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lunedì 17 ottobre 2011

LENTAMENTE MUORE ... VIVI !!!

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti. Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi e’ infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicita’.
Di: Martha Medeiros e Pablo Neruda
 
IL VOSTRO UFFICIO STAMPA

martedì 21 dicembre 2010

E' morto Enzo Bearzot, vinse i Mondiali del 1982

ANSA.it > Calcio > News
Era nato in Friuli 83 anni fa. Centrocampista negli anni '50, da ct fece sognare l'Italia
21 dicembre, 13:31

ROMA - Il suo naso, da boxeur, e la pipa, perennemente accesa, hanno fatto la felicità dei vignettisti per anni. Erano i segni distintivi di Enzo Bearzot, scomparso oggi ad 83 anni. Detto il 'Vecio', come si fa per tutti i friulani doc (era nato ad Aiello del Friuli il 26 settembre '27), anche per quelli che vecchi non sono.

Ed in effetti lui non lo e' stato mai, in questo aiutato dalla passione del calcio, che lo aveva preso da ragazzino, quando in un collegio di Gorizia dormiva con la foto di Campetelli, centromediano dell'Inter, sotto il cuscino.
E non era taciturno, né introverso - come sostenevano i suoi denigratori -, soltanto non gli piaceva sprecare le parole. Fosse stato come lo dipingevano, non avrebbe mai creato il gruppo che conquistò il terzo titolo mondiale del calcio italiano nel 1982 in Spagna. Un gruppo che non si è mai sciolto, neanche quando qualcuno si è allontanato dal pallone (come Paolo Rossi), oppure è stato prematuramente rapito dalla morte (come Scirea). Un gruppo che ha mantenuto i contatti con l'uomo che l'ha plasmato e che continuerà a considerarlo vivo.
Un legame veramente speciale quello che legava gli azzurri a Enzo Bearzot, riconoscenti perché prima di condurli al traguardo più importante della loro carriera, aveva saputo difenderli da critiche feroci. E li aveva sostenuti quando decisero quel clamoroso e innovativo silenzio stampa che anche oggi, di tanto in tanto, viene imitato da questa o quella squadra di club.
Portavoce era Dino Zoff, altro friulano di poche parole, che Bearzot considerava il suo terzo figlio, e che un giorno si sarebbe seduto sulla panchina azzurra con minor fortuna. Nel dicembre del 2000 il gruppo si strinse ancora una volta intorno a Bearzot, che presentava (con l'autore Gigi Garanzini) il libro biografico, 'Il romanzo del vecio'. In quella serata il tecnico sorprese i suoi vecchi allievi rivelando che il calcio non gli mancava, pur amandolo, perché "sentivo di non appartenervi più ". C'era amarezza nelle sue parole, un po' di malinconia, forse stimolata dalle note del jazz (questa musica era la sua seconda passione, naturalmente dopo il football).
Quella sera Bearzot parlava del calcio al passato remoto, come di una storia finita tanto tempo prima. Ma dopo poco più di un anno - a gennaio del 2002 -, mettendo fine a un distacco ventennale, Bearzot aveva accettato con rinnovato entusiasmo l'invito della Federcalcio ad assumere la responsabilità di presidente del settore tecnico della Figc. In quell'occasione Claudio Gentile, uno del gruppo, allora tecnico della Under 21, ricordando il bel gioco espresso dalla nazionale nei mondiali del '78 (Argentina, azzurri quarti) e dell''82, lo definì il miglior ct azzurro dopo Pozzo (morto come lui il 21 dicembre, del 1968), sostenendo che "Enzo Bearzot non deve restare lontano dal calcio, perché il calcio è il suo mondo". E lui: "Sono contento perché l'indicazione viene dal mio mondo".
La sua avventura nel calcio era cominciata come giocatore: dalla Pro Gorizia, era passato, ventenne, all'Inter, poi al Catania, poi all'Inter nuovamente, ed aveva terminato la carriera al Torino. Era un difensore grintoso ma corretto, non privo di tecnica. Delle sue esperienze di calciatore seppe far tesoro alla guida della nazionale, riuscendo ad utilizzare al meglio i giocatori che sceglieva, incurante dei suggerimenti e delle critiche della stampa, anche quando i risultati non gli davano ragione. Fautore del 'primo non prenderle' non fu mai catenacciaro.
Fu maestro invece nell'esaltare l'arte del contropiede con cui nell'82, nel Mundial, di Spagna schiantò una dopo l'altra Argentina, Brasile e Germania. Indimenticabili le imprese dei terzini-ala Cabrini e Gentile, delle ali a tutto campo Conti-Graziani, di Tardelli, giocatore universale, di Zoff portiere-saracinesca, di Paolo Rossi guizzante, imprendibile opportunista sotto rete, di Scirea, direttore d'orchestra di un gioco che a tratti ricordava il free-jazz per la sua imprevedibilità. Paradossalmente, però, quattro anni dopo, l'attaccamento al gruppo, e la conseguente incapacità a rinnovare, fu fatale a Enzo Bearzot. Al cospetto di risultati negativi (mancata qualificazione agli Europei '84, eliminazione negli ottavi del mondiale messicano '86), attaccato dalla critica e di fronte all'ostilità del vertice federale, preferì lasciare anziché rinunciare alle sue convinzioni. Ma nella storia del calcio, e non solo, rimarranno sempre le immagini delle imprese precedenti. L'urlo e la corsa pazza di Tardelli, dopo il gol alla Germania.
E quel giovane Vecio, dal naso di boxeur e dalla pipa eternamente accesa, che sull'aereo degli eroi di Madrid, gioca a briscola con Causio, Zoff e il presidente della Repubblica Pertini, un altro celebre appassionato della pipa, un altro Vecio che, come lui, non invecchiò mai.

IL VOSTRO UFFICIO STAMPA

domenica 19 dicembre 2010

E' morto Tommaso Padoa Schioppa

Ex ministro Economia aveva 70 anni.

E' morto a Roma per un attacco cardiaco Tommaso Padoa Schioppa. L'ex ministro dell'Economia del governo Prodi aveva 70 anni. Nato a Belluno il 23 luglio del 1940, è stato uno dei più rinomati economisti italiani. Il suo ultimo incarico è stato quello di consigliere del primo ministro greco, George Papandreou, per far uscire Atene dalla crisi che ha messo in ginocchio il Paese.
Tommaso Padoa Schioppa è deceduto improvvisamente a Roma per un arresto cardiaco. Stava partecipando ad una cena organizzata a Palazzo Sacchetti, in via Giulia, dove aveva riunito un centinaio di amici. Verso le 21 ha avuto un malore ed è stato portato in un ospedale del centro della città dove è morto. Padoa Schioppa, di Belluno, aveva 70 anni. Economista, è stato ministro dell'Economia nel 2006 del secondo Governo Prodi. In passato aveva ricoperto il ruolo di membro del Board della Banca Centrale Europea.
"Mandiamo a casa i bamboccioni".
Fu un intervento duro che scatenò una polemica politica durata diversi giorni eppure rimase nella mente degli italiani tanto che il termine "bamboccione" fu sdoganato e viene ancora oggi usato ad alti livelli. Il 4 ottobre del 2007, l'allora ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, in un'audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato prese tutti in contropiede con una battuta al vetriolo: "Mandiamo i bamboccioni fuori di casa. Incentiviamo a uscire di casa i giovani che restano con i genitori, non si sposano e non diventano autonomi. E'un'idea importante". Immediata fu la reazione politica da ambo gli schieramenti. A sinistra parlavano di battuta infelice, a destra si diceva odia i giovani. Col senno di poi, e guardando le statistiche Istat, purtroppo qualche ragione il ministro sembra avercela.

Ultimo aggiornamento ore 00:46

IL VOSTRO UFFICIO STAMPA

martedì 17 agosto 2010

FRANCESCO COSSIGA CI HA LASCIATI !

Il Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga è morto al Policlinico Gemelli alle 13.18. L'ex capo dello Stato era ricoverato in terapia intensiva dal 9 agosto per una insufficienza cardio-respiratoria, e le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate la scorsa notte.
PEGGIORATO NELLA NOTTE - Durante la notte il presidente emerito aveva mostrato un repentino e drastico peggioramento delle condizioni circolatorie che ha necessitato la ripresa di tutti i supporti vitali. Il bollettino medico diramato dal policlinico Gemelli di Roma poco prima del decesso sottolineava un quadro clinico "di estrema gravità".Il presidente emerito della Repubblica era ricoverato da lunedì 9 agosto presso il Centro di Rianimazione del Policlinico Universitario Agostino Gemelli a seguito di una crisi respiratoria. Nelle ultime 48 ore le condizioni di Cossiga avevano visto un lento ma significativo miglioramento, confermato dagli accertamenti medici. Poi il peggioramento nella notte da poco trascorsa.

Fonte :  IL TEMPO

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