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domenica 29 marzo 2015

ATTENZIONE ! (VIDEO CON IMMAGINI-SHOCK) Uomo mangia Sushi si ritrova completamente invaso dai VERMI.


L’anisakidosi, o malattia del “verme delle aringhe”, è un disturbo causato dall’anisakis, ossia nematodi (vermi) parassiti che si annidano nelle pareti dello stomaco. Il modo migliore per prevenirlo è cercare di non mangiare pesce crudo o poco cotto.

L’anisakidosi è diffusa soprattutto nelle zone dove si mangia abitualmente il pesce crudo, ad esempio in Giappone, tuttavia, da quando mangiare il sushi è diventato una moda, sono stati riferiti casi negli Stati Uniti, in Europa, nel Sud-America e in altre zone.

Chiunque mangi pesce o calamari crudi o poco cotti 
è in realtà a rischio. 

Introduzione

L’anisakidosi, o malattia del “verme delle aringhe”, è un disturbo causato dall’anisakis, ossia nematodi (vermi) parassiti che si annidano nelle pareti dello stomaco. Il modo migliore per prevenirlo è cercare di non mangiare pesce crudo o poco cotto.

L’anisakidosi è diffusa soprattutto nelle zone dove si mangia abitualmente il pesce crudo, ad esempio in Giappone, tuttavia, da quando mangiare il sushi è diventato una moda, sono stati riferiti casi negli Stati Uniti, in Europa, nel Sud-America e in altre zone.

Cause

L’anisakis non può essere trasmesso tra gli esseri umani.
Anisakidosi, ciclo vitale

Alcuni mammiferi marini infetti (ad esempio le balene, i delfini o i leoni marini) defecano nel mare rilasciando le uova del parassita, che diventeranno larve; quest’ultime sono ingerite dai calamari, a loro volta preda dei pesci.

Esistono prove a sostegno del fatto che, se il pesce non viene eviscerato subito dopo essere stato pescato, le larve si possono spostare dall’apparato digerente alla carne. I cicli vitali di tutti i generi di anisakis connessi alle infezioni degli esseri umani sono simili.

I parassiti vengono rinvenuti di frequente nelle carni del merluzzo, dei pesci simili al merluzzo, della passera di mare, del salmone del Pacifico, delle aringhe e della rana pescatrice.

Quando l’uomo mangia pesci, o calamari crudi o poco cotti (il pesce e i crostacei sono le principali fonti di contagio), ingerisce anche le larve dei nematodi; penetrate all’interno dell’organismo le larve invadono l’apparato digerente.

Con le appendici anteriori, le larve dei nematodi presenti nel pesce o nei crostacei si incistano nella parete dell’apparato digerente, a livello della tonaca muscolare (in alcuni casi possono penetrare più in profondità nella parete intestinale, perforarla e raggiungere il resto dell’organismo).
Le larve producono una sostanza che attrae nella zona gli eosinofili e gli altri globuli bianchi dell’ospite. Le cellule ospiti infiltrate formano un granuloma nei tessuti che circondano il parassita. All’interno dell’apparato digerente, il nematode può staccarsi e riattaccarsi più volte alle pareti. Il parassita raramente giunge a maturazione negli esseri umani: di norma viene eliminato spontaneamente entro tre settimane dall’infezione. Se rimane all’interno dei tessuti, finisce per essere rimosso e fagocitato dalle difese immunitarie dell’ospite.

Alla fine quindi muoiono, lasciando una massa infiammata nell’esofago, nello stomaco o nell’intestino.

Alcune persone, dopo o durante l’ingestione di pesce crudo o poco cotto, avvertono una sensazione di prurito in gola: si tratta del verme che si muove nella bocca o nella gola.In questi casi è possibile estrarlo dalla bocca oppure espellerlo tossendo e prevenire così l’infezione.

Altri, invece, avvertono anche lo stimolo a vomitare e riescono così ad espellere il parassita dall’organismo.

Sintomi

Tra i sintomi dell’anisakidosi ricordiamo:

dolore addominale,
nausea,
vomito,
distensione addominale,
diarrea,
sangue e muco nelle feci,
febbre lieve.
Nei casi più gravi il paziente soffre di forte mal di pancia, molto simile a quello dell’appendicite acuta, accompagnato da una sensazione di nausea.

Entro alcune ore dall’ingestione delle larve infette è possibile avvertire un forte dolore addominale, nausea e vomito e solo in alcuni casi le larve vengono espulse col vomito. Se invece arrivano nell’intestino si ha una grave reazione immunitaria granulomatosa, da una a due settimane dopo l’infezione: i sintomi sono simili a quelli del morbo di Crohn.

I sintomi possono manifestarsi da un’ora a due settimane dopo l’ingestione di pesce (o molluschi crudi o poco cotti). Di solito, nei pazienti colpiti, viene rinvenuto un solo parassita.

Pericoli

Nei casi più gravi l’anisakiasi è molto dolorosa e può essere risolta solo con l’intervento chirurgico. La rimozione chirurgica dell’anisakis dalla lesione è l’unico metodo sicuro per alleviare il dolore e per eliminare la causa del disturbo, perché in generale non è consigliabile attendere che il parassita muoia.
I sintomi di solito continuano per un po’ dopo la morte del parassita, infatti, durante la rimozione chirurgica, si possono evidenziare lesioni che contengono solo i resti del parassita. È stato inoltre riferito, in seguito a un intervento esplorativo in laparotomia, un caso di stenosi pilorica (restringimento e indurimento del piloro, la valvola che separa lo stomaco dall’intestino) dovuto a un verme non rimosso.

Anche quando sono ben cotte le larve di Anisakis sono molto pericolose per gli esseri umani. Quando infettano il pesce, anisakidi (e le specie imparentate come il verme delle foche Pseudoterranova spp. e il verme del merluzzo Hysterothylacium aduncum) rilasciano diverse sostanze biochimiche nei tessuti circostanti. Spesso, inoltre, vengono ingerite intere, all’interno di un trancio di pesce. Si possono quindi verificare manifestazioni allergiche acute, ad esempio l’orticaria e lo shock anafilattico, accompagnate o meno dai sintomi gastrointestinali. La frequenza dei sintomi allergici connessi al consumo di pesce ha portato a ipotizzare l’esistenza dell’anisakiasi gastroallergica, una reazione allergica acuta mediata dalle IgE.

Nelle persone che lavorano nella catena di conservazione del pesce è stata riscontrata una forma di allergia occupazionale che provoca
asma,
congiuntivite,
dermatite da contatto.
Per i parassiti l’essere umano è l’ospite finale, le larve dell’Anisakis e dello Pseudoterranova non sono in grado di sopravvivere all’interno dell’apparato digerente umano ed alla fine muoiono.

È inoltre possibile che si verifichi la perforazione intestinale, che va affrontata tempestivamente, perché è una situazione di emergenza.

Diagnosi

Nel Nordamerica si arriva alla diagnosi di anisakidosi di norma quando il paziente avverte una sensazione di prurito o bruciore in gola e poi tossisce via o estrae dalla bocca il verme anisakis.

Nei casi in cui il paziente vomita o espelle il parassita tossendo, il disturbo può essere diagnosticato con un semplice esame visivo del nematode (l’Ascaris lumbricoides, il cosiddetto “verme” è un parente terrestre degli anisakis: anche gli anisakis possono risalire nella gola e nelle cavità nasali). Negli altri casi può essere necessario l’endoscopio, cioè un dispositivo a fibre ottiche che permette al medico di esaminare l’interno dello stomaco e la parte iniziale dell’intestino tenue. L’endoscopio è dotato, a un’estremità, di una piccola pinza meccanica che può essere usata per rimuovere il verme. Altri casi ancora sono diagnosticati individuando la lesione granulomatosa con un intervento in laparotomia. Per scoprire il parassita è stato messo a punto un test allergologico RAST, che però non è ancora in commercio.

In alternativa per diagnosticare il disturbo spesso ci si basa sulla storia del paziente, che riferisce di aver mangiato pesce o calamari crudi o non ben cotti. La conferma della diagnosi di norma avviene poi come detto per via endoscopica o radiografica, oppure ancora per via chirurgica se il verme si è già annidato nelle pareti dell’apparato digerente.

Cura e terapia

La terapia dell’anisakidosi consiste generalmente nella rimozione del parassita dall’organismo, mediante endoscopia o intervento chirurgico.

In alcuni casi invece l’infezione guarisce ricorrendo unicamente alla terapia sintomatica, mentre in altri casi, al contrario, può provocare una lieve ostruzione intestinale per la quale può essere necessario l’intervento.

Sono stati infine riportati casi di efficacia di una terapia non chirurgica a base di albendazolo.

Prevenzione

Per prevenire il disturbo è sufficiente evitare il pesce e i calamari crudi o poco cotti.

La Food and Drug Administration consiglia le seguenti modalità di preparazione e conservazione per uccidere i parassiti eventualmente presenti nel pescato:

Cottura (del pesce e dei molluschi).

Il pesce e molluschi vanno cotti bene, devono raggiungere una temperatura interna di almeno 63 °C.

Congelamento (pesce):

Ad almeno -20 °C per 7 giorni (in totale), oppure
Ad almeno -35 °C fino a solidificazione, poi conservazione ad almeno -35 °C per 15 ore
Ad almeno -35 °C fino a solidificazione poi conservazione ad almeno -20 °C per 24 ore.

Revisione scientifica e correzione a cura del Dr. Guido Cimurro (farmacista)
Le informazioni contenute in questo articolo non devono in alcun modo sostituire il rapporto dottore-paziente; si raccomanda al contrario di chiedere il parere del proprio medico prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata. 

www.studiostampa.com

domenica 3 ottobre 2010

Attenzione al Pesce Crudo DEVE ESSERE SEMPRE SURGELATO !

Il consumo di pesce crudo è una pratica non molto diffusa nella cultura italiana (i frutti di mare, abitualmente mangiati crudi dagli abitanti dell'Adriatico meridionale, non sono pesci ma molluschi), ma in forte crescita grazie al fatto che la cucina giapponese è sempre più di moda.

Mangiare pesce crudo comporta sicuramente un maggior rischio di intossicazioni e infezioni causate da batteri patogeni, oppure di infezioni da parte di parassiti. Tutti lo sanno, ma in pochi conoscono i reali rischi, con il risultato che, quando si consuma pesce crudo, si incrociano le dita e ci si affida sostanzialmente al caso.
Il pesce crudo può essere contaminato da diversi microrganismi che provocano infezioni o tossinfezioni, come Listeria, Escherichia coli, Salmonella, tutti batteri che provocano problemi gastrointestinali problema relativo non solo al pesce crudo, ma anche ad altri alimenti come carni, latte crudo e derivati. Raramente, e solo in soggetti particolarmente deboli come bambini e anziani, queste infezioni possono mettere in pericolo la vita.
Il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo si chiama Anisakis.
Che cos'è l'anisakis.
L'anisakis simplex è un nematode normalmente presente come parassita intestinale in numerosi mammiferi marini (delfini, foche, etc.) ed ospite intermedio, nel suo stadio larvale, di molti pesci tra cui tonno, salmone, sardina, acciuga, merluzzo, nasello e sgombro. L'anisakis è estremamente diffuso, poiché è presente in più dell'85% delle aringhe, nell'80% delle triglie e nel 70% dei merluzzi.
Questi nematodi migrano dalle viscere del pesce alle sue carni se, quando catturato, non viene prontamente eviscerato. Quando l'uomo mangia pesce infetto crudo, non completamente cotto o in salamoia, le larve possono impiantarsi sulla parete dell'apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon. Per difendersi dai succhi gastrici, attaccano le mucose con grande capacità perforante, determinando una parassitosi acuta o cronica. La parassitosi acuta da anisakis insorge già dopo poche ore dall'ingestione di pesce crudo e si manifesta con intenso dolore addominale, nausea e vomito.
Le forme croniche sono diverse, possono mimare svariate malattie infiammatorie e ulcerose del tratto intestinale oppure coinvolgere altri organi come fegato, milza, pancreas, vasi ematici e miocardio. Possibili anche reazioni allergiche fino allo shock anafilattico, a causa della sensibilizzazione alle proteine antigeniche termoresistenti del parassita.
La cura dell'anisakis richiede molto spesso l'intervento chirurgico, per asportare la parte dell'intestino invasa dai parassiti.
Come evitare l'anisakis.
Una circolare del ministero di sanità del 1992, ancora in vigore, obbliga chi somministra pesce crudo o in salamoia (il limone e l'aceto non hanno alcun effetto sul parassita) ad utilizzare pesce congelato o a sottoporre a congelamento preventivo il pesce fresco da somministrare crudo.
Infatti l'anisakis e le sue larve muoiono se sottoposti a 60 gradi di temperatura, oppure dopo 96 ore a -15° C, 60 ore a -20° C, 12 ore a –30° C, 9 ore a -40° C.
I pericoli maggiori provengono dai ristoranti e dal consumo casalingo. Purtroppo non tutti i ristoranti seguono queste indicazioni, poiché i casi sono in aumento e la causa è spesso da imputare ad alici marinate, evidentemente non sottoposte a congelamento preventivo.
Per evitare contaminazioni, consigliamo di seguire questi semplici consigli:
1) evitare il consumo di pesce crudo in ristoranti cinesi "travestiti" da giapponesi, che stanno proliferando in questi anni, a tal proposito consiglio di leggere questo articolo di Panorama;
2) evitare il consumo di alici marinate, se non preventivamente congelate (chiedere al gestore del ristorante);
3) nel consumo casalingo di pesce crudo, acquistarlo fresco e congelarlo per almeno 4-5 giorni nel congelatore a -18 gradi. Il pesce prontamente eviscerato (come il salmone di allevamento) è più sicuro di quello venduto con le viscere;
4) prestare particolare attenzione alle specie a rischio, come lo sgombro, le sardine, il tonno e il pesce azzurro in genere.

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