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giovedì 12 novembre 2020

Registrare un Marchio, iniziando dal Copyright.

 

Possono costituire marchi d'impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, o i disegni, le lettere, le cifre, i colori, la forma del prodotto o del suo confezionamento, oppure i suoni, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa  da  quelli di altre imprese; e ad  essere  rappresentati  nel  registro  in  modo  chiaro tale da determinare con chiarezza e precisione l'oggetto della  protezione  conferita  al titolare.

Il codice indica che il marchio deve:

  • Avere capacità distintiva: non può limitarsi a parole che facciano capire unicamente il tipo di attività svolta o di prodotto (art. 13 CPI) - ad esempio non è possibile registrare Accademia Danza Roma se la mia attività è una scuola di danza a Roma.
  • Essere lecito: non può essere in contrasto all’ordine pubblico e non deve violare le disposizioni di legge (14 CPI) - ad esempio non è possibile depositare un marchio che istighi alla violenza.

In base agli elementi che lo compongono il marchio può distinguersi in :

  • marchio denominativo, che è costituito solo da parole
  • marchio figurativo, che consiste in una figura o in una riproduzione di oggetti reali o di fantasia. Ai fini del deposito si considera figurativo anche il marchio misto (composto da parole e elementi figurativi)
  • marchio di forma o tridimensionale, che è costituito da una forma tridimensionale e che può comprendere i contenitori, gli imballaggi, il prodotto stesso o il loro aspetto
  • marchio sonoro che è costituito esclusivamente da un suono o da una combinazione di suoni
  • marchio di movimento, caratterizzato da un cambiamento di posizione degli elementi del marchio
  • marchio multimediale è costituito dalla combinazione di immagine e di suono
  • marchio a motivi ripetuti,
  • marchio di posizione,
  • marchio olografico, costituito da elementi con caratteristiche olografiche.

I marchi sonoro, di movimento, multimediale e olografico sono di recente introduzione nella disciplina nazionale; apposite circolari esplicative di prossima emanazione forniranno le informazioni necessarie per un loro corretto deposito. 

 www.studiostampa.com

sabato 25 luglio 2020

Brand in Italy, il marchio spinge il fatturato.

Il report di Prometeia "Brand in Italy" fotografa numeri e tendenze del Made in Italy e dei suoi protagonisti: non solo grandi brand ma anche PMI eccellenti.
Nei settori più strategici per il Made in Italy le imprese a marchio, che puntano sulla qualità del prodotto, valgono oltre la metà del fatturato: grandi brand ma anche diverse PMI che individuano trend emergenti (green e sostenibilità in primis) ed esprimono eccellenze, mentre i mercati più attrattivi restano Europa, Stati Uniti e Cina.
Sono alcune delle evidenze che emergono dal report Prometeia Brand in Italy (disponibile per il download in pdf), che si focalizza su cinque settori: agroalimentare, sistema moda, sistema casa, auto e componenti, sport e tempo libero.
In questi segmenti del Made in Italy, le imprese a brand valgono 165 miliardi di euro (60% dell’intero fatturato) e nella maggior parte dei casi hanno recuperato i livelli pre-crisi con performance migliori dei competitor sia in termini di ricavi che di risultato. Il settore che ha segnato la maggior crescita negli ultimi cinque anni è l’auto (+54%), gli altri evidenziano comunque performance superiori al 10%.
trend emergenti (come risultano dalle indagini di web analytics): attenzione alla salute per il settore food, attenzione al territorio per moda e arredamento, performance e materiali per auto e prodotti sportivi. Fra gli highlights generali, di interesse per le PMI, la capacità di individuare tendenze di mercato (come l’ambiente) o target specifici di utenza (come i millennial).
Infine i mercati: le prime 30 destinazioni internazionali per il Made in Italy valgono 120 miliardi di euro e nei prossimi cinque anni aumenteranno la domanda potenziale di quasi 20 miliardi. Sul podio, Europa, Stati Uniti e Cina (+10 miliardi nei prossimi cinque anni).
Potenziale di medio periodo per India, Brasile, Turchia, Messico e Australia, mentre si segnala una potenziale criticità per mercati asiatici come Giappone e Corea: le caratteristiche dei siti aziendali (dalle barriere linguistiche ai tempi di caricamento delle vetrine digitali) possono frenare il consumatore, un gap che se non affrontato rischia di minare il potenziale delle imprese italiane.
Forti aspettative di crescita verso India, Emirati Arabi e Sud Africa.

www.studiostampa.com

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