giovedì 2 luglio 2020

VINO - ESSENZA E DISTILLATO NEI RITI - NEI SIMBOLI

            L’usanza consueta, in alcune culture, (Dionisio-Bacco) di un eccessivo consumo di vino, aveva la sua spiegazione nel culto, in quanto provocava l’unione con la divinità dell’ebbrezza. Il vino doveva spezzare ogni incantesimo, smascherare le bugie o menzogne (in vino veritas) che non debbono albergare nel cuore del saggio (i Massoni lavorano a questo fine). Anche i defunti potevano gustarlo, se lo si versava a terra disperdendolo (libagione).
         Come “sangue dell’uva” il vino fu spesso visto in un rapporto simbolico con il sangue e non soltanto nel Cristianesimo. Esso, infatti, poteva anche sostituire il sacrificio cruento nel culto dei morti.
         Nella simbologia cristiana, il sangue di Cristo, occupa una posizione centrale (Carne e Sangue corrispondono a Pane e Vino). Nelle raffigurazioni della crocifissione si possono vedere Angeli che raccolgono il sangue dentro i calici, ricollegati simbolicamente al leggendario GRAAL (come certamente sapete, è indicato quale recipiente che Cristo adoperò in occasione della cena eucaristica ed in cui, poco dopo, venne raccolto il suo sangue). Il GRAAL così caro ai cavalieri prescelti da Re Artù per formare la Tavola Rotonda ed all'ordine cavalleresco dei Templari, al quale siamo storicamente legati.
Durante le NOZZE DI CANA, il rilievo non è dato al festeggiato ma a Gesù che, alla fine, attraverso l’allusiva dichiarazione del maestro di tavola, viene ringraziato per aver provveduto al vino buono fino alla fine del  banchetto.
         Molte sono le teorie sulla storia e l’espansione della vite (come simbologia, da molti popoli considerata l’albero della vita) e della vitivinicoltura; le più accreditate ne individuano l’origine organizzata nell'Asia minore, anche se reperti archeologici, rinvenuti in molti insediamenti preistorici, confermano che le GENTI ITALICHE facevano uso sia di uva che di vino, ben prima che la Bibbia fosse scritta.
Dove è doveroso segnalare la citazione nel canto XXX dell’ECCLESIASTICO:
“Date il vino a quelli che sono con l’animo amaro, acciocché bevano e dimentichino la loro miseria e non abbiano più memoria del loro dolore”.
         I reperti archeologici evidenziano una forte influenza degli Etruschi a partire dall’ VIII secolo a.C.
Le colonizzazioni Etrusca e Greca portarono nuove tecniche e nuovi vitigni, lo fecero con numerose varietà, scelte in funzione di ubicazione e clima, così che Plinio il Vecchio, arriverà a catalogarne svariate decine, da tavola e da vino.
Da tanta ricchezza di vitigni e di esposizioni è facile arguire che i fini intenditori potevano contare su una ricca scelta. Dalla lettura di Plinio il vecchio, senza la cui enciclopedia (arrivata integra fino a noi) vivremmo in grave avarizia di informazioni, il mercato offriva pressappoco duecento vini di grande qualità. Circa quanto le nostre attuali migliori D.O.C.
         Riguardo alla simbologia e all’albero della Vita, in estrema sintesi, “un simbolo nasce là dove ad un dato reale, un numero, una parola, un segno, una pianta, un’immagine, un edificio, in breve, ad una cosa, si conferisce un senso più profondo di quanto non possieda nella sua mera sussistenza reale, quando a queste cose ed alle loro forme si attribuisce una maggiore dignità ed un più alto valore di quanto ad esse non spetti propriamente, quando alla cosa esteriore si dà un più profondo valore morale o spirituale, rendendola così immagine di processi spirituali non altrimenti rappresentabili. 
Giotto (c. 1303-1305) Padova - Cappella degli Scrovegni 
Le «radici» dell’acquavite sono … nel cielo.
Oggi la chiamiamo grappa ma all’origine era la quinta essentia (in analogia con il quinto elemento aristotelico, componente dei corpi celesti)  e poi, compiendosi il viaggio della grappa dalle suggestioni alchemiche e metafisiche a farmaco, alimento e bene voluttuario, diventò aqua vitae, aqua ardens, anima vini, acquavite e infine grappa.
Per la precisione, oggi si distinguono:
Distillato di Vino (Brandi), Distillato di vinacce (Grappa), Distillato d’Uva (Acquavite).
La fisica aristotelica era fondata sulla teoria delle qualità, sulla mescolanza cioè dei quattro elementi fondamentali, terra, aria, acqua, fuoco, che produceva qualità opposte come, freddo/caldo, umido/secco; questi principi erano alla base della teoria e della pratica medica. E inoltre secondo la fisica e la cosmologia aristotelica l’universo era diviso in mondo sublunare (corruttibile e dove il moto era rettilineo) e mondo delle sfere celesti (incorruttibile e animato da moto circolare, in cui era presente l’etere o quinta essenza ingenerabile, incorruttibile e inalterabile).
A causa del fallimento del programma di trasmutazione dei metalli in oro, la ricerca alchemica si indirizzò, dalla fine del XIII al XIV secolo, verso la distillazione. Agli occhi degli alchimisti il distillato di vino presentava sorprendenti caratteristiche simili alla quinta essentia: era trasparente come il cielo, incorruttibile e inalterabile.
Con l’introduzione della cultura araba nel mondo latino, nel XII secolo, giunsero anche opere di molti autori del pensiero classico non ancora tradotte; fra cui testi sconosciuti di Aristotele come la Fisica, il De Generatione et Corruptione e altre).
Giunsero anche ai centri di traduzione presso le corti arabe di Spagna e Sicilia, testi alchemici, il cui ingresso contribuì alla valorizzazione del bagaglio tecnico-sperimentale e del legame tra scienza e manualità. La novitas dell’alchimia suscitò curiosità e vivo interesse tra gli studiosi, ma ben presto entrò in conflitto con il sapere scolastico.
Il programma dell’alchimia prevedeva un obiettivo elevato e ambizioso: quello di raggiungere, attraverso l’arte, la perfezione che per i metalli è l’oro, per l’uomo la longevità, poi l’immortalità, e infine la redenzione. Per una serie di motivi questo programma non fu realizzato e l’apprezzamento iniziale, nel corso dei decenni, si tramutò in discredito, derisione, persecuzione. Gli alchimisti da ministri (simili a Dio) e «gubernatores naturae, taciti et secreti, umili e pii», divennero nell'immaginario popolare, sulla spinta delle condanne di papi e inquisitori, adulteratores et latrones e ancora, sophistae et impostore, trufadores, multiplicatores, delusores, pseudophilosophi.
Il fallimento del loro programma spinse i filosofi alchimisti a rifugiarsi in orizzonti visionari utopici e profetici non estranei d’altra parte a visioni catastrofiche e apocalittiche e a sentimenti diffusi di attesa di una grande renovatio.
Agli inizi dell’alchimia latina, nel XII secolo, il problema della trasmutazione era strettamente intrecciato con alcuni aspetti della filosofia naturale e soprattutto col naturalismo aristotelico e quindi costituì un punto cruciale della ricerca e definizione di uno statuto epistemologico dell’alchimia stessa.
Questa fase che potrebbe essere definita «metallurgica» 
si estenderebbe fino al 1275 circa.
Un ruolo di conciliazione e di adattamento delle tesi alchemiche al quadro epistemologico scolastico fu svolto soprattutto da Ruggero Bacone il quale, partendo da una critica al vecchio assetto dell’enciclopedia scolastica, pone l’alchimia, come teoria della materia e della generazione, sullo stesso piano della filosofia naturale. Bacone inoltre, in conformità col suo principio secondo cui la «veritas» del sapere va accompagnata alla «utilitas», considera l’oro alchemico più pregiato di quello delle miniere e ne apprezza le qualità terapeutiche; infatti se assunto come oro potabile è un farmaco equilibratissimo atto a favorire la prolongatio vitae.
Con Bacone quindi fa ingresso nella tematica della trasmutazione quell'aspetto medico-farmacologico dell’elisir o lapis o «medicina».
Una vera e propria svolta farmacologica si ebbe in conseguenza di una lunga crisi dell’alchimia che iniziatasi alla fine del XIII secolo, fu determinata dalla disarticolazione del rapporto teoria/pratica dovuta a un’eccedenza di dati sperimentali rispetto alle teorie disponibili. Ma un altro fattore fu più determinante: alla lunga l’insuccesso nella fabbricazione dell’oro artificiale, la più grande promessa degli alchimisti, produsse delusione e diffidenza; di qui l’accusa principale rivolta all'alchimia di essere un mendacium.
L’alchimia quindi si pone alla ricerca di un nuovo statuto epistemologico in una nuova fase caratterizzata dall'introduzione di elementi soprannaturali dovuti all'intuizione e alla rivelazione. Questa tendenza, attraverso gli scritti attribuiti a Raimondo Lullo e ad Arnaldo da Villanova, si concluderà verso la metà del XIV secolo, con Giovanni da Rupescissa, un monaco francescano alverniate, col ricorso a un nuovo modello cosmologico, quello cristologico. Le trasformazioni di elementi naturali provocate dall’alchimia sono concepite in analogia con le sofferenze e la resurrezione di Cristo Dio e Uomo. E lo statuto epistemologico sarebbe così fondato sul dogma della trasfigurazione, della resurrezione, della vita eterna.
La ripresa dell’alchimia si verifica quindi in ambito medico farmacologico grazie al successo e alla diffusione delle tecniche di distillazione, soprattutto dell’alcol ottenuto dalla distillazione del vino. Per le sue proprietà, quest’acqua ardente e volatile non s’integrava nello schema dei quattro elementi; non essendo né terra, né acqua, né aria, né fuoco; gli alchimisti ricorsero al concetto aristotelico di quinta essentia, quinto elemento, materia dei corpi celesti.
Una certa indeterminatezza epistemologica rendeva non falsificabile l’idea del farmaco alchemico: se la «medicina» non funzionava e l’ammalato moriva, era sempre possibile appellarsi alla divina volontà! Era molto più difficile invece giustificare l’insuccesso nella fabbricazione dell’oro artificiale.

La concezione aristotelica dell'universo, che vede al centro i quattro cerchi sublunari corrispondenti a terra, acqua, aria, e fuoco, al di sopra dei quali ruotano le sfere planetarie di sostanza eterica.

Il Liber de consideratione quintae essentiae (1351 ca.) di Giovanni da Rupescissa, scritto durante un periodo di prigionia ad Avignone, è pervaso da una sorta di ispirazione divina.
Ma al di là delle intenzioni di Giovanni, l’acquavite era già apprezzata come alimento e bene voluttuario. La «quinta essenza» pur mantenendo il doppio significato di prodotto filosofico-spirituale e di alimento, si diffuse a livello di consumo sociale come bevanda.
E come non citare Dante ?
Nel Canto XIV dell’Inferno il Poeta fa capire che le lacrime avrebbero anche una funzione iniziatica perché con la loro evaporazione spegnerebbero le fiamme del girone permettendo il passaggio del pellegrino. In definitiva quindi il pianto del veglio (Statua del Grande Vecchio che a Creta guarda Roma) sarebbe come un'allegoria del peccato, che nasce dagli uomini e punisce gli uomini stessi attraverso i fiumi infernali. Dante ha bisogno di qualche altra spiegazione e chiede a Virgilio perché se questo fiume giunge dal mondo dei vivi lo incontrano solo ora e il poeta latino risponde che fino ad allora essi sono scesi sempre verso sinistra, ma ancora non hanno fatto un giro completo. Poi Dante chiede dove siano il Flegetonte e il Lete, non citati prima, e il maestro risponde che il bollore dell'acqua del fiume rosso avrebbe già dovuto essere di risposta alla sua domanda; mentre per quanto riguarda il Lete Dante lo vedrà sì, ma fuori dalla fossa infernale perché è il luogo dove "l'anime vanno a lavarsi / quando la colpa pentuta è rimossa" cioè in Purgatorio.
Poi Virgilio taglia corto e incita Dante ad allontanarsi dal bosco affinché lo segua sui margini, che fanno la "via", e dove il fuoco non attacca perché sopra di essi le fiamme (vapor) si spengono. 
                                           Giancarlo Bertollini

Bibliografia:
°      La BIBBIA
°      Da Ricerche sul WEB
°      TRECCANI - Enciclopedia Italiana
°      Enciclopedia dei Simboli  (Garzanti)
°      Da Lavori del Fr Giancarlo Bertollini 

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La fantastica, intensa, due giorni per l'annuale Festa Tricolore di Riva Destra si conclude con Fratelli d'Italia.


Giancarlo Bertollini in chiusura sintetizza come Ufficio Stampa
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lunedì 29 giugno 2020

ROMA: DA DOMANI AL VIA L'ANNUALE FESTA TRICOLORE RIVA DESTRA: "L'ITALIA CHE VOGLIAMO-PRESIDIO DI LIBERTÀ".

In piazza di Montecitorio 20 ore di dibattiti in diretta streaming e facebook. Conclude Lollobrigida (FDI). Presenti per la Lega Centinaio e Borgonzoni, per Forza Italia Gasparri. Delegazioni anche di Cambiamo con Toti e del Partito Radicale. 
ROMA, 29 giu -"Da domani, 30 giugno, fino al primo luglio, si terrà a Roma in Piazza di Montecitorio, la IV Festa Tricolore di Riva Destra, movimento federato a Fratelli d’Italia. Il nome scelto per questa edizione è Presidio di Libertà-L’Italia che vogliamo’. Nella sala Capranichetta, ci saranno infatti le dirette in streaming sul sito di Radio Radicale e su affari italiani.it e quelle Facebook sulle pagine de ‘La Voce del Patriota’ e de ‘Il Sovranista.info’. 
A margine di un simbolico gazebo in piazza, gestito dai militanti di Riva Destra, una serie di tavole rotonde. Quest’anno a chiudere i lavori, nell'edizione precedente fu Giorgia Meloni, sara’ il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida".
Lo annuncia in una nota il movimento Riva Destra.
"Microfoni aperti quindi dalle 10 di domani, Martedì 30 giugno -continua la nota- con gli interventi di saluto del segretario nazionale Fabio Sabbatani Schiuma, del portavoce Alfio Boschi e del vicesegretario Angelo Bertoglio, cui seguiranno i parlamentari di FdI, Giovanni Donzelli, responsabile nazionale dell’Organizzazione e di Marco Silvestroni, coordinatore della provincia di Roma. Ecco le delegazioni degli altri partiti gia’ confermate: dalla Lega, con l’ex Ministro Gianmarco Centinaio, la senatrice Lucia Borgonzoni e Maurizio Politi, capogruppo in Campidoglio, fino a Forza Italia con i parlamentari Maurizio Gasparri e Benedetta Fiorini, insieme al deputato all’Ars Tommaso Calderone; e ancora, ‘Cambiamo con Toti’ rappresentata dal consigliere regionale del Lazio Adriano Palozzi, responsabile organizzativo nazionale, e del Partito Radicale con Giuseppe Rossodivita e l’on. Rita Bernardini, anche Presidente di Nessuno Tocchi Caino. Non ha ancora confermata la presenza del Sottosegretario al Mef, Alessio Villarosa, del M5S. 
Questa -prosegue la nota- la lista dei parlamentari ed esponenti di Fratelli d’Italia che hanno confermato il loro intervento alle tavole rotonde organizzate dall'economista di Riva Destra, Fabio Verna: Edmondo Cirielli, Andrea De Bertoldi, Luca De Carlo, Paolo Trancassini, Nicola Calandrini, Massimo Ruspandini, Isabella Rauti, Wanda Ferro, Daniela Santanche’, Ylenja Lucaselli, Ella Bucalo, Carolina Varchi, Ciro Maschio, Marco Osnato, Mauro Rotelli, Walter Rizzetto, insieme al coordinatore di Fdi nella Marche Carlo Ciccioli, al capogruppo in Regione Calabria Filippo Pietropaolo, all'Assessore al Turismo in Liguria Gianni Berrino, al responsabile del dipartimento Turismo Gianluca Caramanna, e di quello Economia, Maurizio Leo, e a Marina Augello. Queste le tavole rotonde gia' composte, che ovviamente potranno avere dei cambi di orario in base ai lavori parlamentari in corso.
"'2020: presenti, nonostante tutto' -conclude la nota- aperta dai coordinatori territoriali di Riva Destra. Poi la scottante attualità dei temi economici: 'Buoni patriottici e moneta fiscale' e 'A 50 anni dallo Statuto dei lavoratori: e’ emergenza'. Si parlera’ poi di scuola e di turismo (“2020: vacanze in Italia”), ma anche di giustizia con i 'Diritti delle Vittime' e l’avv. Marco Valerio Verni, zio di Pamela Mastropietro. 
Tavole rotonde anche sul problema movida ('Movida Sicura: cultura, occupazione e divertimento'), con operatori del settore (Club Festival Commission, Silb, Snos) come Guido Cancellieri, definito dalla stampa il Re della movida milanese, Giorgio Tammaro e Giancarlo Bornigia del Piper; e ancora sulla ricostruzione post terremoto ('Terremoti dimenticati') con Alberto Allegrini, albergatore di Norcia e Presidente Confcommercio Valnerina. Non mancheranno poi -aggiunge infine la nota- i temi della sanita’ ('Emergenza Covid19: il modello Veneto' e 'Mens sana in corpore sano') con lo psichiatra Marco Sarchiapone, docente universitario e ideatore della helpline telefonica gratuita di Riva Destra durante la quarantena, e con il sindaco di Peschiera del Garda Orietta Gaiulli. Ovviamente si discutera’ anche del territorio laziale e romano ('Liberare Roma e il Lazio') e Riva Destra, ha predisposto anche un confronto con altre realta’ di area ('2019: obiettivo 10%. 2020: obiettivo 20%'), come per esempio, il Movimento Conservatore Stella d’Italia, il Movimento Italiano Tricolore e altri come Vox Italia, presente con una delegazione. E infine una tavola rotonda sui comuni ('X Enti locali commissariati, casse vuote, zero servizi'), ove interverranno i tanti amministratori sul territorio aderenti al movimento, che cosi’ contribuisce all'allargamento del perimetro elettorale di Fratelli d’Italia". 

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giovedì 25 giugno 2020

Ernesto Nathan il Grande Sindaco di Roma.

Ernesto Nathan
In un discorso tenuto nel 1898 a Torino definì la massoneria «associazione patriottica ed educativa, non associazione politica» 
(Il compito massonico. Discorso inaugurale del Gran Maestro E. N. alla Conferenza massonica nazionale. Torino, 20 settembre 1898, Roma 1898)
Egli finì così per deludere quegli affiliati che auspicavano una più netta democratizzazione della massoneria e il suo diretto coinvolgimento nelle competizioni politiche e amministrative a sostegno dell’estrema sinistra. 


E dobbiamo al suo "Genio" la ciotola fissata sotto ai "Nasoni" 
e la indimenticabile battuta " 'n c'è trippa pe' gatti ".  
*** *** ***
La giunta Nathan guidò l’amministrazione municipale di Roma per sei anni, fino al novembre 1913, e lasciò un’impronta indelebile nella storia della città. Potendo giovarsi anche dei provvedimenti finanziari a favore della capitale previsti dalla legge del luglio 1907, avviò un diversificato piano di interventi che toccò tutti gli ambiti della sfera amministrativa introducendo significative innovazioni. Uno dei principali settori su cui Nathan concentrò l’attenzione fu quello delle scuole pubbliche, che versavano a Roma in condizioni particolarmente precarie. Oltre ad avviare un’intensa opera di edilizia scolastica, furono istituiti biblioteche, giardini d’infanzia, scuole all’aperto, corsi estivi di ripetizione, e soprattutto fu difesa la connotazione laica dell’istruzione rifiutando di impartire nelle scuole comunali alcun insegnamento di natura confessionale. Poderoso fu poi l’intervento di municipalizzazione dei pubblici servizi, che, sotto la guida dell’assessore ai servizi tecnologici Giovanni Montemartini, portò alla nascita di aziende comunali in vari settori, fra cui quelli per la gestione delle tramvie e dell’illuminazione elettrica. Come previsto dalla legge del 1903, le delibere relative alla municipalizzazione dei servizi pubblici furono sottoposte a un referendum popolare che si tenne nel 1909, nella data simbolicamente evocativa del 20 settembre. Questa consultazione popolare sancì l’inizio di un processo di crescente coinvolgimento della cittadinanza nelle scelte dell’amministrazione che si manifestò sia attraverso altri referendum, indetti per decidere questioni specifiche anche a livello rionale, sia mediante la nascita di alcune associazioni di quartiere. Il risultato fu una sorta di inedita «democrazia partecipativa», che accrebbe il consenso intorno alla giunta Nathan. La costruzione di numerose opere pubbliche (palazzi, monumenti, ponti, piazze, strade, sistemi di fognatura), alcune delle quali inaugurate nel 1911 in occasione dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’Unità, e l’ambizioso intervento di recupero igienico e scolastico dell’Agro romano contribuirono ulteriormente a creare un’opinione favorevole intorno all’operato dell’amministrazione.

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mercoledì 24 giugno 2020

Antiche Misure: tentiamo di mettere ordine. IL CUBITO

IL CUBITO
Il Cubito era diviso in 7 Palmi di 7,47 cm, a loro volta divisi 
in 4 Dita di 1,8 cm. 100 Cubiti costituivano un Khet.


Valore Assoluto del Cubito.
E’ necessario fare una precisazione: in antichità non esisteva un rigido sistema di controllo dei Pesi e delle Misure, come nel Mondo moderno. A seconda dei periodi storici e delle località
le unità di lunghezza potevano variare leggermente. 
Il valore di 52,5 cm del Cubito Reale e 44,7 cm per il Cubito piccolo, costituiscono dei valori medi.
A testimonianza di questo, sono le diverse dimensioni che sono state riscontrate nei righelli di misura trovati negli scavi archeologici.
I Cubiti ritrovati nella Tomba dell’Architetto Kha, oggi conservati a Torino, misurano 52,4 cm (quello dorato) e 52,7 (quello pieghevole in legno). Nella stessa sede sono conservati altri tre Cubiti, due di 52,5 cm e uno di 52 cm. Infine, il Cubito di legno conservato al Louvre risulta lungo 52,4 cm. 
Mentre quello del British Museum di Londra di 52,35 cm.

E’ interessante notare che studi matematici-architettonici fatti sui rapporti di forma della Piramide di Cheope e sulla Camera del Re, indicherebbero che, al tempo in cui fu realizzata, il Cubito Reale fosse di 52,37 cm (Petrie 1934).

La lunghezza del Cubito Reale espressa in cm è pari a 52,36.
Questo valore è oggi accettato da tutti gli studiosi.

La distanza dal gomito alla punta del dito era anticamente la misura usata più comune.

Il Cubito Ebraico era di 44,45 cm mentre quello Egiziano era un pochino più lungo (44,7) ed era di sei Palmi (vedi Palmo). 
Il Cubito lungo o Reale era invece di sette Palmi 52,36 cm.
Il Cubito Romano era uguale a quello Ebraico.

Possiamo pertanto ritenere corretta la misura ritrovata in alcuni scavi e utilizzabile oggi. 
Asta  Cerimoniere  = 3 Cubiti Reali = 157,08 Centimetri.
 Aste dei 2 Diaconi = 1 Cubito Reale = 52,36 Centimetri. 

                                        Giancarlo Bertollini  


                        Roma, 17 maggio 2017 E.V.

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lunedì 22 giugno 2020

I MASSONI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO.


La Tornata - Liberté Chérie

Benito Mussolini decretò nel 1924 che ogni membro del suo partito fascista, che era un massone doveva abbandonare l'uno o l'altra organizzazione e, nel 1925, sciolse la Massoneria in Italia, sostenendo che si trattava di un’organizzazione politica.

Considerata dai nazisti un nemico ideologico, coerentemente con la loro percezione   del mondo Weltauffassung, l’otto gennaio 1934, il Ministro degli Interni tedesco ordinò lo scioglimento della Massoneria, la confisca dei beni di tutte le Logge, dichiarando ancora che a chi fosse stato membro di Logge quando Hitler salì al potere nel gennaio 1933, era proibito assumere cariche nel partito nazista o nei suoi bracci paramilitari, e i massoni erano incompatibili con incarichi pubblici.
Durante la guerra, la Massoneria fu vietata per decreto in tutti i paesi che erano o alleati con i nazisti o sotto il controllo nazista, tra cui la Norvegia e la Francia. 
Il numero di Massoni dei paesi occupati che sono stati uccisi da nazisti non è noto con precisione, ma si stima che sia tra 80.000 e 200.000.

I massoni detenuti dei campi di concentramento furono classificati come prigionieri politici, e indossavano un triangolo rosso rovesciato verso il basso. 

Nei campi di prigionia in aggiunta alle privazioni e abusi che fiaccavano il fisico, tutto era fatto per distruggere i detenuti. 
La povertà era anche morale e intellettuale, ma molti di loro lottavano per mantenere ancora la loro dignità, l’unica cosa che rimaneva. All'interno dell’Emslandlager VII (un campo di raccolta di prigionieri politici NN (Nacht und Nebel, Notte e nebbia) situato a Esterwegen al nord-ovest della Germania, vicino al confine olandese) si realizza un episodio eccezionale, esempio di autentica tolleranza fraterna poco conosciuta.

Sono più di cento i prigionieri nella Baracca n° 6, rinchiusi quasi tutto il giorno. Hanno il permesso di uscire solo per una passeggiata di mezz'ora al giorno, sotto la supervisione dei kapò. Durante la giornata di lavoro metà del Campo deve ordinare cartucce e parti di radio; l’altra metà del Campo è costretto a lavorare in condizioni terribili nelle torbiere circostanti. L'alimentazione era così misera che i prigionieri perdevano 4 kg di peso corporeo ogni mese.
In una baracca in cui i credenti sono molto più numerosi, un microcosmo della società belga diventa un laboratorio filosofico-religioso. C'erano giudici, funzionari, giornalisti, ingegneri, militanti di sinistra, sacerdoti. Questi ultimi prendono l’abitudine di incontrarsi la domenica mattina al centro della baracca a dire messa. Una celebrazione senza la comunione, ma che permetteva di non perdere il coraggio. Certo, c'era sempre il pericolo di essere notati dalle guardie e per questo chiesero ai laici di sorvegliare gli ambienti. Non cattolici e non credenti si preoccupavano della sicurezza e fungevano da veri e propri paraventi umani per i credenti.
Tre fratelli Massoni beneficiando di questa guardia e dell'assenza di chi faceva la messa, s’incontrarono attorno ad uno dei tavoli, svuotati dai loro occupanti e relativamente isolati dal resto dell’ambiente anche con armadi.
A poco a poco gli arrivi di fratelli si succedono e i fratelli massoni tramuteranno il loro primo cerchio fraterno in una loggia. Di fronte all'intolleranza nazista, si creò una vera e propria comunità spirituale e d’intenti tra muratori e credenti.
Padre Froidure che conobbe l’inferno di quel campo l’ha rilevato, dice, infatti:
"Lo spirito di comprensione e la tolleranza dei non praticanti permise di recitare la messa a voce alta e in parte cantata ... "
La maggior parte delle "autorità di vigilanza delle Messe clandestine” erano massoni, alcuni dei quali appartenevano alla stessa loggia o alla stessa rete della resistenza. Hanno approfittato di questi momenti per approfondire le loro riflessioni. In questo luogo dove regnava l'oscurità, bisognava che la luce prevalesse, come nelle parole del prologo del Vangelo di Giovanni ".
Un prete cattolico sarebbe stato di guardia, in modo che i Fratelli potessero tenere le loro riunioni, e per proteggere la loro segretezza, chiesero l'assistenza alla comunità di preti cattolici prigionieri "con le loro preghiere ", che ricambiavano così il loro aiuto domenicale durante la messa.
Il 15 novembre del 1943, sette massoni belgi e combattenti della resistenza fondano la Loggia “Liberté Cherie”, il cui nome deriva da una delle ultime strofe de “La Marsigliese”, l’inno francese:
“Conduci, sostieni le nostre braccia vendicatrici. O Libertà, Libertà caraCombatti con i tuoi difensori!”
Nella prima tornata rituale viene iniziato il fratello Erauw, che sarà anche l’unico.
Luc Somerhausen descrive l’Iniziazione, come una semplice cerimonia.
"ha avuto luogo presso uno dei tavoli... con un rituale molto semplificato i cui singoli aspetti sono stati tuttavia spiegati all'iniziato; che d’ora in poi ha potuto partecipare  ai lavori della Loggia".
Dopo il primo incontro rituale, con l'ammissione del nuovo fratello, i successivi incontri furono preparati tematicamente.
Uno dedicato al simbolo del grande architetto dell'universo, un altro "il futuro del Belgio" ed ancora "La posizione delle donne nella massoneria".
Ecco chi erano i fratelli di questa straordinaria loggia:
Maestro Venerabile, Paul Hanson giudice di pace e membro della resistenza, fu poi spostato e morì sotto le macerie della sua prigione, durante un bombardamento aereo alleato su Essen, il 26 marzo 1944 .
Jean Sugg e Franz Rochat appartenevano alla "Loggia amici filantropici" (Les Amis Philanthropes, Lodge n°5 del Grande Oriente del Belgio).
Franz Rochat, un professore, farmacista e direttore di un importante laboratorio farmaceutico, nato il 10 marzo 1908 a Saint- Gilles. Era un lavoratore della stampa clandestina con la pubblicazione della resistenza "Voce dei Belgi ". È stato arrestato il 28 febbraio 1942, è arrivato a Untermassfeld ad aprile 1944 e vi morì il 6 aprile 1945.
Jean Sugg nasce l'8 settembre 1897 a Gand ed era di origine tedesca svizzera.
Ha collaborato con Franz Rochat, tradotto testi tedeschi e svizzeri e contribuito alle pubblicazioni clandestine, tra cui, La Libre Belgique, La Légion Noire, Le Petit Belge. Morì in campo di concentramento in data 8 febbraio 1945.
Amédée Miclotte era un insegnante di scuola superiore. Era nato il 20 dicembre 1902 a Lahamaide (Fr), e apparteneva alla Loggia "Unione et Progrès ".
E 'stato visto l'ultima volta in carcere, l'8 febbraio 1945.
Jean De Schrijver era un colonnello dell'esercito belga, nato il 23 agosto 1893 ad Aalst, Fratello della Loggia "La Liberté" di Ghent. Il 2 settembre 1943 è stato arrestato con l'accusa di spionaggio e possesso di armi, e morì nel febbraio del 1945.
Henri Story nato il 27 novembre 1897 a Ghent. Era un membro della Loggia "Le Septentrion" di Ghent. Morì il 5 dicembre 1944.
Luc Somerhausen, un giornalista, nato il 26 agosto 1903, in Hoeilaart. Fu arrestato il 28 maggio 1943 a Bruxelles. Egli apparteneva alla loggia "ACSO III" ed è stato Vice Segretario del Grande Oriente del Belgio (Grand Orient de Belgique).
Fernand Erauw, magistrato alla Corte dei Conti e Ufficiale di riserva della Fanteria, nacque il 29 gennaio 1914, in Wemmel. 
Fu arrestato il 4 agosto del 1942, come membro del "Secret Army".
Riuscì a fuggire ed è stato infine arrestato nel 1943.
Guy Hannecart (1903-1945) un avvocato e leader di "La Voix des Belges ". E 'stato anche membro della loggia "les Amis Philanthropes N°3"; la "Loggia Liberté Chérie" fermò i lavori dopo pochi mesi all'inizio del 1944.
I sopravvissuti Erauw e Somerhausen s’incontrarono di nuovo nel 1944 nel campo di concentramento di Oranienburg Sachsenhausen, e rimasero inseparabili da allora in poi. Nella primavera 1945 furono coinvolti nella "Marcia della Morte ", e anche se Erauw era alto 1.84 m, il 21 maggio 1945 nell’ospedale di Saint Pierre a Bruxelles pesava solo 32 kg.
Nell’agosto 1945 Luc Somerhausen inviò una relazione dettagliata al Gran Maestro del Grande Oriente del Belgio, in cui tracciò la storia della "Loggia Liberté Chérie ".
Luc Somerhausen morì nel 1982 all'età di 79. L' ultimo testimone, Fernand Erauw, è morto all'età di 83 anni, nel 1997.
Un monumento creato dall'architetto Jean de Salle, è stato dedicato alla Loggia da massoni belgi e tedeschi il 13 novembre 2004.
Ora è parte del sito memoriale del Campo di Esterwegen. 

                     Ricerca di Giancarlo Bertollini

Bibliografia:
Lavoro R.L. Archimede
Ruelland, Désaguliers - Liberté Chérie.
Une Loge dans l’univers concentrationnaire nazi- 10/04/2008.
C. Laporte -La lumière dans les ténèbres des camps - Libre.be 04/02/ 2005
Wikipedia alla voce Liberté Chérie (loge maçonnique). 


IL MITO DELLA CAVERNA.

Il “mito della caverna”, una famosa metafora di Platone, filosofo greco a cavallo tra il V e il IV secolo a. C., è tra le più interessanti ed attuali della nostra cultura, perché ci mostra come certi messaggi e certe tematiche siano state già affrontate nei tempi antichi, senza che ne cogliessimo alcun insegnamento.

Nel “mito della caverna” Platone mostra come la maggior parte degli esseri umani viva credendo che ciò che vede sia l’unica realtà possibile, senza rendersi conto che quello che osserviamo e percepiamo è solo un’ombra, ovvero una piccolissima parte di ciò che esiste. Inoltre, non sempre queste ombre rappresentano ciò che davvero esiste, perché, nella maggior parte dei casi, tutto ciò che ci viene riferito come “verità” è frutto delle decisioni di chi vuol far crescere in noi determinate credenze per limitare le nostre capacità. Rendiamoci conto che il mito di cui si sta argomentando è stato scritto 2000 anni fa e sembra essere ancora attuale.
Ciò implica che la storia si ripete da almeno 2000 anni, e questo denota che non abbiamo compreso che metaforicamente stiamo ancora dentro la caverna.

Per capire meglio il concetto potete vedere qui sotto un’immagine:

A sinistra troviamo degli uomini con la testa, il collo e le braccia incatenate fin dall'infanzia, in modo tale che essi possano vedere solo una parte della caverna posta davanti a loro. Alle spalle dei prigionieri è stato acceso un enorme fuoco, e tra il fuoco ed i prigionieri corre una strada rialzata.
Lungo questa strada è stato eretto un muro, e dietro ad esso si trovano alcuni uomini che portano varie forme di oggetti e animali la cui ombra viene proiettata sul muro davanti ai prigionieri tramite la luce emessa dal fuoco. Se qualcuno degli uomini che portano gli oggetti simbolici emettesse dei suoni o dei versi, i prigionieri, non potendo vedere altro, penserebbero che questi vengano emessi dalle ombre.

Ora, si supponga che uno dei prigionieri riesca a liberarsi raggiungendo l’uscita della caverna. Da quell'altezza egli potrebbe avere un’idea molto più chiara della situazione presente nella caverna, e rendersi conto che le ombre sono solo una proiezione di qualcosa che in realtà non esiste, e che tale visione è stata imposta da qualcuno.
A quel punto il fuggivo che ha preso consapevolezza ha due scelte: andare verso la luce o tornare nella caverna.


Dopo aver vissuto anni e anni al buio, 
la luce può far male, e può accecarlo.

Inizialmente è possibile che possa non vedere e che si senta confuso, e questo potrebbe spaventarlo. Se vorrà andare oltre la caverna e conoscere il mondo esterno, potrà farlo solo con il tempo e la volontà. Il percorso non sarà facile, ma alla fine ricomincerà a vedere e scoprirà suoni e forme che gli daranno gioia e vitalità.

Questo mito vi ricorda qualcosa?
Gli uomini incatenati davanti alle ombre proiettate da alcuni “signori” non ricordano un poco la nostra popolazione seduta davanti al televisore che guarda, ascolta e accetta una realtà proposta da un “sistema” che ci vuole incatenati e vincolati a ciò che ci viene prospettato come unica realtà possibile?
Il fuggitivo Vi non ricorda tutte quelle persone che hanno capito come funziona  il “sistema” e provano con volontà e tenacia ad andare oltre quello che sanno, riscoprendo un modo di vivere totalmente diverso?
La luce che acceca il fuggitivo non vi ricorda le difficoltà che incontriamo quando dobbiamo abbandonare la nostra “zona di comfort” e rimboccarci le maniche per pensare diversamente e vivere meglio?

Se questo mito ricorda anche a voi tutto questo, chiedetevi perché dopo 2000 anni siamo ancora dentro una caverna senza rendercene conto. 

Ancora oggi proviamo a cambiare le cose e cerchiamo l’uscita, perché dentro di noi non possiamo più credere che sia giusto stare al buio. 
Sappiamo che esiste un modo diverso e migliore di vivere:  
NELLA LUCE ! 

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