Pubblicata da http://www.governoberlusconi.it/ il giorno giovedì 18 novembre 2010 alle ore 10.15
Dopo anni di insinuazioni più o meno velate, di indagini della magistratura, più o meno politicizzata, di inchieste giornalistiche, più o meno faziose, piano piano, con grande fatica, stanno uscendo brandelli di verità sulla trattativa Stato-mafia. Una verità davvero scomoda per chi in questo periodo non ha lesinato veleni nei confronti di Silvio Berlusconi, indicato da taluni insieme con alcuni suoi collaboratori come possibile regista dei colloqui con Cosa nostra. Neanche la contraddizione delle date, che collocano la trattativa nel '93, quindi ben prima della discesa in politica del fondatore di Forza Italia, è servita a fermare i propalatori di fango, i diffamatori di professione. Oggi, di colpo, il quadro sta mutando. Immaginiamo la sofferenza di certi quotidiani, costretti da una parte a scrivere ciò che sta avvenendo, e dall'altra ad ammettere che la famosa trattativa, se mai c'è davvero stata, ha avuto come registi personaggi lontani anni luce da Berlusconi e vicini, molto vicini, al mondo storicamente di sinistra.
[http://www.ilquadernoazzurro.info/2010/11/mafia-stato-chi-tratto-veramente.html]
In sostanza, secondo testimonianze, documenti e dichiarazioni dei governanti dell'epoca, di fronte alla recrudescenza della stagione stragista '92-'93, ci sarebbe stata una prima "concessione" alle cosche attraverso la revoca del 41bis nei confronti di 140 mafiosi all'indomani dell'attentato a Maurizio Costanzo. Di fatto, la linea dura dello Stato cominciò all'indomani delle stragi di Capaci e via D'Amelio, per poi cominciare a scemare dopo le bombe di Roma, Firenze e contro Costanzo.
E chi furono i protagonisti da parte dello Stato? Lo rivelano gli stessi interessati: il ministro della Giustizia, Giovanni Conso, il direttore delle carceri, Antonio Amato. Tutti pronti a spiegare che non di concessioni si trattava ma di un fisiologico passo indietro rispetto alle linee dure, che nelle parole dello stesso Amato doveva essere considerata assolutamente emergenziale. Dunque, non Berlusconi, non Dell'Utri.
Con grande scioltezza, senza un minimo di vergogna, nessuno dei quotidiani pensa minimamente a cospargersi il capo di cenere e tanto meno di chiedere scusa.
Ma c'è di peggio. Tutti, compresi i giornali che stanno seguendo la cronaca di questi fatti, sono concordi nel ritenere che mai e poi mai Conso avrebbe potuto alleggerire il 41bis nei confronti dei mafiosi. Eppure, con grande destrezza, non c'è uno di questi grandi giornalisti che cita il nome del presidente del Consiglio sotto il cui governo avvenne la presunta trattativa: Carlo Azeglio Ciampi. Si, proprio l'ex presidente della Repubblica, oggi così pronto ad attaccare Berlusconi e ieri in trincea al Senato con elmetto e fucile per salvare come un semplice peones il traballante governo Prodi.
Quindi, non solo vengono smentite tutte le menzogne, illazioni e insinuazione nei confronti di Berlusconi, ma sembra che il quadro si capovolga. Ed è per questo che la stampa riesce a far finta di ignorare le due notizie più importanti: il presidente del Consiglio non c'entra nulla e se trattativa c'è davvero stata è avvenuta durante il governo Ciampi.
E questo, ai suoi abituali incensatori, sempre così solerti nel dipingerlo come un maestro di moralità, non deve certo avere fatto piacere. Per loro esiste solo il Ciampi "padre della patria senza macchia e senza paura" che intervistato pochi giorni fa dalla Dandini in tv, diceva: «Io do molta importanza all'etica della persona e delle istituzioni; due cose disgiunte ma che si congiungono nell'uomo. L'etica delle persone vuol dire dignità propria e del proprio prossimo, quindi rispetto delle persone umane che oggi sento molto debole. Ancor più sento debole il rispetto delle istituzioni. Noi le sentiamo poco. Ci vuole il culto delle istituzioni, interpretarle, rispettarle. Accrescerne la dignità. Ecco mi è molto cara la parola dignità». Già, la dignità delle istituzioni. Anche dopo la trattativa Stato-mafia?
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