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mercoledì 14 marzo 2018

IL PRESIDENTE IMPERTINENTE di Marcello Veneziani

Ah, Sandro Pertini, il presidente della repubblica più amato dagli italiani. Il presidente della gente, dei bambini, il fumetto con la pipa, il presidente-partigiano che esce dal protocollo. L’Impertinente. Il Puro.
A quarant’anni dalla sua elezione al Quirinale, in un diluvio celebrativo, uscirà domani al cinema un film agiografico su di lui. Noi vorremmo integrare il santino raccontando l’altro Pertini.
Alla morte di Stalin nel ’53, il compagno Pertini, già direttore filo-sovietico dell’Avanti! e all’epoca capogruppo socialista celebrò il dittatore in Parlamento. Ecco cosa disse su l’Avanti!: «Il compagno Stalin ha terminato bene la sua giornata, anche se troppo presto per noi e per le sorti del mondo. L’ultima sua parola è stata di pace. […] Si resta stupiti per la grandezza di questa figura… Uomini di ogni credo, amici e avversari, debbono oggi riconoscere l’immensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto ». Quell’elogio, mai ritrattato da Pertini, neanche dopo che si seppero tutti i crimini di Stalin, non fa onore a un combattente della libertà e dei diritti dei popoli.
Da Presidente della Repubblica il compagno Pertini concesse appena fu eletto, la grazia al boia di Porzus, l’ex partigiano comunista Mario Toffanin, detto “Giacca”, nonostante questi non si fosse mai pentito dei suoi crimini per i quali era stato condannato all’ergastolo. Toffanin fu responsabile del massacro di Porzus, febbraio 1945: a causa di una falsa accusa di spionaggio, furono fucilati ben 17 partigiani cattolici e socialisti (la “Brigata Osoppo”), da parte di partigiani comunisti (Gap). Tra loro fu trucidato il fratello di Pasolini, Guido. Dopo la grazia di Pertini a Toffanin lo Stato italiano concesse al criminale non pentito pure la pensione che godette per vent’anni, insieme ad altri 30mila sloveni e croati “premiati” dallo Stato italiano per le loro persecuzioni antitaliane. Pertini partecipò poi commosso al funerale del presidente jugoslavo Tito (1980), il primo responsabile delle foibe, baciando quella bandiera che destava terribili ricordi negli esuli istriani, giuliani e dalmati.
Pertini fu uno spietato capo partigiano. Il suo nome ricorre in molte vicende. Per esempio, quella della coppia di attori Valenti-Ferida. Luisa Ferida aveva 31 anni ed era incinta di un bambino quando fu uccisa dai partigiani all’Ippodromo di San Siro a Milano assieme a Osvaldo Valenti, il 30 aprile 1945, accusati di collaborazionismo, per aver frequentato la famigerata Villa Triste, a Milano, sede della banda Koch. L’accusa si dimostrò infondata al vaglio di prove e testimonianze; lo stesso Vero Marozin, capo della Brigata partigiana che eseguì la loro condanna a morte, dichiarò, nel corso del procedimento penale a suo carico: «La Ferida non aveva fatto niente, veramente niente». I due attori, infatti, pagarono la loro vita tra lussi e cocaina ma non avevano responsabilità penali o politiche tali da giustificarne la fucilazione per collaborazionismo. Nelle dichiarazioni rese da Marozin in sede processuale Pertini fu indicato come colui che aveva dato l’ordine di ucciderli: “Quel giorno- 30 aprile 1945 -Pertini mi telefonò tre volte dicendomi: “Fucilali, e non perdere tempo!”). Si veda al proposito ”Odissea Partigiana” di Vero Marozin (1966) “Luisa Ferida, Osvaldo Valenti, Ascesa e caduta di due stelle del cinema” di Odoardo Reggiani (Spirali 2001. “Pertini si era rifiutato di leggere il memoriale difensivo che Valenti aveva elaborato durante i giorni di prigionia, nel quale erano contenuti i nomi dei testimoni che avrebbero potuto scagionare i due attori da ogni accusa. La casa milanese di Valenti e della Ferida venne svaligiata pochi giorni dopo la loro uccisione. Fu rubato un autentico tesoro (cani di razza inclusi) di cui si perse ogni traccia”.
È famoso l’episodio accaduto all’arcivescovado di Milano nel ’45, quando Pertini incrociò sulle scale Mussolini, reduce da un colloquio col cardinale Schuster. Pertini disse poi di non averlo riconosciuto, “altrimenti lo avrei abbattuto lì, a colpi di rivoltella”. Poi aggiunse: “come un cane tignoso”. Pertini sosteneva la necessità di uccidere Mussolini, non arrestarlo: se si fosse salvato, disse, magari sarebbe stato eletto pure in Parlamento. Delle responsabilità di Pertini nella strage di via Rasella a Roma, ne scrisse William Maglietto in Pertini si, Pertini no Settimo Sigillo, 1990).
Al Quirinale, al di là dell’immagine bonaria del presidente che tifa Nazionale, gioca a carte, va a Vermicino per Alfredino, il bambino caduto nel pozzo, si ricorda il suo carattere permaloso. Ad esempio quando cacciò il suo capo ufficio stampa, Antonio Ghirelli, valoroso giornalista e galantuomo socialista. O quando chiese di cacciare Massimo Fini dalla Rizzoli in seguito a un articolo su di lui che non gli era piaciuto. Così ne parlò lo stesso Fini: “Immediata rabbiosa telefonata al direttore della Domenica del Corriere Pierluigi Magnaschi, un gentleman dell’informazione, il quale ricoperto da una valanga di insulti cerca di barcamenarsi alludendo all’autonomia delle rubriche dei giornalisti, allo spirito un po’ da bastian contrario di Massimo Fini. Il “nostro” San Pertini gli latra minacciosamente:”Non credere di fare il furbo con me, imbecille! Chiamo il tuo padrone Agnelli e vediamo qui chi comanda!” E infatti il giorno dopo mi si presenta il responsabile editoriale della casa editrice Lamberto Sechi…”. Lo stesso Pertini disse a Livio Zanetti in un libro-intervista:”Cercai inutilmente di far licenziare uno strano giornalista italoamericano”. Nenni nei suoi diari considerava Pertini un violento iracondo.
Quando l’Msi celebrò il suo congresso a Genova nel 1960, fu proprio Pertini ad accendere il fuoco della rivolta sanguinosa dei portuali della Cgil col discorso del “brichettu” (il cerino). E vennero i famigerati “ganci di Genova”, coi quali un governo democratico di centro-destra, a guida Tambroni, con l’appoggio esterno del Msi, fu abbattuto da un’insurrezione violenta nel nome dell’antifascismo.
Proverbiale era la poi sua vanità. Ghirelli riferì uno sferzante giudizio di Saragat: “Sandro è un eroe, soprattutto se c’è la televisione”. E i suoi abiti firmati, le sue scarpe Gucci mentre predicava il socialismo e il pauperismo…
Fiorirono poi tante maldicenze su di lui, capo partigiano e poi leader socialista che vi risparmio circolavano giudizi dell’Anpi, di Marco Ramperti… Francesco Damato ricordò: “Nel 1973 Pertini mi comunicò di avere appena cacciato dal proprio ufficio di presidente della Camera il segretario del suo partito, Francesco De Martino. Che gli era andato a proporre di dimettersi per far posto a Moro, in cambio del laticlavio alla morte del primo senatore a vita”. Poi fu proprio l’onda emotiva dell’assassinio Moro e l’asse Dc-Pci sulla non-trattativa che portò a eleggerlo due mesi dopo al Quirinale.
Infine va ricordato il Pertini che agli operai di Marghera, nel pieno infuriare del terrorismo rosso con larghe scie di sangue, disse: “Sono stato un brigatista rosso anch’io” per poi negare che le Br fossero rosse, giudicandoli solo “briganti”, così da recidere il filo rosso tra Br e partigiani. Il Presidente di una repubblica flagellata in quegli anni dal terrorismo rosso, si definiva orgoglioso “un brigatista rosso”.
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sabato 9 aprile 2016

LE PREVISIONI DEL PRESIDENTE COSSIGA DI INCREDIBILE ATTUALITÀ.

Ecco cosa diceva Cossiga sul presidente della #Bce Mario Draghi.sembrava una profezia assurda...come al solito derisa...invece dopo anni rivedere questo video...siamo alla fine della storia se non vi siete resi conto!Ecco cosa diceva Cossiga sul presidente della #Bce Mario Draghi.
Pubblicato da Alessandro Carluccio su Mercoledì 30 settembre 2015
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domenica 29 novembre 2015

Prima che gli USA imponessero all'Italia di considerare Assad un dittatore e la Siria uno stato canaglia il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano elogiava Assad e sua moglie per aver reso la Siria un paese civile, laico, tollerante, rispettoso delle minoranze e difensore della comunità cristiana in medio oriente. E' il 18 marzo 2010 quando Giorgio Napolitano si reca in visita ufficiale a Damasco. Fino ad allora nessun Presidente della Repubblica aveva visitato la Siria. Ecco le sue parole: “Difficile non rimanere colpiti dalla bellezza del Paese e dall'ospitalità del suo popolo... Esprimo apprezzamento per l’esempio di laicità e apertura che la Siria offre in Medioriente e per la tutela delle libertà assicurate alle antiche comunità cristiane qui residenti”. Video, pubblicato dall'ufficio stampa del Quirinale.


Prima che gli USA imponessero all'Italia di considerare Assad un dittatore e la Siria uno stato canaglia il presidente della repubblica italiana Giorgio Napolitano elogiava Assad e sua moglie per aver reso la Siria un paese civile, laico, tollerante, rispettoso delle minoranze e difensore della comunità cristiana in medio oriente. E' il 18 marzo 2010 quando Giorgio Napolitano si reca in visita ufficiale a Damasco. Fino ad allora nessun presidente della Repubblica aveva visitato la Siria. Ecco le sue parole: “Difficile non rimanere colpiti dalla bellezza del Paese e dall’ospitalità del suo popolo... Esprimo apprezzamento per l’esempio di laicità e apertura che la Siria offre in Medioriente e per la tutela delle libertà assicurate alle antiche comunità cristiane qui residenti”.  Video, pubblicato dall’ufficio stampa del Quirinale
Posted by Emiliano Cappellini on Venerdì 27 novembre 2015
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martedì 3 febbraio 2015

Messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Parlamento nel giorno del giuramento.

... Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione. 
E' una immagine efficace.
All'arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L'arbitro deve essere - e sarà - imparziale. 
I giocatori lo aiutino con la loro correttezza.
Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione. 
La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, peraltro, nella sua applicazione. Nel viverla giorno per giorno.
Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna in ambienti sicuri, garantire il loro diritto al futuro.
  • Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro.
  • Significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza, anche utilizzando le nuove tecnologie e superando il divario digitale. 
  • Significa amare i nostri tesori ambientali e artistici. 
  • Significa ripudiare la guerra e promuovere la pace. 
  • Significa garantire i diritti dei malati.
  • Significa che ciascuno concorra, con lealtà, alle spese della comunità nazionale. 
  • Significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi. 
  • Significa fare in modo che le donne non debbano avere paura di violenze e discriminazioni.
  • Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità.
  • Significa sostenere la famiglia, risorsa della società.
  • Significa garantire l'autonomia ed il pluralismo dell'informazione, presidio di democrazia.
  • Significa ricordare la Resistenza e il sacrificio di tanti che settanta anni fa liberarono l'Italia dal nazifascismo.
  • Significa libertà. Libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva. 
Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un senso forte della legalità. 
La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute.
La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile. 
Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini.
Impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato.
Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci. 


QUI IL LINK PER IL MESSAGGIO ORIGINALE !

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martedì 30 dicembre 2014

Questo è il discorso da ascoltare per la fine dell'anno !

 

martedì 20 maggio 2014

Magdi Cristiano Allam: Denuncio Napolitano per alto tradimento: la sua responsabilità nel golpe finanziario che fece fuori Berlusconi

Articolo Completo QUI !
L’avvocato Marco Mori dell’Associazione “Salviamo gli italiani”, in un esposto contro il colpo di stato finanziario ai danni di Berlusconi che sarà depositato in settimana alla Procura della Repubblica ipotizza i reati di “attentato contro l'integrità e l’indipendenza dello Stato” (art. 241 c.p.), “associazioni sovversive” (art. 270 c.p.), “usurpazione di potere politico” (art. 287 c.p.), “attentato contro i diritti politici dei cittadini” (art. 294 c.p.). L'esposto è a carico dei membri del Governo, di Giorgio Napolitano, Angela Merkel, nonché dei Governatori della Banca Centrale Europea e Banca d'Italia, Jean Claude Trichet e Mario Draghi.
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sabato 15 febbraio 2014

Finalmente l'Avvocatura romana tutta unita a difesa dei cittadini e della Costituzione




sabato 18 gennaio 2014

Farage: "Siamo gestiti da grandi imprese, grandi banche e grandi burocrati"

"...la Grecia è ora sotto il controllo straniero. Non potete prendere alcuna decisione, siete stati salvati e avete abbandonato la democrazia , cosa che il vostro paese ha inventato per primo.
E non volete ammettere che l'adesione all'euro è stato un errore, ovviamente Papandreou lo ha fatto, non è vero? Ha anche detto che ci sarebbe dovuto essere un referendum in Grecia, e in appena 48 ore la trinità profana (la Troika) che ora gestisce questa Unione Europea lo ha rimosso e sostituito da una marionetta, ex dipendente della Goldman Sachs.
Siamo ora gestiti da grandi imprese, grandi banche e, nella forma di Barroso , grandi burocrati."
Farage in Europarlamento nel dibattito per il programma della nuova Presidenza Greca UE

martedì 26 novembre 2013

CONCORDO APPIENO CON SALLUSTI




sabato 5 ottobre 2013

DENUNCIATI CINQUE SAGGI: "HANNO TRUCCATO I CONCORSI"

Carlo Bonini e Giuliano Foschini per "La Repubblica"
Giorgio Napolitano ed Enrico Letta
È una storia antica quanto i baroni. Ma i nomi e i numeri, stavolta, fanno più rumore. Hanno trafficato in cattedre universitarie, sostengono la Procura e la Finanza di Bari. In almeno sette facoltà di diritto, pilotando concorsi per associati e ordinari. Nelle università di Bari, Trento, Sassari, Milano Bicocca, Lum, Valle d`Aosta, Roma Tre, Europea di Roma. Secondo l`antica regola del "do ut des" (come per altro è stata battezzata l`indagine che, si scopre ora, li ha investiti), un format in ragione del quale in questo Paese si diventa professori per cooptazione e scambio, in un Monopoli del sapere dove i concorsi sono davvero imparziali solo per chi ha voglia di crederci. 

Fonte: DAGOSPIA - Articolo Completo QUI

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lunedì 30 settembre 2013

ITALIA: Repubblica degli inquieti

da Il Giornale del Piemonte di A.Mola

...La rinuncia al mandato da parte dei parlamentari  del Popolo della Libertà e della Lega Nord non ha nulla a che fare con l’ “Aventino” del 1924-25: un’esperienza fallimentare. Esso non è né un attentato alla Costituzione, né un colpo di Stato. E’ l’unico argomento politico rimasto a chi vuole aprire un dibattito alle Camere sullo sfacelo dello Stato di diritto ma si scontra con la sordità altrui: in un Parlamento comprendente molti membri eterodiretti da non si sa quali Guru effettivi (Grillo e Casaleggio sono solo controfigure di cartongesso di chi li ha orchestrati e finanziati). Proprio perché al momento solo “annunciate”, le “dimissioni”  dei parlamentari del PdL (per di più affidate solo ai capigruppo) sono un argomento dialettico. Indicano la linea rossa di questo parlamento. 
La catastrofe verrà invece a inizio dicembre se la Corte Costituzionale dichiarerà che la legge elettorale vigente è incostituzionale. In tal caso le Camere risulteranno invalide, quanto meno sul piano politico, nell'opinione interna e internazionale. Non in questi giorni ma a quel punto si spalancherà l’abisso, perché ne discenderà la nullità morale delle Camere, elette con una gigantesca e reiterata frode ai danni della sovranità nazionale, e ne risulterebbero inficiati tutti gli atti, inclusa l’elezione dell’attuale capo dello Stato. 

Fonte: Prof. Luigi Pruneti Scrittore e Saggista

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lunedì 3 giugno 2013

Napolitano: la riforma elettorale va fatta, senza dover tornare al proporzionale

Non ci sono scuse o attenuanti. Per Giorgio Napolitano 18 mesi è un tempo appropriato per le riforme. E sul presidenzialismo? «Non parlo né oggi né mai», afferma, incontrando i giornalisti al Quirinale, preferendo non intervenire su una questione che investe direttamente il suo ruolo. Per quanto riguarda la durata (e la tenuta) dell'esecutivo Letta, il capo dello Stato, al suo secondo mandato, spiega che «il governo senza dubbio è a termine», per poi aggiungere che «assolutamente» non c'è una scadenza per l'esecutivo attuale di larghe intese. «Apprezzo la scelta dei partiti che comporta sacrifici», continua, facendo riferimento alla decisione di dare vita a un governo composito dal punto di vista politico, che ... 
Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/wGEcq

Ne parliamo da alcuni decenni ! (Montanelli)

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sabato 20 aprile 2013

GIORGIO NAPOLITANO è stato confermato Presidente della Repubblica.

Presidente Giorgio Napolitano
La permanenza prolungata di un comunista sul Colle, ovviamente, non ci piace!!!
Tuttavia, in questo clima di incapacità generale, forse, sarà il male minore.
Gli scenari che si apriranno nei prossimi giorni, invece, saranno tutti da scoprire.
La convergenza delle forze politiche sul presidente della Repubblica verrà replicata anche nella formazione del nuovo governo?
A noi un inciucio con le sinistre non ci piacerebbe molto!!
Credo che questo Paese abbia bisogno di una nuova Legge elettorale e di una maggioranza vera che sia finalmente capace di permettere agli eletti di governare......
Con buona pace di Grillo!!!!
Alfio Bosco per RivaDestra

giovedì 18 aprile 2013

La politica italiana spiegata agli stranieri: una "lezione" di chiarezza da parte di Mario Nanni

Scritto da Redazione | Creato 17 Aprile 2013

Mario NANNI
NARDO'- C'è una regola non scritta tra i giornalisti e gli scrittori, e persino Manzoni ne era un sostenitore. Per farsi capire da quanta più gente possibile, infatti, chi scrive dovrebbe immaginare di avere davanti una persona semplice, il pensionato avanti con gli anni, il vicino di casa, la pia donna che esce da chiesa. O lo straniero lontano dalla nostra cultura, magari un giapponese ospite in Italia.
Il grande giornalista dalle origini neritine, Mario Nanni, fornisce periodicamente una relazione sulla situazione politica italiana ai suoi interlocutori stranieri. Per questo motivo si tratta di una sintesi che può apparire didascalica ma per lo stesso motivo è chiarissima e comprensibile ai più. E' un regalo di Nanni ai neritini: graditelo!
VERSO IL RUSH FINALE IN UN CLIMA DI GRANDE CONFUSIONE
Sommario:
-  Come nel giallo di Agatha Christie, ‘’I dieci piccoli indiani’’: è ormai corsa all'eliminazione dei candidati, ma è anche gioco al massacro;
-  Crescono le chances di Prodi, Grillo probabile kingmaker, con Casaleggio dietro le quinte (ma non troppo);
-   Il rischio dei ‘’franchi tiratori’’ incombe sul PD come sulla Dc nella Prima Repubblica;
-   La scelta di Amato, visto come ‘’uomo della casta’’ o mister 31 mila euro ( di pensione mensile) sarebbe un gran regalo propagandistico a Grillo;
-   Un PD a rischio di implosione può essere ricompattato, in gran parte, o da Prodi o da D’Alema ( con l’inaspettato appoggio di Renzi).
-   La possibilità di un terzo nome (oltre Prodi e Amato): Rodotà, Bonino (che ha il ‘’vantaggio’’ di essere donna, ma sta in Parlamento da 36 anni!)
Come era prevedibile da qualche mese, l’Italia si trova in una situazione di impasse politico-istituzionale senza precedenti.
Sembra una situazione senza uscita: un sistema politico entrato ormai in crisi, i partiti spaccati e in crisi anch'essi un governo dimissionario ma che continua a governare, un governo nuovo che non si riesce a fare, un Parlamento paralizzato e disoccupato, in attesa di cominciare a lavorare. E infine un presidente della Repubblica che se ne va, e un presidente nuovo da eleggere.
MANCANO 48 ORE E IL BUIO E’ COMPLETO, O QUASI
Vediamo, a due giorni dal 18 aprile, quando il Parlamento in seduta comune comincerà a votare per il nuovo Capo dello Stato, qual è la situazione AGGIORNATA.
Cerchiamo di capire qual è in realtà il gioco politico dei due principali schieramenti.
BERLUSCONI:
il Cavaliere ha in testa principalmente due cose. La prima è garantirsi che al Quirinale NON SIA ELETTO un suo nemico ( Prodi o qualche altro personaggio che piace a Grillo: Zagrebelsky, Rodotà); poi, che si faccia un governo Pd-Pdl, o un governo con ministri di area Pdl dentro.
L’altro chiodo fisso di Berlusconi è tornare subito al voto: i sondaggi dicono che il centrodestra è avanti rispetto al centrosinistra, e che, se si votasse ora, il centrodestra potrebbe vincere sia alla Camera sia al Senato, e quindi non avrebbe le difficoltà, al Senato, che ha incontrato finora Bersani.
Nel suo tour di propaganda, come sabato a Bari, il Cavaliere ha visto che c’è un ritorno di entusiasmo e partecipazione del suo elettorato allo spirito del 1994, quando fondò Forza Italia. E’ un momento magico, per Berlusconi, e il Cavaliere lo vorrebbe sfruttare al massimo.
E infatti lo sfrutta in due modi: da una parte minacciando Bersani di voler andare alle elezioni di nuovo, sapendo che in tal caso Bersani e il Pd potrebbero perdere, e Bersani essere spazzato via; a meno che il Pd non decidesse di candidare premier Renzi. Minacciando le elezioni, Berlusconi in realtà preme su Bersani per convincerlo a fare quello che il Cavaliere desidera. Ma Bersani finora ha resistito, perché sa che mezzo partito non vuole una alleanza con il Cavaliere. Veramente, Bersani si trova in una situazione curiosa: se fa l’accordo con il Cavaliere il Pd si spacca; se non fa l’accordo con il Cavaliere, il Pd si spacca lo stesso. Questa situazione difficile spiega molto le difficoltà di movimento di Bersani, e anche il suo comportamento politico tenuto in questi 45 giorni (dopo le elezioni).
L’altro modo in cui Berlusconi sfrutta la minaccia delle elezioni è quello di tenere il suo partito costantemente mobilitato, come un esercito pronto alla battaglia. E infatti si parla di eventuali votazioni a giugno o, al massimo, entro il 20 luglio: queste le date possibili che sono state studiate al Ministero dell’Interno (al quale spetta organizzare e indire le elezioni). Ma restano, queste ipotesi di voto a giugno-luglio, possibili ma altamente improbabili: l’Italia è in una situazione economica e sociale drammatica, e quindi elezioni in giugno-luglio sarebbero il segno di un disastro dalle conseguenze imprevedibili. E poi, tranne Berlusconi che ha interesse a volere le elezioni perché i sondaggi lo premiano, nessun altro partito le vuole: non il Pd, perché significherebbe mandar via Bersani, e mettere Renzi alla guida ; né Monti, che vede diminuire i consensi al suo partito Scelta Civica; né soprattutto Grillo, che vede molte contestazioni nei suoi elettori alla linea finora tenuta e rischia di non prendere gli stessi voti che ha preso alle elezioni di febbraio (infatti i sondaggi segnano un calo dei voti).
BERSANI:
Il segretario del PD mantiene la sua linea, e l’ha chiarita anche nell'incontro dei giorni scorsi con Berlusconi. La linea è questa: intanto separare la elezione del Presidente della Repubblica dalla questione governo; mentre Berlusconi, si sa, le vuole collegare.
Bersani ha cercato di impostare il discorso con Berlusconi cominciando dalla questione Quirinale: cerchiamo di trovare un nome che sia gradito a entrambi gli schieramenti. Scegliamolo da una lista o rosa di nomi. Ma qui è nato il primo ostacolo. Berlusconi ha chiesto: questa lista chi la prepara? Io, ha detto Bersani, io preparo una rosa di nomi e il Pdl ne sceglie uno di suo gradimento.
Su questo punto, Berlusconi ha cercato di resistere, ma poi ha detto: va bene, possiamo votare anche un nome di sinistra, purché non sia ostile a noi. (e si sa chi Berlusconi consideri ostile).
LA ROSA DI NOMI
Per la rosa di nomi, sta succedendo quello che succede nel romanzo giallo di Agatha Christie, ‘’I dieci piccoli indiani’’: in quel romanzo tutti e dieci vengono fatti fuori a uno a uno.
E così sta succedendo per i candidati alla Presidenza della Repubblica.
Anna Finocchiaro e Franco Marini sembrerebbero ormai eliminati, dopo l’attacco feroce e frontale sferrato da Renzi. La critica di Renzi, discutibile o no, è però coerente con le idee del sindaco di Firenze, che le espresse già al tempo delle primarie , specialmente l’idea della ‘’rottamazione’’, cioè del mettere da parte personaggi politici che abbiano ormai troppi anni di politica sulle spalle: Marini, infatti, per essere candidato alle politiche ha dovuto chiedere una deroga al partito, ed è stato peraltro bocciato dagli elettori; la Finocchiaro aveva chiesto anch’ella una deroga, l’aveva ottenuta ed è stata votata in Puglia, non in Sicilia, che è la sua terra.
Inoltre è stata attaccata - da Renzi - per una questione di immagine e di stile ( farsi accompagnare all’Ikea dalla scorta che trascina il carrello della spesa), che richiama privilegi di casta ( sappiamo quanto è forte la polemica contro la casta- così viene chiamata la categoria dei politici accusati di privilegi). La Finocchiaro è poi stata accusata anche dai giornali di avere il marito sotto processo per truffa alla Regione Sicilia. Come potrebbe essere eletta presidente della Repubblica una donna che ha il marito sotto processo?
La Finocchiaro ha reagito a Renzi con parole di fuoco (‘’sei un miserabile’’), ma con ciò anche auto-escludendosi dalla corsa per il Quirinale.
Marini e Finocchiaro, quindi, sarebbero out.
Anche se per Marini - ex presidente del Senato, ex sindacalista, cattolico - ma con nessuna esperienza internazionale (all'estero non lo conosce nessuno) premono i cattolici del Pd (Fioroni, l’ex segretario Franceschini). Ma a questo punto le chances di Marini sembrano diminuite, di molto.
Chi resta nella rosa che Bersani dovrebbe consegnare a Berlusconi?
Bersani potrebbe anche, per non scontentare una parte del suo partito, inserire anche i nomi di Finocchiaro e Marini ma agli ultimi posti; ma a quanto pare Bersani dovrebbe sottoporre al Cavaliere una rosa ristretta, tre nomi al massimo.
In quest’ultimo caso, in testa alla lista potrebbe esserci Giuliano Amato; poi D’Alema; terzo Prodi.
Attenzione: benché inviso a Berlusconi, Bersani non può cancellare dalla rosa il nome di Prodi, perché mezzo partito desidera il Professore bolognese; e sa anche che i grillini il voto a prodi lo potrebbero dare.
Quindi la rosa di Bersani potrebbe essere fatta secondo questo ragionamento: caro Berlusconi, io ti propongo dei nomi, in testa alla rosa ti metto i primi due che possono essere a te graditi: Amato e D’Alema (o Marini, ma vedo difficoltà); terzo Prodi.
Se vuoi scegliere uno di questi, lo votiamo insieme. Ma non mi chiedere niente per quanto riguarda il governo. Quella è un’altra partita.
A questo punto ci potrebbe essere la rottura finale: se Bersani non garantisce a Berlusconi che il governo col Pdl o ministri di area Pdl si fa, allora si sfascia tutto; in tal caso ci saranno ovvie conseguenze. La conseguenza più probabile sarà che il PD, Monti e i cinque stelle voteranno il nome di Prodi.
E sarà guerra totale.
Questo scenario è probabile ma lo potrebbe diventare ancora di più se oggi dalle Quirinarie del 5 Stelle dovesse uscire il nome di Prodi da votare al Quirinale.
Ieri il guru dei 5 stelle Casaleggio ha fatto un giochino politico abbastanza contorto ma anche chiaro: ha detto che Prodi non è la prima scelta, ma se dalle Quirinarie dovesse uscire il nome del Professore bolognese, i cinque stelle lo voteranno.
Se così fosse, Bersani sarebbe tentato da questa strada: far eleggere Prodi dal Pd e dai 5 stelle e poi sperare di fare un governo, con l’appoggio dei 5 stelle (e l’aiuto di Prodi, che, essendo stato eletto dai grillini, avrebbe forse più di Napolitano qualche carta in più per convincere Grillo a far nascere un governo Bersani).
Se questo e’ lo scenario, c’è da considerare anche un fenomeno: i franchi tiratori.
Quello dei ‘’franchi tiratori’’ è un fenomeno tipico della Prima Repubblica, e in molte elezioni del Presidente della Repubblica ha fatto sentire la sua presenza.
I franchi tiratori si chiamano così perché, nel segreto dell’urna, ‘’sparano’’ il loro voto senza essere scoperti (dato che il voto è segreto), e lo sparano in modo diverso da quello che ha deciso il loro partito.
E così negli anni 60, 70,80 e 90, nelle elezioni del Presidente della Repubblica, è successo che il maggior partito, la Democrazia Cristiana, proponeva il suo candidato ufficiale, che poi però non veniva votato da tutto il partito, perché molti deputati e senatori - appunto franchi tiratori - lo pugnalavano alle spalle nel voto.
Due esempi fra tutti: nel 1964 la Dc propose il suo candidato - Fanfani - ma i franchi tiratori non lo votarono, e fu scelto Saragat, un socialdemocratico.
Nel 1992 la Dc propose il suo segretario - Forlani - ma i franchi tiratori (amici di Andreotti) non lo votarono, e così alla fine fu scelto Scalfaro.
La storia rischia di ripetersi: il PD non ha un candidato unico, un candidato che sia voluto da tutto il partito.
Se viene scelto D’Alema, i franchi tiratori potrebbero comparire; se viene scelto Marini, i renziani non lo votano; se viene scelta la Finocchiaro, i renziani non la votano; se viene scelto Amato, mezzo PD potrebbe non votarlo.
Forse è proprio Prodi - padre fondatore dell’Ulivo, così si chiamava il centrosinistra degli anni ’90 - e quindi padre fondatore e padre nobile del PD - che potrebbe in qualche modo unire il PD anche se non tutto il PD  Ed è voluto anche da Renzi. I grillini in fondo lo voterebbero (ci sono rapporti antichi tra Prodi e Grillo, che dal professore di Bologna prese lezioni di economia; eppoi si sa che Casaleggio è in buoni rapporti con Prodi).
Insomma, dal punto di vista del curriculum, e dell’immagine, Prodi resta la scelta più prestigiosa, e avrebbe tutte le carte in regola per essere eletto:
-   è stato due volte premier,
-   ha battuto due volte Berlusconi,
-   è stato presidente della Commissione europea,
-   è economista,
-   è cattolico (si dice che dopo due presidenti laici - Ciampi, Napolitano - tocca a un cattolico),
-   ha un prestigio internazionale,
-   l’Onu gli ha dato un incarico per l’AFRICA,
-   Ha guidato due governi ( nel 1996 e nel 2006, ma divisioni nel suo stesso centrosinistra lo hanno fatto cadere: una volta Bertinotti, un’altra Mastella e Veltroni); quindi si aspetta anche un certo risarcimento politico.
Un altro profilo ugualmente prestigioso è quello di Amato.
Studioso di economia e istituzioni, due volte premier, ha un grande prestigio internazionale. Fa parte della Trilateral e dell’Aspen – due centri di potere internazionali e trasversali - parla inglese fluentemente (così come Prodi).
Ma, a differenza di Prodi, ha un’arma in più e una in meno:
l’arma in più è che piace al Cavaliere. Amato è stato braccio destro di Craxi e a Berlusconi ha risolto molti problemi, che riguardavano le autorizzazioni per le sue televisioni.
L’arma in meno è che, a differenza di Prodi, è visto di più come personaggio della casta ( ha una pensione di 31 mila euro mensili); come un personaggio a caccia di incarichi; e soprattutto su di lui c’è l’ombra di Craxi , e questo non gli giova (non gli giova neanche il fatto che da Craxi Amato si distaccò in modo giudicato ingeneroso: non andò ai suoi funerali, né si è mai recato ad Hammamet, sulla tomba del segretario socialista al quale Amato, pur uomo di grandi qualità, deve tutta la sua carriera).
Quindi: potrebbe essere Amato il futuro presidente della Repubblica, in caso di accordo Bersani-Berlusconi;
potrebbe essere Prodi, in caso di rottura.
MA CI PUÒ ESSERE UN NOME A SORPRESA!
La rosa dei nomi a sorpresa comprende: una donna (e l’unica sarebbe Emma Bonino, radicale, amica di Pannella, in Parlamento da 37 anni, ma alle ultime elezioni non è stata eletta); su di lei però ci potrebbe essere un veto del Vaticano; un veto ovviamente non esplicito o ufficiale, ma un veto di fatto: i cattolici del PD o del Pdl potrebbero non votarla (i franchi tiratori, appunto).
Un altro nome potrebbe essere del PD ( D’Alema, su cui però il PD si potrebbe spaccare: ma un recente incontro tra D’Alema e Renzi farebbe pensare a un accordo strategico tra i due per far fuori Bersani: D’Alema al Quirinale e Renzi al governo);
oppure il professor Stefano Rodotà, politico-professore, ma non visto come uomo della casta. Studioso, è stato deputato del partito della sinistra, vicepresidente della Camera, Garante della Privacy. E’ molto ben visto dal movimento 5 stelle.
Se oggi uscisse dal sondaggio finale delle Quirinarie il nome di Rodotà, per Bersani sarebbe una bella tentazione: farlo votare anche dal PD per agganciare i grillini.
Ma torniamo al punto di partenza: Bersani è in grado di tenere unito tutto il PD su un nome? Difficile. Sembra il gioco dell’oca. Si torna al punto di partenza.

www.studiostampa.com

sabato 29 ottobre 2011

“Austerità? No, grazie”. Berlusconi scrive al Foglio.

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha scritto una lunga lettera al Foglio, sotto il titolo:
“Austerità? No, grazie”. Eccone alcuni stralci. Nel Foglio l'intervento integrale.
          Gentile direttore,

bisogna stare attenti alle parole, come sapete voi del Foglio. “Austerità” non fa parte del mio vocabolario. Responsabilità sì, autonomia sì, libertà sì, ma austerità no. La polemica sui “licenziamenti facili” è figlia di una cultura ottocentesca che ignora i cambiamenti del mercato mondiale ed è oltraggiosa per l’intelligenza degli italiani: già ora nelle aziende con meno di 15 dipendenti, dove lavora circa la metà degli occupati, non vige la giusta causa. E se ora il governo si propone di intervenire sui contratti di lavoro, seguendo la strada indicata dal disegno di legge presentato dal senatore dell’opposizione Pietro Ichino, è solo per aumentare la competitività del Paese, aprire nuovi spazi occupazionali per le donne e per i giovani, e garantire a chi perde il lavoro l’aiuto della cassa integrazione per trovare una nuova occupazione.
Di fronte al compimento di una fase critica e turbolenta, e dopo che in Europa il nostro e altri governi hanno chiesto e ottenuto impegni finanziari a difesa dell’euro, dando assicurazioni sulle riforme e un calendario impegnativo per la loro realizzazione, si va purtroppo dipanando una campagna fatta di ipocrisie e falsità, che tende a rovesciare come un guanto il senso delle cose. Ci siamo impegnati per la crescita, per lo sviluppo, per più efficaci regole di concorrenza, di competitività, di mobilità sociale, non per deprimere l’economia e rilanciare la lotta di classe, che come ho detto in Parlamento è finita da un pezzo. La rete di protezione sociale, in specie sul tema del lavoro, è tutto sommato abbastanza solida in Italia, e nessuno vuole sfilacciarla. Il problema è di ridurre le cattive abitudini, scongiurare un’estensione abnorme del lavoro precario, offrire un futuro qualificato ai giovani e alle donne rimuovendo solo e soltanto le rigidità improprie che impediscono l’allargamento della base occupazionale e produttiva, per avvicinarci agli obiettivi del Trattato di Lisbona sulla partecipazione al mercato del lavoro, purtroppo ancora lontani.
Gli imprenditori del XXI secolo non sono i padroni delle ferriere dell’Ottocento, non si svegliano al mattino con l’impulso di liberarsi di manodopera per gonfiare profitti. E i lavoratori sono titolari di forza contrattuale e di diritti, non schiavi sociali. Non dobbiamo sottometterci alla caricatura di noi stessi.

di Silvio Berlusconi

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