Quadro normativo, atto costitutivo, conferimento e aspetti base della società a responsabilità limitata semplificata: la guida dei Commercialisti.
La società a responsabilità limitata semplificata (Srls) è una valida opzione per avviare un’impresa: la normativa di riferimento è mutata nel tempo, con ultimo aggiornamento il Dl 76/2013 convertito con modificazioni nella legge 99/2013, introducendo anche due nuovi commi (4 e 5) all’art. 2463 c.c.. Per fare chiarezza, è intervenuta la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, mettendone in luce aspetti fondamentali e quadro legislativo vigente.
=> Aprile una Srl semplificata: nuovi requisiti e costi.
Varianti Srl
Srl ordinaria a capitale minimo 10.000 euro e, salvo diversa previsione dell’atto costitutivo, conferimento in denaro con almeno il 25% (oltre al sovrapprezzo) versato in caso di costituzione.
Srls con capitale tra 1 e 9.999 euro, conferimenti esclusivamente in denaro versati per intero alla costituzione e clausole inderogabili dal modello standard tipizzato.
Srl a capitale minimo, che è a tutti gli effetti una Srl tradizionale ma costituibile con capitale tra 1 e 10.000 euro, con conferimenti in denaro versati al momento della costituzione.
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mercoledì
QUESTO VIDEO FA PENSARE !
...chi mi conosce sa bene che non sono un bigotto ma questo video mi ha fatto pensare . Che cosa ? ...probabilmente la stessa cosa che farà pensare te ...buon ascolto ...
Posted by Pino Ferri on Martedì 8 dicembre 2015
martedì
LA PAGLIUZZA E LA TRAVE ! Dedicato a chi, con IPOCRISIA punta il dito mentre gestisce affari poco puliti, a chi lavora nel sottobosco per ottenere appalti e lavori, a chi "gonfia" le fatture per accontentare qualcuno, a chi se ne frega degli obiettivi sani e comuni ma pensa solo ai propri, diffondendo il male nella Comunità.
Parole di Luce.
"Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?"
(Luca 6,41)
Quanto tempo perdiamo nel fermarci a guardare i difetti degli altri, giudicare i loro errori e poi non ci accorgiamo delle nostre troppe povertà e della tua infinita misericordia nei nostri confronti. Liberaci Signore dal virus mortale del giudizio e donaci un cuore umile che sappia cercare sempre la luce della tua verità per riconoscere che noi siamo niente, tu sei tutto, senza di te non possiamo fare niente.
«Un discepolo si era macchiato di una grave colpa. Tutti gli altri reagirono con durezza condannandolo. Il maestro, invece, taceva e non reagiva. Uno dei discepoli non seppe trattenersi e sbottò: “Non si può far finta di niente dopo quello che è accaduto! Dio ci ha dato gli occhi!” Il maestro, allora, replicò: “Sì, è vero, ma ci ha dato anche le palpebre!”». Siamo partiti da lontano, con questo apologo indiano, per commentare una delle frasi più celebri del Vangelo, dedicata alla falsa correzione fraterna.
Sappiamo, infatti, che lo stesso Gesù suggerisce di «ammonire il fratello se commette una colpa contro di te» (si legga il paragrafo di Matteo 18,15-18). Ma è inesorabile contro gli ipocriti che correggono il prossimo per esaltare sé stessi e, anche in questo caso, è difficile trovare una più incisiva lezione rispetto a quella che ci è offerta dalla parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18,9-14). In tutti gli ambienti, anche in quelli ecclesiali, ci imbattiamo in questi occhiuti e farisaici censori del prossimo, ai quali non sfugge la benché minima pagliuzza altrui, sdegnati forse perché la Chiesa è troppo misericordiosa e, a loro modo di vedere, troppo corriva.
Si ergono altezzosi, convinti di essere investiti da Dio di una missione, consacrati al servizio della verità e della giustizia. In realtà, essi si crogiolano nel gusto sottilmente perverso di sparlare degli altri e si guardano bene dall'esaminare con lo stesso rigore la loro coscienza, inebriati come sono del loro compito di giudici. Ecco, allora, l’accusa netta di Gesù: guarda piuttosto alla trave che ti acceca! «Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello» (6,42). E poche righe prima, in questo che gli studiosi hanno denominato il “Discorso della pianura” (parallelo al “Discorso della montagna” di Matteo), egli aveva ammonito: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati!» (6,37).
Purtroppo, dobbiamo tutti confessare che questo piacere perverso di spalancare gli occhi sulle colpe del prossimo è una tentazione insuperabile che ci lambisce spesso. Quel racconto indiano che abbiamo citato in apertura è accompagnato da un paio di versi di un celebre e sterminato poema epico indiano, il Mahabharata, che affermano: «L’uomo giusto si addolora nel biasimare gli errori altrui, il malvagio invece ne gode». Bisogna riconoscere – come ribadiva l’umanista mantovano Baldesar Castiglione (1478-1529) nel suo trattato Il Cortegiano - che «tutti di natura siamo pronti più a biasimare gli errori che a laudar le cose bene fatte». Ritorniamo, comunque, a quel discorso di Gesù proposto dal Vangelo di Luca e riprendiamo un’altra frase che sia da suggello a questa nostra riflessione sull’ipocrisia: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso» (6,36).
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"Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?"
(Luca 6,41)
Quanto tempo perdiamo nel fermarci a guardare i difetti degli altri, giudicare i loro errori e poi non ci accorgiamo delle nostre troppe povertà e della tua infinita misericordia nei nostri confronti. Liberaci Signore dal virus mortale del giudizio e donaci un cuore umile che sappia cercare sempre la luce della tua verità per riconoscere che noi siamo niente, tu sei tutto, senza di te non possiamo fare niente.
![]() |
Un fariseo, miniatura. Londra, British Library |
«Un discepolo si era macchiato di una grave colpa. Tutti gli altri reagirono con durezza condannandolo. Il maestro, invece, taceva e non reagiva. Uno dei discepoli non seppe trattenersi e sbottò: “Non si può far finta di niente dopo quello che è accaduto! Dio ci ha dato gli occhi!” Il maestro, allora, replicò: “Sì, è vero, ma ci ha dato anche le palpebre!”». Siamo partiti da lontano, con questo apologo indiano, per commentare una delle frasi più celebri del Vangelo, dedicata alla falsa correzione fraterna.
Sappiamo, infatti, che lo stesso Gesù suggerisce di «ammonire il fratello se commette una colpa contro di te» (si legga il paragrafo di Matteo 18,15-18). Ma è inesorabile contro gli ipocriti che correggono il prossimo per esaltare sé stessi e, anche in questo caso, è difficile trovare una più incisiva lezione rispetto a quella che ci è offerta dalla parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18,9-14). In tutti gli ambienti, anche in quelli ecclesiali, ci imbattiamo in questi occhiuti e farisaici censori del prossimo, ai quali non sfugge la benché minima pagliuzza altrui, sdegnati forse perché la Chiesa è troppo misericordiosa e, a loro modo di vedere, troppo corriva.
Si ergono altezzosi, convinti di essere investiti da Dio di una missione, consacrati al servizio della verità e della giustizia. In realtà, essi si crogiolano nel gusto sottilmente perverso di sparlare degli altri e si guardano bene dall'esaminare con lo stesso rigore la loro coscienza, inebriati come sono del loro compito di giudici. Ecco, allora, l’accusa netta di Gesù: guarda piuttosto alla trave che ti acceca! «Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello» (6,42). E poche righe prima, in questo che gli studiosi hanno denominato il “Discorso della pianura” (parallelo al “Discorso della montagna” di Matteo), egli aveva ammonito: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati!» (6,37).
Purtroppo, dobbiamo tutti confessare che questo piacere perverso di spalancare gli occhi sulle colpe del prossimo è una tentazione insuperabile che ci lambisce spesso. Quel racconto indiano che abbiamo citato in apertura è accompagnato da un paio di versi di un celebre e sterminato poema epico indiano, il Mahabharata, che affermano: «L’uomo giusto si addolora nel biasimare gli errori altrui, il malvagio invece ne gode». Bisogna riconoscere – come ribadiva l’umanista mantovano Baldesar Castiglione (1478-1529) nel suo trattato Il Cortegiano - che «tutti di natura siamo pronti più a biasimare gli errori che a laudar le cose bene fatte». Ritorniamo, comunque, a quel discorso di Gesù proposto dal Vangelo di Luca e riprendiamo un’altra frase che sia da suggello a questa nostra riflessione sull’ipocrisia: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso» (6,36).
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