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martedì 8 novembre 2022

In Difesa delle Grandi Aziende Italiane, spesso denigrate con Stupidità e/o Malafede. Proseguiamo con una selezione di Aziende Storiche.

“In pratica e in tutto il mondo, le aziende nascono da una famiglia e, ovviamente, poi,  si tratta di vedere quanto  possono durare”. Con questa frase, o forse una profezia, il grande avvocato Gianni Agnelli ha riassunto la storia della sua azienda, sicuramente il simbolo italiano dell’era industriale e una delle fabbriche di automobili piú prestigiose al mondo con le sue quasi 400 ditte parallele.

Secondo calcoli di economisti di spicco,  su 100 aziende solo il 30% sopravvive ai primi 5 anni di vita. Esistono peró molte aziende, familiari e non, che sono riuscite a resistere per centinaia d'anni e la FIAT ne è un esempio.

Nasceva a Torino l'11 luglio del 1899 e da allora è un marchio automobilistico simbolo del Made in Italy che, a sua volta, fa parte del gruppo industriale Fiat Chrysler Automobiles.

Anche se la nostra FIAT ha una storia che attraversa praticamente 3 secoli, l'azienda di Torino non fa parte delle 50 aziende più antiche del mondo ancora in attività. In questa graduatoria, troviamo imprese nate, per esempio, nell’ottavo secolo D.C. ma ce en sono anche varie italiane.

Nessuna di queste 50 ditte ha il potere economico e di mercato delle grandi multinazionali del terzo millennio come Amazon, Mac, Microsoft o Tesla, ma sono state in grado di superare guerre, crisi economiche e stravolgimenti epocali. Hanno trasformato il modo di fare impresa, la compagine della società e i prodotti, riciclandosi e adattandosi allo spirito dei tempi e questo, nel secolo XXI, è una caratteristica da non sottovalutare.

Tra le 50 aziende più antiche del mondo ancora in attività ci sono anche diverse eccellenze nostraneNomi come Pontificia Fonderia Marinelli, Barone Ricasoli o Barovier & Toso esistono da oltre 700 anni, o la famosa fabbrica di armi Beretta, che ostenta una vita di quasi 5 secoli

C’é anche la Banca piú antica del Mondo, il Monte dei Paschi di Siena, che si contende il titolo di istituto di banca tuttora attiva più antica con un istituto tedesco, Berenberg. Il paese che presenta fino a 10 aziende in questa particolare classifica è il Giapponeche conta imprese plurisecolari per quanto riguarda il cibo e l'ospitalità.

Il rating delle non tanto numerose imprese plurisecolari, è stato preparato dalla rivista specializzata The drink business che presenta una lista aggiornata delle cantine più antiche di tutto il mondo, il periodico Family Business e Berotkiens (associazione internazionale che riunisce le imprese bicentenarie a carattere familiare)

La piú antica d’Europa la troviamo in Francia e si tratta della  “Chateau de Goulaine, fondata nell’anno 1000, storica azienda vinicola francese, a superare le colleghe italiane. Si trova nella Valle della Loira ed è in questa parte della Francia, che, verso l’anno 1000 i marchesi di Goulaine fondarono la loro cantina. Oggi è ancora di proprietà della stessa famiglia e produce Moscato e Vouvray.

L’ITALIANA PIÚ ANTICA

Si tratta della  “Pontificia Fonderia Marinelli”, fondata nell’anno  1040.

La Fonderia Marinelli è una storica azienda metallurgica italiana di origine familiare, con sede ad Agnone, in provincia di Isernia. Dalla sua fondazione millenaria (sta per compiere 1000 anni di vita) si é specializzata nella costruzione di campane che vengono distribuite in tutto il mondo. É di proprietà della famiglia Marinelli, che la gestisce da 10 secoli. Oggi i dipendenti sono 20, ma. tra loro, ci sono 5 membri della famiglia Marinelli.

L’Azienda Agraria Duca Carlo Guarini 

Nel secolo undicesimo dopo Cristo, Ruggero Guarini giunse in Puglia al seguito di Roberto il Guiscardo, fino ai nostri giorni con quattro familiari Guarini: Giovan Battista, Anna, Fabrizio e Januaria, fondando l'azienda di famiglia del Duca Carlo Guarin, dedicata all’elaborazione di finissimi vini, olii e prodotti alimentari, legati alla tradizione e ai prodotti tipici del territorio salentino.

Barone Ricasoli

Bettino Ricasoli, detto il “Barone di ferro”, appena ventenne, cominciò a Brolio le sue ricerche e sperimentazioni per produrre un vino Chianti capace di competere a livello internazionale con le etichette francesi. Da quasi mille anni la famiglia Ricasoli è impegnata nella produzione di vini: e il marchio Barone Ricasoli é, in assoluto, una delle etichette più conosciute all'interno del panorama vinicolo italiano. Fondó la ditta nell’anno 1141.

Barovier & Toso 

La Barovier & Toso é un’azienda vetraria di Murano che, dopo essere stata fondata nel 1295, é riuscita a raggiungere la ventesima generazione dei Barovier che, nel 1936, si fusero con i Toso. Oggi produce lampadari di lusso.

Azienda Agricola Conte Collalto

Stiamo parlando di una delle realtà vitivinicole italiane più antiche. É la storia familiare dei Collalto,  rintracciabile nei documenti ufficiali sin dall lontanissimo anno 958 D.C.. In ogni caso, la ditta produce, dal 1300, vini bianchi, rossi, prosecco e olio di qualità nel territorio della Susegana in Provincia di Treviso. Nel 2007 il comando dell'azienda è stato assunto dalla principessa Isabella Collalto de Croÿ che ha focalizzato la sua attività sulla sostenibilità degli impianti, l’impiego di fonti energetiche rinnovabili e attenzione alla biodiversità locale.

Marchesi De' Frescobaldi Società Agricola 

Proprietà di famiglia già dall’XI secolo, la Tenuta Frescobaldi di Castiglioni è il centro d’origine della produzione vinicola dei Frescobaldi fin dal 1300. Lo stemma nobiliare della famiglia Frescobaldi, con la corona, lo scudo e i tre rocchi, è rappresentato anche come simbolo di Castiglioni, per ricordare sempre i 700 anni di storia vitivinicola, iniziati in questa tenuta

Azienda Agricola dei Conti Possenti Castelli 

L’Azienda Agricola dei Conti Possenti Castelli di Terni  é  gestita da Maria Possenti Castelli ed è la più antica azienda olivicola d’Italia. Di proprietà sempre dalla stessa famiglia fin dal 1301, produce olio extravergine di oliva, ma anche paté di olive e oli aromatizzati.

Torrini 

La Torrini è una storica azienda orafa fiorentina che, nel 1369 fece registrare il proprio simbolo, un mezzo quadrifoglio con sperone, con cui ancora oggi sigla ogni sua opera. Nel corso dei secoli, l’arte della famiglia Torrini è divenuta tanto leggendaria che oggi persino al British Museum sono esposte le loro creazioni.

Antinori

Gli Antinori fanno parte di una famiglia di marchesi fiorentini, che, alla fine del XIV secolo decise di iniziare a produrre vino in Toscana. Nel corso dei secoli si sono succedute 26 generazioni di Antinori, diventando uno dei marchi piú possenti del settore con grande riconoscimento mondiale.

Magnani 1404 

La storica fabbrica di carta Magnani nasceva a Pistoia nei primi anni del XV secolo. In questa parte della Toscana l’acqua è sempre stata molto abbondante ed ha permesso lo sviluppo dell’attività di produzione della carta nei secoli, Magnani è diventata una delle grandi protagoniste a livello mondiale. Oggi Magnani 1404 continua la sua produzione nel mercato delle stampe, specializzandosi ancora nei tipi di carta di altissimo livello. Il gruppo Cordenons, ditta in Provincia di Pordenone,  ha garantito la continuità di questo centenario progetto industriale.

Marchesi Mazzei Spa Agricola 

La famiglia Mazzei porta avanti l’eredità a Castello di Fonterutoli in provincia di Siena dal lontano 1435. L'azienda vitivinicola dei Marchesi Mazzei é considerata tuttoggi una delle piú importanti realtá del nostro famoso Chianti Classico.

Camuffo 

Parliamo, in questo caso, del piú antico cantiere navale del mondo situato a Porto Gruaro in provincia di Venezia. I Camuffo, da sempre, son considerati a Venezia "quei de le barche": Si tratta di ben 19 generazioni di mastri d’ascia, armatori e costruttori di ogni tipo di imbarcazione che si sono succeduti in oltre 500 anni di storia. Lo scorso anno Giacomo Camuffo, stanco di tanto lavoro, ha dichiarato di essere alla ricerca di un serio acquirente che possa portare avanti la tradizione di famiglia.

Monte dei paschi di Siena (Italia, 1472)

Il Monte dei paschi di Siena è conosciuta anche come Mps, la banca più antica, tuttora in attività, in tutto il mondo. Nasceva appunto nel 1472, vent’anni prima che Cristoforo Colombo scoprisse l’America, con il nome Monte di pietà, per sostenere le popolazioni più povere di Siena e nel 1624 assunse la ragione sociale con cui è conosciuta fino ai nostri giorni. Questa è l’unica ragione per la quale la Germania vuole contendersi l’antichità degli istituti finanziari, perché la tedesca Berenberg fu fondata nel 1590. In Italia, altre due banche, come il Banco di Napoli e il Banco genovese di San Giorgio, cercano di cambiare il primato del Monte dei Paschi di Siena, anche se hanno subito più passaggi di mano nel tempo.

Grazia Maioliche 

Le ceramiche Grazia sono prodotte a Deruta in provincia di Perugia dall’anno 1500. Già nel 2009 il The Economist la inseriva tra le aziende più antiche del mondo e prima nel campo della maiolica. Da oltre 5 secoli, dal laboratorio delle maioliche artistiche di Ubaldo Grazia, vengono fuori oggetti d’altissimo artigianato legati alla tradizione della provincia di Perugia.

Pietro Beretta 

Quando si parla di armi italiane o dell’agente James Bond, il grande agente 007, cosa ci viene in mente? La sua pistola Beretta e……. proprio Beretta, é la fabbrica d’armi che Pietro Beretta, storico produttore di armi di Gardone Val Trompia in provincia di Brescia, prosegue ininterrottamente la sua attività da ben 15 generazioni. Ma la Beretta non è stata soltanto capace, tra l'altro, di piazzare la mitica rivoltella tra le mani della spia più famosa del mondo, perché, oggi, la Beretta produce circa 1500 armi al giorno, con la produzione sportiva che copre il 90% del totale.

Cartiera Mantovana

Si tratta di una delle Carterie più longeve del pianeta e si chiama Cartiera Mantovana con sede a Maglio, in provincia di Brescia, proprietà oggi di Alberto Marenghi, presidente di Confindustria Mantova. Marenghi è l'ultimo discendente di Angelo da Fano, che il 1 luglio del 1615 fondó la cartiera, che conta oggi con 200 dipendenti, quattro stabilimenti di cui tre in Italia e uno in Francia, con un fatturato di di 80 milioni di euro.

di STEFANO CASINI

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giovedì 3 novembre 2022

In Difesa delle Grandi Aziende Italiane, spesso denigrate con Stupidità e/o Malafede. Proseguiamo con le Industrie AVIO dalla storica BPD


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In Difesa delle Grandi Aziende Italiane, spesso denigrate con Stupidità e/o Malafede. Proseguiamo con le Industrie Mandelli


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In Difesa delle Grandi Aziende Italiane, spesso denigrate con Stupidità e/o Malafede. Proseguiamo con Leonardo.

Il piano strategico Be Tomorrow - Leonardo 2030 indica le linee guida di sviluppo di Leonardo, che punta a consolidarsi come operatore di riferimento nel settore dell'AD&S a livello internazionale, mantenendosi al centro delle principali iniziative strategiche di cooperazione e con un ruolo trainante nei futuri cicli tecnologici.
Rafforzamento delle attività core, evoluzione dei servizi e dell’offerta, presidio dei processi di innovazione tecnologica sono le direttrici di crescita di Leonardo nei prossimi dieci anni. 


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In Difesa delle Grandi Aziende Italiane, spesso denigrate con Stupidità e/o Malafede. Iniziamo con la Barilla.

Per correttezza preciso che non sono un consumatore di Pasta Barilla (uso La Molisana e saltuariamente Voiello) ma credo doveroso spendere una parola in difesa delle Grandi Aziende Italiane. La Barilla, nata nel 1877, oltre ad essere di proprietà della Famiglia Barilla, da ormai molti anni produce solo ed esclusivamente con Grani Italiani, un tempo ha usato anche Grani di importazione per meno del 30% e ritengo la stessa (oltre alle altre grandi aziende che onorano l'Italia) un patrimonio da conservare e difendere. Per quanto riguarda la valutazione sulla Qualità, va fatta da professionisti con le dovute e approfondite analisi, non certo per sensazioni personali e/o per sentito dire e/o aver letto qualche riga scritta da chi infanga sempre tutto e tutti. 
Cordialità. 
Giancarlo Bertollini 
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giovedì 25 febbraio 2021

IL GRUPPO DEI ROMANISTI !

Nel maggio 1929 Giuseppe Ceccarelli (Ceccarius), Vitaliano Rotellini, Franco Liberati, Augusto Jandolo, Carlo Alberto Salustri (Trilussa), Ettore Petrolini, Ignazio Mascalchi e Ettore Veo, decisero di costituire un gruppo che, dopo parecchie riunioni tenute nella galleria d’antiquariato di Jandolo e presso il principe don Francesco Ruspoli, formò il nucleo di quello che nella riunione dell’8 giugno 1929 assumerà ufficialmente come nome «I Romani della Cisterna». L'associazione, per volontà espressa dei fondatori, restò tuttavia non regolamentata, anche se un gruppo ristretto (Jandolo, Liberati e Veo) funzionò da coordinatore delle iniziative e dell’ammissione dei nuovi membri. Molto presto vi furono accolti personaggi in vista dell’amministrazione comunale, come Giuseppe Bottai, governatore di Roma nel 1935-1936, nel periodo in cui erano in corso e si decidevano i grandi cantieri urbani; Antonio Muñoz, ispettore generale alle belle arti del Governatorato di Roma dal 1928 al 1944, o Aroldo Coggiati delegato municipale di Trastevere. La stampa locale dava regolarmente conto delle riunioni che si tenevano secondo un ritmo settimanale sia alla Cisterna sia presso altri esercizi pubblici. Uno degli argomenti d’interesse costante dell’associazione fu quello della conoscenza e della diffusione del dialetto romano. Nell'ottobre del 1931 Ettore Veo annunciò sul Giornale della domenica il progetto di edizione completa dei sonetti di Gioachino Belli, a cura di Giorgio Vigolo, che avrebbe visto la luce nel 1951.Sembra che grazie ai loro legami con l'amministrazione comunale, i Romani della Cisterna abbiano svolto un ruolo non trascurabile per la salvaguardia di alcuni monumenti condannati in un primo tempo a sparire in seguito ai lavori urbanistici degli anni Trenta (Sant’Omobono, San Nicola in Carcere).

IL GRUPPO OGGI !

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mercoledì 8 luglio 2020

Il Ritorno alle Relazioni Umane al di là delle Concezioni Tecnologiche Moderne.

di Giancarlo Bertollini

Fin da piccoli, attraverso i media siamo colpiti soprattutto dalle straordinarie potenzialità legate alla Tecnologia, al Marketing, alla Comunicazione e dagli enormi vantaggi che dalla “Mercatistica o Scienza del Mercato”  le aziende e le associazioni ne traggono. Le finalità di questa disciplina sono e debbono essere quelle di garantire il più efficace impiego delle risorse, per ottenere risultati concreti su fronti critici quali l'incremento delle vendite, delle iscrizioni, il contenimento dei costi, ecc. 
In un mondo che corre sempre più velocemente in equilibrio precario, cresce anche l’esigenza di soluzioni sempre più vantaggiose per lo sviluppo ma  allargate al contesto in cui si opera: l’ambiente. 
La nostra, infatti, è la prima generazione della storia, con il compito di decidere se la specie  di cui facciamo parte, dovrà o meno continuare ad esistere: 
l’Uomo potrà salvarsi solo se impiegherà le risorse disponibili per tentare di riparare i danni provocati all'ambiente. Nei nuovi insediamenti ed in quelli doverosamente rinnovati, si profilano periodi di grande dinamismo e di una sempre più spietata concorrenza, dove sarà determinante il profilo della correttezza nello sfruttamento delle risorse.
Il nostro paradigma deve essere : 
le "Aziende" non esistono, esistono 
gli Uomini che le compongono!
(Il fattore umano è tornato ad essere determinante). 
Come fare ?   Inizierei con l’applicare questi miei pensieri !

Vision - La Visione.
Un Mondo migliore dal Nord al Sud, dall’Oriente all’Occidente, dallo Zenit al Nadir, con EcoManager impegnati verso uno sviluppo sostenibile.

Mission - La Missione.
Collaborare al miglioramento, tenendo continuamente presente che:
le Aziende non esistono ma esistono gli Uomini che le compongono.

Behavior - Il Comportamento.
Muoversi sempre con correttezza, ricordando che tutte le DIFFICOLTÀ sono benvenute, esaltano le QUALITÀ di chi le affronta e si chiamano OPPORTUNITÀ.


Tecnologia: è bene o è male? 

Oggi viviamo, almeno nei paesi sviluppati economicamente, all’interno di ‘società tecnologiche’, così chiamate per evidenziare il fatto che il progresso tecnologico rappresenta un aspetto fondamentale della vita dei cittadini. Diversi sono gli atteggiamenti rispetto al continuo cambiamento imposto dalla tecnologia: da quello catastrofista di chi l’accusa di essere alla radice di molti, se non tutti, i mali del mondo moderno, a quello di chi invece entusiasticamente pensa che comunque la tecnologia migliori la vita di tutti. Entrambi gli atteggiamenti portano a esagerazioni, come quelle di chi vede la scienza come ‘buona’, in quanto ricerca disinteressata, da contrapporre a una tecnologia ‘cattiva’, volta solo al profitto, che rende meno ‘naturale’ la nostra vita. C’è poi un atteggiamento, anch'esso pessimista, che vede il progresso tecnologico come la causa di una crescente perdita di umanizzazione della vita quotidiana, o addirittura come una micidiale arma in mano ai governi per controllare, fin nel più minuto dettaglio, la vita dei cittadini. 
Esempi chiari di questo atteggiamento sono il film Tempi moderni (1936), di Charlie Chaplin, e il romanzo “1984”, scritto da George Orwell nel 1949, quando il dibattito sulle conseguenze del progresso tecnologico era agli inizi.
Certamente ci sono aspetti della tecnologia che creano problemi per l’ambiente e la nostra salute. Lo sviluppo di nuove tecnologie provoca l’obsolescenza di quelle precedenti, con immense quantità di rifiuti da smaltire; altre tecnologie, come quella del motore a scoppio delle automobili, sono molto inquinanti e diffusissime in tutto il globo. 
Esiste però un diverso approccio a questo importante problema che si sta facendo strada: quello dello sviluppo sostenibile. Da una parte si riconosce che la tecnologia da sempre migliora le condizioni di vita, dall'altra si porta in primo piano la necessità di coniugare lo sviluppo di un mondo sempre più popolato ed esigente in termini di risorse naturali con il minore impatto possibile sull'ambiente.

Nuove tecnologie dunque, ma più rispettose dell’ambiente. Questo atteggiamento consapevole dipende molto anche dalla volontà di tutti i cittadini, che sono gli utilizzatori finali di tanti prodotti della tecnologia. 

Scienza e tecnologia: un legame molto stretto. 
Esiste oggi una certa difficoltà a distinguere cosa sia scienza e cosa tecnologia. Un’idea molto diffusa è che la scienza si interessi alle leggi generali della natura, studiandola tramite discipline come la biologia, la chimica, la fisica. Questa opinione privilegia l’aspetto, indubbiamente molto importante, della speculazione scientifica, spesso vista come una ricerca senza scopi immediati e completamente libera, ma relega la tecnologia a un ruolo soprattutto ‘pratico’ di applicazione delle leggi generali scoperte dalla scienza. È un’opinione piuttosto semplicistica e può portare alla pessima conclusione, anch'essa piuttosto diffusa, che la tecnologia ‘serve’, è utile, mentre la scienza è inutile e difficile.
La storia insegna invece che le cose sono più complesse e che scienza e tecnologia sono strettamente legate. Nel passato, molto più di ora, lo scienziato era anche un tecnologo raffinato, dato che spesso doveva costruire da sé i propri strumenti. 
Inoltre molte invenzioni, come per esempio la macchina a vapore, precedettero anche di molto tempo la corrispondente teoria fisica, in questo caso la termodinamica, che ne spiegava il funzionamento.
Altre invenzioni fondamentali, oggi diremmo applicazioni tecnologiche, furono invece scoperte ‘per caso’ nel corso di ricerche scientifiche svolte per tutt'altro scopo, come la lampadina, il cui principio di funzionamento fu scoperto nel corso delle prime misurazioni sulle conseguenze del passaggio della corrente elettrica in vari materiali. Non si sarebbe, in altre parole, mai arrivati alla lampadina (Thomas Alva Edison), semplicemente sviluppando e perfezionando le tecnologie di illuminazione già esistenti, come la candela.
Un altro esempio, simile ma ben più recente, potrebbe essere il web, sviluppato negli anni Novanta dello scorso secolo da scienziati e militari che si occupavano anche di fisica nucleare, semplicemente per scambiarsi documenti. Reso disponibile, in pochi mesi il web si diffuse in tutto il mondo.
Non sempre dalla scienza ‘pura’ discende il progresso tecnologico, anzi spesso avviene il contrario. La tecnologia, oggi come in passato, crea infatti nuovi strumenti che offrono ulteriori possibilità, a volte incredibilmente potenti, alla ricerca di base. Per restare nel passato pensiamo all'invenzione del cannocchiale, che dette a Galileo Galilei la possibilità di iniziare lo studio moderno dell’Universo. Oppure, per tornare ai nostri tempi, pensiamo a uno dei maggiori avanzamenti nelle scienze biologiche, la mappatura del DNA umano, possibile solo grazie alla disponibilità di strumentazione elettronica, computer e software molto evoluti. 

Il Futuro: le Relazioni umane. 
Forse non sempre ce ne rendiamo conto ma il fulcro attorno al quale ruota l'esistenza umana sta nella capacità di relazionarsi, di comunicare, di far passare il proprio pensiero così come vive dentro di noi e nel contempo comprendere quale sia il vero pensare altrui. 
I bambini iniziano a sentire le piccole difficoltà del vivere quando perdono la sicurezza di essere compresi dai genitori. La difficoltà relazionale "principe" è il pensare che gli altri o semplicemente l'altro non ci comprenda. E' qui che nascono i problemi di relazione, le sensazioni di solitudine, alcuni disagi e persino molte depressioni. Agli umani non manca la capacità intrinseca di socializzare e di vivere in società; non mancano nemmeno i linguaggi per comunicare, con la parola, con i gesti, gli sguardi, le posture. 
Tutto ciò però si impiglia nel decodificatore che ogni singola persona ha incorporato nel proprio io. E nei mezzi di comunicazione che ci stanno imponendo modelli su cui riflettere.
Le relazioni umane sono il centro di tutto. L'essenza ultima di ogni ansia umana finisce sempre col manifestarsi come un problema di relazione: 
con i genitori, con i figli, con i colleghi, con gli amici, con il partner, con i vicini, i concittadini, le diverse culture, etnie e via dicendo. 
Comincio a pensare che la risoluzione di alcuni conflitti che appaiono ormai senza via d'uscita dovrà un giorno passare da un'analisi della capacità relazionale che hanno le persone, a livello di singolo, di comunità, di etnia o di popolo. 
Non può esserci compromesso possibile laddove persone non vogliono categoricamente relazionarsi: non è percorribile alcuna strada diplomatica se non quella di cercare in qualche maniera di ricostruire una linea relazionale. 
Per questo sono sostanzialmente contro ogni tipo di pregiudizio verso chiunque. 
La base per comprendere l'altro è sempre la relazione, il parlarsi, il comunicare. 
Nella chiusura a priori non può evolvere nulla se non l'esasperazione delle inconciliabilità, che alla fine si alimentano di loro stesse. 
Lasciando i massimi sistemi e osservando il nostro piccolo mondo che ci circonda, la capacità di relazionarsi assume un'importanza cruciale nella qualità della nostra vita. 
Una linea di pensiero affermatasi da qualche decennio, ha imposto il modello dell'autostima come la risoluzione della maggior parte dei crucci esistenziali. Per una serie di ragioni l'iniziazione all'autostima è stata fondamentale per alcune persone: penso alle donne che attraverso il riposizionamento del loro ruolo allo stesso livello del maschio hanno smascherato secoli di predominio maschilista, ipocrita quanto nefasto. Ma penso anche ai giovani che dal '68 in poi hanno, a fatica, comunicato al mondo che c'erano, sebbene poi ancora oggi il potere sia in mano ad una gerontocrazia troppo spesso inetta.
Potrei fare riferimento anche alle conquiste sindacali e ad altro, ma c'è un'altra faccia della medaglia. Il culto un po' narcisista dell'autostima ha creato fratture relazionali fra chi riesce a stimarsi davvero e chi invece, per un mucchio di motivi che nulla hanno a che vedere con il potenziale della persona, non ci riesce. Il sicuro di se', il brillante ha buon gioco nelle relazioni spicce (meno su quelle e medio/lungo termine), mentre il timido, l'umile, l'introverso si richiude in una solitudine che si autorigenera continuamente.
Tutto ciò è sempre accaduto ma oggi ha un effetto deflagrante per il tipo di comunicazione che si sta affermando sempre più giorno per giorno: la comunicazione liquida, volatile, che si compone di piccole frasi e pochi ragionamenti, che si esprime via messaggi o attraverso alcuni strumenti controversi tipo Facebook. Il tutto si mescola fra quantità e masse variabili. 

La selezione è esercitata senza scrupoli, con dinamiche che solo vent'anni fa erano inconcepibili. 

Il telefono. Io sono nato in un'epoca dove il telefono suonava e uno per sapere chi stava dietro doveva alzare la cornetta e rispondere. Se c'eri bene; se non c'eri non rispondevi, se non volevi rispondere potevi farlo ma ti rimaneva il dubbio di chi ci fosse dalla parte di là della cornetta. Adesso si può vedere chi ti chiama e non rispondere. Sembra una faccenda da nulla ma è un modo di fare che spezza in maniera drastica il modello relazionale del "cercarsi". Le relazioni non comportano infatti il solo parlarsi ma nascono prima, nel cercarsi, nel ricordarsi di una persona, sia per un bisogno, sia per affetto, sia per il semplice sentire quella persona.
La selezione che i nuovi media comunicazionali consentono soffoca spesso alla fonte la possibilità di parlare, di ascoltare e farsi ascoltare, di spiegarsi. Alcune teorie un po' "snob" e vecchiotte, continuano a dire che la comunicazione attuale può contare su centinaia di canali ed è perciò molto facilitata. Anch'io la pensavo così fino ad un po' di tempo fa'. Ora mi chiedo se la quantità dei canali corrisponda davvero ad un miglioramento delle relazioni umane. Invece gioca un ruolo importante la qualità dei media, e su questo punto si sta progredendo verso una via che a me francamente preoccupa.
Ho paura che il relazionarsi si stia facendo sempre più a misura di "software" e sempre meno a misura d'uomo. Io, per esempio, non amo Facebook, anche se lo frequento molto, e mi spiace per i tanti amici che tendono a “viverci”.  
Sembra di viaggiare fra tonnellate di titoli di giornale, ognuno con la propria testata e i propri titoletti. Niente di davvero interessante. 
Ma questa è una mia opinione
Ciò che volevo dire è che c'è una mutazione delle relazioni umane che si sta sempre più codificando in "icone", frasi isolate, a me piace questo, a te quest'altro. Chi ha buon gioco è la persona estroversa, che si stima, che riesce a dominare più comunicazioni contemporaneamente e nella massa produce molte microrelazioni. Chi invece è di indole più riflessiva, meno esplosiva soccombe e rinuncia ripiegandosi su un disagio che probabilmente dimostrerebbe il contrario. Le relazioni umane dovrebbero, col tempo, recuperare una sostanza fatta di pensiero e non solo di contatti. 
Relazionarsi è il grande ed unico scopo che ha l'uomo nel vivere: confrontarsi, vivere in società, collaborare, costruire amicizie, conoscenze, amori; tutto è condizionato dalla potenzialità e dalla capacità di relazionarsi.
Un bel futuro non può prescindere da un buon relazionarsi. 

                                          Giancarlo Bertollini

Bibliografia:
Articoli dalle ricerche universitarie.
Lavori per Siti WEB di Giancarlo Bertollini.
Consultazione della Enciclopedia Italiana (Treccani).

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giovedì 25 giugno 2020

Ernesto Nathan il Grande Sindaco di Roma.

Ernesto Nathan
In un discorso tenuto nel 1898 a Torino definì la massoneria «associazione patriottica ed educativa, non associazione politica» 
(Il compito massonico. Discorso inaugurale del Gran Maestro E. N. alla Conferenza massonica nazionale. Torino, 20 settembre 1898, Roma 1898)
Egli finì così per deludere quegli affiliati che auspicavano una più netta democratizzazione della massoneria e il suo diretto coinvolgimento nelle competizioni politiche e amministrative a sostegno dell’estrema sinistra. 


E dobbiamo al suo "Genio" la ciotola fissata sotto ai "Nasoni" 
e la indimenticabile battuta " 'n c'è trippa pe' gatti ".  
*** *** ***
La giunta Nathan guidò l’amministrazione municipale di Roma per sei anni, fino al novembre 1913, e lasciò un’impronta indelebile nella storia della città. Potendo giovarsi anche dei provvedimenti finanziari a favore della capitale previsti dalla legge del luglio 1907, avviò un diversificato piano di interventi che toccò tutti gli ambiti della sfera amministrativa introducendo significative innovazioni. Uno dei principali settori su cui Nathan concentrò l’attenzione fu quello delle scuole pubbliche, che versavano a Roma in condizioni particolarmente precarie. Oltre ad avviare un’intensa opera di edilizia scolastica, furono istituiti biblioteche, giardini d’infanzia, scuole all’aperto, corsi estivi di ripetizione, e soprattutto fu difesa la connotazione laica dell’istruzione rifiutando di impartire nelle scuole comunali alcun insegnamento di natura confessionale. Poderoso fu poi l’intervento di municipalizzazione dei pubblici servizi, che, sotto la guida dell’assessore ai servizi tecnologici Giovanni Montemartini, portò alla nascita di aziende comunali in vari settori, fra cui quelli per la gestione delle tramvie e dell’illuminazione elettrica. Come previsto dalla legge del 1903, le delibere relative alla municipalizzazione dei servizi pubblici furono sottoposte a un referendum popolare che si tenne nel 1909, nella data simbolicamente evocativa del 20 settembre. Questa consultazione popolare sancì l’inizio di un processo di crescente coinvolgimento della cittadinanza nelle scelte dell’amministrazione che si manifestò sia attraverso altri referendum, indetti per decidere questioni specifiche anche a livello rionale, sia mediante la nascita di alcune associazioni di quartiere. Il risultato fu una sorta di inedita «democrazia partecipativa», che accrebbe il consenso intorno alla giunta Nathan. La costruzione di numerose opere pubbliche (palazzi, monumenti, ponti, piazze, strade, sistemi di fognatura), alcune delle quali inaugurate nel 1911 in occasione dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’Unità, e l’ambizioso intervento di recupero igienico e scolastico dell’Agro romano contribuirono ulteriormente a creare un’opinione favorevole intorno all’operato dell’amministrazione.

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mercoledì 24 giugno 2020

Antiche Misure: tentiamo di mettere ordine. IL CUBITO

IL CUBITO
Il Cubito era diviso in 7 Palmi di 7,47 cm, a loro volta divisi 
in 4 Dita di 1,8 cm. 100 Cubiti costituivano un Khet.


Valore Assoluto del Cubito.
E’ necessario fare una precisazione: in antichità non esisteva un rigido sistema di controllo dei Pesi e delle Misure, come nel Mondo moderno. A seconda dei periodi storici e delle località
le unità di lunghezza potevano variare leggermente. 
Il valore di 52,5 cm del Cubito Reale e 44,7 cm per il Cubito piccolo, costituiscono dei valori medi.
A testimonianza di questo, sono le diverse dimensioni che sono state riscontrate nei righelli di misura trovati negli scavi archeologici.
I Cubiti ritrovati nella Tomba dell’Architetto Kha, oggi conservati a Torino, misurano 52,4 cm (quello dorato) e 52,7 (quello pieghevole in legno). Nella stessa sede sono conservati altri tre Cubiti, due di 52,5 cm e uno di 52 cm. Infine, il Cubito di legno conservato al Louvre risulta lungo 52,4 cm. 
Mentre quello del British Museum di Londra di 52,35 cm.

E’ interessante notare che studi matematici-architettonici fatti sui rapporti di forma della Piramide di Cheope e sulla Camera del Re, indicherebbero che, al tempo in cui fu realizzata, il Cubito Reale fosse di 52,37 cm (Petrie 1934).

La lunghezza del Cubito Reale espressa in cm è pari a 52,36.
Questo valore è oggi accettato da tutti gli studiosi.

La distanza dal gomito alla punta del dito era anticamente la misura usata più comune.

Il Cubito Ebraico era di 44,45 cm mentre quello Egiziano era un pochino più lungo (44,7) ed era di sei Palmi (vedi Palmo). 
Il Cubito lungo o Reale era invece di sette Palmi 52,36 cm.
Il Cubito Romano era uguale a quello Ebraico.

Possiamo pertanto ritenere corretta la misura ritrovata in alcuni scavi e utilizzabile oggi. 
Asta  Cerimoniere  = 3 Cubiti Reali = 157,08 Centimetri.
 Aste dei 2 Diaconi = 1 Cubito Reale = 52,36 Centimetri. 

                                        Giancarlo Bertollini  


                        Roma, 17 maggio 2017 E.V.

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lunedì 22 giugno 2020

IL MITO DELLA CAVERNA.

Il “mito della caverna”, una famosa metafora di Platone, filosofo greco a cavallo tra il V e il IV secolo a. C., è tra le più interessanti ed attuali della nostra cultura, perché ci mostra come certi messaggi e certe tematiche siano state già affrontate nei tempi antichi, senza che ne cogliessimo alcun insegnamento.

Nel “mito della caverna” Platone mostra come la maggior parte degli esseri umani viva credendo che ciò che vede sia l’unica realtà possibile, senza rendersi conto che quello che osserviamo e percepiamo è solo un’ombra, ovvero una piccolissima parte di ciò che esiste. Inoltre, non sempre queste ombre rappresentano ciò che davvero esiste, perché, nella maggior parte dei casi, tutto ciò che ci viene riferito come “verità” è frutto delle decisioni di chi vuol far crescere in noi determinate credenze per limitare le nostre capacità. Rendiamoci conto che il mito di cui si sta argomentando è stato scritto 2000 anni fa e sembra essere ancora attuale.
Ciò implica che la storia si ripete da almeno 2000 anni, e questo denota che non abbiamo compreso che metaforicamente stiamo ancora dentro la caverna.

Per capire meglio il concetto potete vedere qui sotto un’immagine:

A sinistra troviamo degli uomini con la testa, il collo e le braccia incatenate fin dall'infanzia, in modo tale che essi possano vedere solo una parte della caverna posta davanti a loro. Alle spalle dei prigionieri è stato acceso un enorme fuoco, e tra il fuoco ed i prigionieri corre una strada rialzata.
Lungo questa strada è stato eretto un muro, e dietro ad esso si trovano alcuni uomini che portano varie forme di oggetti e animali la cui ombra viene proiettata sul muro davanti ai prigionieri tramite la luce emessa dal fuoco. Se qualcuno degli uomini che portano gli oggetti simbolici emettesse dei suoni o dei versi, i prigionieri, non potendo vedere altro, penserebbero che questi vengano emessi dalle ombre.

Ora, si supponga che uno dei prigionieri riesca a liberarsi raggiungendo l’uscita della caverna. Da quell'altezza egli potrebbe avere un’idea molto più chiara della situazione presente nella caverna, e rendersi conto che le ombre sono solo una proiezione di qualcosa che in realtà non esiste, e che tale visione è stata imposta da qualcuno.
A quel punto il fuggivo che ha preso consapevolezza ha due scelte: andare verso la luce o tornare nella caverna.


Dopo aver vissuto anni e anni al buio, 
la luce può far male, e può accecarlo.

Inizialmente è possibile che possa non vedere e che si senta confuso, e questo potrebbe spaventarlo. Se vorrà andare oltre la caverna e conoscere il mondo esterno, potrà farlo solo con il tempo e la volontà. Il percorso non sarà facile, ma alla fine ricomincerà a vedere e scoprirà suoni e forme che gli daranno gioia e vitalità.

Questo mito vi ricorda qualcosa?
Gli uomini incatenati davanti alle ombre proiettate da alcuni “signori” non ricordano un poco la nostra popolazione seduta davanti al televisore che guarda, ascolta e accetta una realtà proposta da un “sistema” che ci vuole incatenati e vincolati a ciò che ci viene prospettato come unica realtà possibile?
Il fuggitivo Vi non ricorda tutte quelle persone che hanno capito come funziona  il “sistema” e provano con volontà e tenacia ad andare oltre quello che sanno, riscoprendo un modo di vivere totalmente diverso?
La luce che acceca il fuggitivo non vi ricorda le difficoltà che incontriamo quando dobbiamo abbandonare la nostra “zona di comfort” e rimboccarci le maniche per pensare diversamente e vivere meglio?

Se questo mito ricorda anche a voi tutto questo, chiedetevi perché dopo 2000 anni siamo ancora dentro una caverna senza rendercene conto. 

Ancora oggi proviamo a cambiare le cose e cerchiamo l’uscita, perché dentro di noi non possiamo più credere che sia giusto stare al buio. 
Sappiamo che esiste un modo diverso e migliore di vivere:  
NELLA LUCE ! 

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