziale pericolo, soprattutto vietando i sacrifici umani, che avevano un ruolo non trascurabile all’interno della religiosità celtica.
I Druidi gradualmente vennero privati del loro prestigio e della loro autorità e, sotto l’imperatore Claudio (41-54 d.C.), furono anche perseguitati.
Nel 78 d.C. furono definitivamente cancellati, con la distruzione di Mona, in Britannia, ultima roccaforte del mondo celtico e luogo simbolico in cui i Druidi si recavano a perfezionare la loro educazione.                                       
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domenica 14 giugno 2020

I CELTI (Galli e Galati).

I Celti, chiamati Galli dai Romani e Galati dai Greci, erano un insieme di popoli, che verso il 2000 a.C. si mossero dalla Germania meridionale tra il Reno e il Danubio per penetrare in Gallia (corrispondente ai territori attuali di Francia e Belgio) e in Inghilterra.
A partire dal VI secolo a.C., i Celti si mossero in più direzioni: verso Occidente, fino  in Spagna (nella Galizia che ne ricorda il nome) dove si fusero con le tribù locali degli Iberi, dando origine ai Celtiberi; verso Oriente, nei Balcani e in Asia Minore; verso Sud, in Italia, giunsero tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C. e si stanziarono in Piemonte, Lombardia, Emilia e Marche.
Dei Celti hanno raccontato Cesare, Erodoto, Livio, Polibio, Tacito ed altri.
Il De bello gallico di Cesare è senz'altro un documento di fondamentale importanza per la conoscenza del mondo celtico. Unita alle testimonianze archeologiche e a fonti letterarie più tarde, quest’opera consente di ricostruire gli aspetti principali della cultura celtica. Secondo la terminologia di Cesare, gli insediamenti dei Celti si distinguevano in oppida (città), vici (villaggi) ed aedificia privata (singole fattorie). 
Questa classificazione è stata confermata dalle indagini archeologiche.
Gli oppida erano centri amministrativi, luoghi di mercato, sedi di santuari. Gli abitanti vi svolgevano anche attività artigianale, la cui alta qualità è attestata da numerosi ritrovamenti di attrezzi agricoli, armi, stoviglie di metallo, legno e ceramica, finimenti di cavalli e di carri, gioielli, bilance. 
Questa produzione non serviva soltanto al fabbisogno locale e alimentava un commercio a largo raggio che si svolgeva via terra e lungo i fiumi.
L’economia di scambio si basava anche sull'uso della moneta. I primi a introdurre monete nel mondo celtico erano stati i numerosi mercenari che avevano militato negli eserciti ellenistici. Le prime monete celtiche sono appunto imitazioni di esemplari ellenistici. Successivamente si sviluppò una monetazione originale, della quale sono rimasti numerosi esemplari d’oro e d’argento. 
Le città erano divise in quartieri e avevano strade e piazze ben allineate. Spesso le città avevano un’acropoli fortificata che occupava il luogo più alto ed era la sede dei governanti.
L’agricoltura celtica si basava soprattutto sui cereali e sugli ortaggi. La viticoltura fu introdotta dai Romani ed ebbe nei secoli successivi uno straordinario sviluppo.
L’allevamento era una risorsa molto importante. Le specie maggiormente diffuse erano i suini, allevati per la carne, i bovini, impiegati soprattutto per il traino e per la produzione del latte, gli ovini, gli equini, il pollame. 
In tutte le comunità celtiche, il potere politico era nelle mani di coloro che Cesare chiama i prìncipi, quello religioso nelle mani dei druidi 
Al di sotto di queste due categorie sociali c’erano gli uomini liberi, ossia quanti si guadagnavano da vivere lavorando e che spesso possedevano terre e bestiame, e gli schiavi, per lo più prigionieri di guerra, privi di qualsiasi diritto e impiegati in lavori pesanti e umili. 
I prìncipi erano nobili guerrieri, che non svolgevano nessuna attività lavorativa; eleggevano dai loro ranghi un magistrato che per un intero anno deteneva il governo della città, coadiuvato da un consiglio di anziani.
I Druidi godevano di privilegi importanti. Unici intermediari tra il mondo degli dèi e quello degli uomini, celebravano i riti, compivano i sacrifici (anche umani), interpretavano i presagi.
La loro formazione durava molto a lungo: essi dovevano infatti dedicare una ventina d’anni all'apprendimento mnemonico dei testi sacri, che la religione celtica vietava di riprodurre in forma scritta. Proprio per questo le conoscenze della religione celtica sono molto ridotte. La testimonianza più diretta dell’universo spirituale dei Celti proviene dalle loro opere d’arte. 
Purtroppo però si tratta soltanto di immagini anonime, perché, a differenza dei Greci, degli Etruschi e dei Romani, i Celti non utilizzavano la scrittura per identificare le divinità rappresentate.
Come tutte le religioni politeistiche dell’antichità, anche quella celtica era un insieme composito di divinità derivate dalle antiche tradizioni o provenienti da altre culture. Le divinità principali erano Lugh, «il Luminso», che amava il giavellotto e la fionda; Taranis, il dio del fulmine, che i Romani assimilavano a Giove; Esus, «il Buono», seconda divinità per importanza del pantheon celtico; Teutates, il dio della guerra. 
Il disegno riproduce una tipica abitazione celtica risalente al 300 a.C. circa: una capanna rotonda costituita da una struttura di legno sormontata da un tetto conico in paglia. Le pareti erano formate da una cannicciata ricoperta su entrambi i lati da uno strato di argilla e gesso. All'interno dell’abitazione le donne svolgevano le loro mansioni. C’era il telaio verticale per tessere; per cucinare, le donne disponevano sia del fuoco, che serviva anche per riscaldare l’ambiente, sia di un forno a cupola di argilla. Nonostante la sua semplicità, questo tipo di abitazione era particolarmente robusto, tanto da resistere ai rigidi climi invernali del Nord Europa.  

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venerdì 12 giugno 2020

I SUMERI: chi erano? ma soprattutto...da dove venivano?

Ziggurat Sumerica
I SUMERI

La Civiltà dei Sumeri o civiltà sumerica (anche se i più li conoscono come Sumeri) è una civiltà antica che si è sviluppata nell’area della Mesopotamia intorno al 4500 a.C.
Insieme alla civiltà dell’Antico Egitto è una delle prime civiltà umane di cui siamo a conoscenza.

LE 6 DOMANDE CHIAVE PER TENTARE DI CAPIRE L’ARGOMENTO
  • Chi: Civiltà dei Sumeri (o Sumeri).
  • Cosa: una delle più antiche civiltà umane di cui abbiamo notizia.
  • Come: ancora non si è trovata una spiegazione credibile sulla loro origine.
  • Dove: la loro civiltà si sviluppò in Mesopotamia, l’area fertile compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate.
  • Quando: dal 4500 a.C.
  • Perché: i fiumi garantivano l’acqua necessaria per le irrigazioni e un suolo fertile da coltivare; inoltre, facilitavano gli scambi e i trasporti di merci.
BREVE STORIA DEI SUMERI
Gli storici non sono sicuri di come i Sumeri arrivarono nell’area della Mesopotamia. Ad ogni modo, le prime tracce della città-stato di Uruk risalgono al 3500 a.C.
Rispetto all'Antico Egitto, i Sumeri non hanno mai avuto un vero e proprio stato organizzato: tutti i territori sotto il loro controllo erano organizzati in città-stato indipendenti. Ogni città-stato controllava un centro abitato e tutte le terre circostanti, oltre al tratto di fiume e ai canali nelle vicinanze.
Dal 4500 a.C. al 3500 a.C. sappiamo che i Sumeri si dedicarono a costruire le prime città stato, utilizzando mattoni di argilla essiccata al sole e canne.
Dal 3500 a.C. al 2900 a.C. le città si dotarono di mura ed ebbero una crescita notevole. In questo periodo le città-stato intrecciarono rapporti commerciali e vi furono le prime lotte tra loro. 
La città-stato predominante era Uruk.
Dal 2900 a.C. al 2000 a.C. vi fu un progressivo declino della civiltà sumerica: le città-stato erano in perenne lotta tra loro e vi furono diverse invasioni di popolazioni esterne, oltre a periodi di carestia. Infine, con l’ascesa dei Babilonesi guidati dal re Hammurabi i Sumeri scomparvero definitivamente, venendo inglobati dalla nascente civiltà babilonese.

L’IMPORTANZA DEL TIGRI E DELL’EUFRATE
Mentre il Nilo garantiva agli Egizi inondazioni periodiche e costanti, e riforniva le terre di limo, il Tigri e l’Eufrate invece erano soggetti a piene improvvise. Questo costrinse i sumeri a costruire argini e canali  per poter sfruttare i fiumi senza subirne i danni.
L’agricoltura era l’attività fondamentale alla base della civiltà sumerica: i sumeri furono eccellenti agricoltori, che introdussero l’uso dell’aratro e dei canali di irrigazione per aumentare al massimo la superficie coltivabile.
I campi dei sumeri producevano prevalentemente orzo, legumi, cereali, cipolle, aglio e datteri. Questi alimenti formavano anche la base dell’alimentazione della civiltà sumerica.

LA SOCIETÀ DEI SUMERI
Le città-stato sumere erano governate in origine da un Re-sacerdote. In seguito, Re e sacerdote divennero due figure distinte.

Le città-stato erano popolate da tre classi sociali e dagli schiavi:
  • la classe alta, composta dai Re, dai nobili e dai sacerdoti,
  • la classe media, composta dai soldati, dagli artigiani e dai commercianti, che godevano di un certo benessere,
  • la classe bassa, formata dai contadini, che vivevano in condizioni molto modeste,
- Gli schiavi, prigionieri di guerra non godevano di alcun diritto ed erano destinati ai lavori più duri. 

CLASSE ALTA
La classe alta, composta dai nobili e dai sacerdoti, possedeva le terre e non pagava alcuna tassa. Il Re della città-stato veniva eletto tra i membri delle famiglie nobili.
I membri della classe alta, pur non pagando tasse, offrivano doni al Re per ottenere il suo favore.

CLASSE MEDIA
La classe media era composta da tutti coloro che si dedicavano al commercio, oltre che dagli artigiani. Fu proprio il commercio a garantire ricchezza e prosperità ai sumeri per quasi 2000 anni: le città-stato infatti scambiavano numerose merci tra loro e con le popolazioni circostanti.
La classe media pagava alla città-stato delle tasse; inoltre, si impegnava nelle opere pubbliche come la costruzione di templi e canali. In cambio, riceveva dalla città-stato cibo e provviste.

CLASSE BASSA
Pastori e contadini erano la base della civiltà sumerica: vivevano in condizioni molto modeste e non possedevano alcuna terra; lavoravano invece quella dei nobili, in cambio di un modesto salario. Queste persone non avevano peso politico all’interno della città-stato.

“La Mesopotamia”.
Mesopotamia è un termine che viene dal greco e significa “Terra tra i fiumi”. Indica la zona fertile situata   fra il Tigri e l’Eufrate e corrisponde ai territori oggi occupati dalla Siria e dall'Iran.
La civiltà dei Sumeri non aveva una capitale; era composta invece da numerose città-stato indipendenti tra loro; queste, erano spesso in guerra tra loro per la supremazia politica ed economica. 
Tra le città stato più grandi costruite dai sumeri troviamo Uruk, Ninive, Eridu e Lagash.

Invenzioni dei Sumeri.
Ai Sumeri dobbiamo l’invenzione della ruota: scoperta già nel neolitico, la ruota era però utilizzata unicamente per modellare oggetti in argilla e terracotta. Furono i sumeri ad applicare la ruota ai carri e ad utilizzarla per i trasporti. Nel campo dell’agricoltura, inventarono l’aratro a trazione animale, oltre all’uso di canali per l’irrigazione. I sumeri, inoltre, inventarono la scrittura cuneiforme, il primo esempio di scrittura codificata di cui abbiamo notizia.
Infine, furono ottimi matematici e astronomi; a loro dobbiamo il calcolo del tempo su base sessagesimale (e non in base 10 come le altre nostre misure).

Ziggurat dei sumeri.
La ziggurat (o ziqqurat) era un tempio imponente di forma piramidale, costruito utilizzando mattoni argillosi. Sulla sommità della ziggurat si trovava il tempio, riservato ai sacrifici agli dei e alle osservazioni astronomiche. Alla base, invece, erano collocati grandi magazzini in cui si collocavano le riserve di cibo. 
Ogni città-stato dei sumeri aveva una propria Ziggurat. 
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                                    Giancarlo Bertollini

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giovedì 11 giugno 2020

Iniziano una serie di semplici articoli o meglio appunti sulla Storia, partendo dalle Civiltà Scomparse ?

ANTICHI EGIZI, ROMANI, MAYA E AZTECHI: PERCHÉ SONO SCOMPARSI ?


Statue Moai a Ahu Nau Nau sull'Isola di Pasqua, Cile

Cnosso, civiltà micenea,
è il più importante sito archeologico dell'età del bronzo di Creta.

Sfinge e piramide di Giza, Cairo, Egitto

Teatro etrusco a Volterra, Toscana, Italia


Che fine hanno fatto gli antichi Egizi? E i Romani?
Perché non ci sono più i Maya o gli Aztechi
e che cosa fa scomparire le civiltà, grandi o piccole, 
che l'uomo ha creato?
Se vi siete mai posti una domanda di questo genere, sappiate che avete toccato uno dei punti più difficili del lavoro degli storici. Capire perché nascano le civiltà è complicato, ma riuscire a comprendere perché crollino lo è ancora di più.
A volte succede all'improvviso e a volte è una cosa che avviene addirittura in centinaia di anni. 

La crescita delle civiltà.
In effetti “qualcuno ha pensato che le civiltà seguano un ciclo uguale per tutte, che le porta a un periodo di crescita, fino al massimo della fioritura e poi al crollo e alla scomparsa. Ma è una visione un po' troppo meccanica”, racconta Luca Castellin (che ha letto molte cose su questo argomento e le insegna all'Università Cattolica di Milano). Allora un grande storico inglese che si chiamava Toynbee ha scritto una storia delle civiltà in dieci volumi per cercare di spiegare che “le civiltà progrediscono finché sanno rispondere alle sfide che si trovano davanti e che possono essere molto diverse: dei nemici, oppure il clima, un ambiente difficile o favorevole. Quando invece non sono più capaci di trovare buone risposte, cominciano a sfiorire”, dice sempre il nostro storico. 

Che cosa successe agli Egizi?
Un'idea che sembra adatta a spiegare, per esempio, quello che accadde alla civiltà egizia, che impiegò un tempo lunghissimo a dissolversi. Molte volte nella sua storia sembrava che fosse finita e poi risorgeva e poteva sembrare destinata a non finire mai. Invece a un certo punto un re persiano che si chiamava Cambise invase il Paese senza fare nemmeno troppa fatica e lo trasformò in una provincia del suo impero, perché la civiltà egizia era ormai esaurita, come un'auto senza più benzina. Anche se nessuno sa spiegare davvero quale fosse la benzina. 

Gli Egizi: risorti tante volte.
Il bello della storia dell'Antico Egitto è che non si riesce mai a saperla tutta. Ci sono così tante dinastie e così tanti periodi diversi che sembra impossibile di avere a che fare con una sola civiltà. Da Cheope, che costruì la prima piramide di el-Giza, a Ramsete II passano ben 1200 anni, come da Carlo Magno a noi! L'Antico Egitto si divise molte volte, attraversò periodi di decadenza e di rinascita, fu invaso da popoli misteriosi come gli Hycsos e si riprese sempre e durò più di 2500 anni. Dopo le lotte con i Popoli del mare, alla fine dell'Età del Bronzo, divenne però sempre più debole. Quando venne conquistato dai Persiani, poi da Alessandro Magno e infine dai Romani la sua civiltà era già pronta per finire al museo. 

Le civiltà finiscono davvero?
Ma si può almeno trovare il momento in cui succede che una civiltà finisca? In qualche caso sì. Si può dire che il 13 agosto del 1521, quando i conquistadores spagnoli guidati da Hernán Cortés diedero alle fiamme la città di Tenochtitlán, capitale dell'impero Azteco, fu il giorno che segnò la fine della civiltà azteca. Nel giro di appena due anni da quando Cortéz era sbarcato sulle coste del Messico, il regno del famoso Moctezuma (o Montezuma) era scomparso. “Questo degli Aztechi, come quello degli Inca, è un caso eclatante, ma piuttosto raro”, sostiene Enrica Salvatori, che la storia la insegna all'Università di Pisa. “Le civiltà scompaiono in moltissimi modi diversi, spesso trasformandosi e lasciando tracce nelle civiltà successive”, aggiunge". E Castellin conferma: “Ogni civiltà non è mai sola nel mondo e si incontra e scontra con le altre e continuamente ci sono pezzi di una che passano a un'altra”. Pensate agli Etruschi, che persero le battaglie contro i Romani e apparentemente furono sconfitti. Però avevano una civiltà così bella e raffinata che molte delle cose che facevano sono diventate parte della civiltà romana. Persino la corona d'oro dei re, quella che disegniamo ancora oggi, l'hanno inventata loro!

Isola di Pasqua. La stupidità umana.
L'Isola di Pasqua, sperduta nell'oceano Pacifico, era una immensa foresta di palme quando ci arrivarono   i primi abitanti. Vivevano bene, erano sempre di più e così cominciarono a tagliare le piante, per avere terreni da coltivare e tronchi su cui far rotolare le grandi statue che intagliavano nella pietra, i Moai.
Solo che a forza di tagliare alberi, l'isola divenne arida e brulla e la popolazione si ridusse quasi alla fame: a quanto pare per sopravvivere si cibarono dei topi. Sarebbe stato decisamente meglio pensarci prima.

I conquistadores.
Ma torniamo nell'America del 1500. I suoi regni e le sue civiltà finirono così in fretta perché i conquistadores non solo erano spesso spietati (e Cortéz lo era forse più di tutti gli altri!), ma avevano anche i cavalli, avevano armi più moderne e conoscevano la polvere da sparo e nessuna delle popolazioni che incontrarono riuscì a resistere a una superiorità tecnologica così schiacciante. Senza contare che dall'Europa arrivarono pure malattie che quei popoli non avevano mai visto e che fecero strage anche senza bisogno delle armi.
Dunque la tecnologia è importante per decidere la vittoria e la sconfitta. Basta pensare a come, nell'antichità, gli Ittiti sbaragliassero i nemici solo grazie ai loro carri da guerra più agili e con tre posti anziché due. Ma non basta. E molti casi lo dimostrano.

Gli Etruschi assorbiti dai Romani.
Se pensate che gli Etruschi fossero toscani, vi sbagliate. Gli Etruschi sono un enigma e non si sa come siano capitati in Italia. Forse arrivarono attraverso il mare dall'Asia Minore. Di certo si stabilirono un po' ovunque, dalla Campania all'Emilia Romagna e al Veneto. Anche Roma è stata etrusca per un certo periodo. Poi però i romani decisero di cacciare il re etrusco, Tarquinio, dalla loro città. E alla fine si misero a combatterli e li sconfissero sempre. Così gli Etruschi si misero a parlare latino e smisero di avere un proprio re in ogni città, ma continuarono ancora a lungo a costruire tombe sotterranee, gioielli e tante altre cose di classe. Scomparvero, ma senza mai sparire davvero.

Greci contro i Persiani.
Pensate a ciò che successe ai Greci contro i Persiani: i Greci erano molti di meno e meno organizzati, ma così determinati che riuscirono a sconfiggere i nemici per ben due volte e così diedero inizio a un periodo di splendore, coltivando il teatro, la filosofia e inventando la democrazia, costruendo i templi e portando la loro cultura in giro per il Mediterraneo e anche in Italia. Poi però, a forza di farsi la guerra le une con le altre, le città greche finirono male e Alessandro Magno non fece quasi nessuna fatica a sconfiggerle. Un po' come successe all'Egitto contro Cambise.

Le cause del crollo? Più di una.
Di solito, quando uno storico studia una civiltà, trova molti motivi che l'hanno indebolita e però ne sceglie uno come principale. Per il crollo della civiltà Romana, per esempio, c'è chi pensa che abbiano contato di più i barbari e chi il Cristianesimo, qualcuno pensa che l'impero fosse troppo grande e qualcuno che a un certo punto, come si dice, gli Antichi Romani non fossero più quelli di una volta. Ma anche il cambiamento del clima può essere un nemico assai pericoloso. E a volte, come accadde agli abitanti dell'Isola di Pasqua (vedi il box), una civiltà può persino essere causa della propria rovina senza saperlo.

La civiltà minoica Mistero fitto!

Uno dei più grandi misteri della storia è la fine dell'Età del Bronzo, attorno al 1200 avanti Cristo. All'improvviso scompare la civiltà minoica di Creta: i suoi splendidi palazzi vengono abbandonati. Molti storici pensano che sia stato per colpa di uno tsunami provocato dall'esplosione del vulcano di Santorini, un'isola greca che si trova di fronte a Creta, avvenuta proprio in quel periodo. Ma la cosa strana è che quasi contemporaneamente crollarono altre civiltà e imperi: in Turchia quello Ittita, in Mesopotamia, in Siria, e persino l'Egitto cominciò a indebolirsi. C'è chi dà la colpa ai misteriosi popoli del mare, che sbarcarono un po' ovunque ma non si sa bene chi fossero. Chi pensa che c'entri un cambiamento del clima che fece scarseggiare il cibo. Chi dice che fu colpa dei terremoti. Gli archeologi continuano a indagare, ma il mistero rimane. 
                                                                       Brevi ricerche 
                                                                       di Giancarlo Bertollini

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venerdì 3 gennaio 2020

Si sa che gli italiani hanno un rapporto del tutto speciale con il caffè. La conferma è data anche dalle invenzioni italiane in questo campo, dalla moka alla macchina del caffè espresso.

Fu Angelo Moriondo, un imprenditore torinese vissuto a cavallo tra ottocento e novecento, a inventare la prima macchina automatica per fare una bevanda il cui nome si sarebbe poi diffuso dall’Italia al resto del mondo: il caffè espresso.
Progetto della prima macchina del caffè espresso di A. Moriondo. Fonte: Wikipedia
Moriondo gestiva diversi alberghi e ristoranti nella bellissima ed elegante Torino, e fu proprio quest’attività a fargli venire l’idea di realizzare un apparecchio meccanico che gli permettesse si servire alla clientela dei propri bar un caffè istantaneo, per limitare i tempi di attesa e servire più clienti nello stesso momento.

La macchina del caffè espresso venne realizzata in collaborazione con il meccanico Martina, e venne ufficialmente presentata per la prima volta all'Expo Generale di Torino del 1884.

Il primo brevetto fu registrato il 16 maggio 1884,  con la denominazione “Nuovi apparecchi a vapore per la confezione economica ed istantanea del caffè in bevanda. Sistema A. Moriondo”.

L’innovativo sistema  del Moriondo permetteva di ottenere, tramite un complesso apparato di serpentine, una fuoriuscita di acqua bollente a forte pressione che, attraversando di getto il contenitore con la polvere di caffè, faceva uscire la bevanda molto velocemente.

Oltre ad avere tempi di preparazione ridottissimi, il nuovo caffè espresso aveva anche la caratteristica di essere altamente concentrato e quindi dal gusto forte e dall'aroma deciso.

Moriondo non sfruttò mai industrialmente questa straordinaria invenzione italiana, e si limitò a utilizzare i prototipi artigianali delle sue macchine da caffè nei bar dei suoi alberghi.

Successivamente fu Luigi Bezzera a brevettare dei miglioramenti apportati al progetto originale, per poi cederne i diritti a Desiderio Pavoni, che inaugurò nel 1905 la prima produzione in serie di macchine da caffè espresso, in una piccola officina di Milano.

Quando Pier Teresio Arduino fondò nel capoluogo piemontese la storica ditta “Victoria Arduino”, il brevetto tornò a Torino, e da lì inizio a diffondersi in tutto il mondo, grazie a un nuovo ciclo di produzione industriale delle macchine automatiche per il caffè su ampia scala. (Oggi Nuova Simonelli)

Achille Gaggia, titolare dell’omonima azienda, introdusse un ulteriore miglioramento nel 1947, ovvero il cosiddetto gruppo a leva, grazie al quale oggi le macchine da espresso sono in grado di produrre quella deliziosa cremina che tanto apprezziamo nei nostri caffè al bar. (Oggi Gruppo SAECO)

Fonte: Italia Culturale

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