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lunedì 25 luglio 2011

Le grandi trasformazioni in Acea: l’impianto fotovoltaico sul Centro Idrico di Monte Mario.

L’impianto, che serve circa mezzo milioni di utenti romani alimentato dal solare.
E’ uno dei serbatoi idrici più grande d’Europa formato da 8 vasche e una torre piezometrica che fornisce direttamente dalle sorgenti del peschiera acqua ai romani Nel 2009 è stato inaugurato l’impianto fotovoltaico che alimenta il Centro con grandi benefici per l’ambiente.
Il progetto ha riguardato la realizzazione di un impianto fotovoltaico, con una potenza di picco pari a 993.6 kWp, installato in corrispondenza della copertura dei serbatoi del Centro Idrico Acea Ato2 di Monte Mario, nel XIX Municipio in Roma (RM). L'impianto in questione è stato realizzato per produrre energia elettrica in corrente alternata destinata all’autoconsumo del centro idrico stesso, a meno delle eccedenze che vengono riversate nella locale rete elettrica in media tensione. La conversione della radiazione solare direttamente in energia elettrica, è da considerare come energia rinnovabile e riduce la dipendenza del fabbisogno energetico dai combustibili fossili. L’area oggetto dell’intervento, che ha una superficie di forma pressoché rettangolare e pari a circa 3 ettari, risulta orientata a 30° sud e presenta ottime condizioni di esposizione e di controllo. L’impianto, suddiviso planimetricamente in tre zone per ragioni di distribuzione elettrica e semplicità di manutenzione, è composto da 4968 moduli in silicio policristallino da 200 Wp. Dal punto di vista ambientale, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili consente di evitare l’immissione in atmosfera di gas come la CO2. I benefici ambientali ottenibili dall’adozione di questi sistemi sono proporzionali alla quantità di energia prodotta, infatti la produzione di energia elettrica annuale dell’impianto, pari a circa 1292 MWh, ottenuta tramite la conversione dell’energia solare, consente a livello globale una riduzione di emissioni di CO2 nell’atmosfera pari a 647 tonnellate/anno, che si avrebbero producendo la stessa energia tramite la combustione di fonti fossili. Il progetto rientra nella realizzazione di altri impianti fotovoltaici sui Centri Idrici di Acea ATO2, su cui si è proceduto con la progettazione preliminare e il dimensionamento degli impianti fotovoltaici da installare, con relativa richiesta delle autorizzazioni necessarie. La realizzazione dei suddetti impianti è stata programmata nel corso del 2008 e ha comportato l'installazione di circa 1320 kWp equivalenti a circa 360 Tep/anno. Ciò eviterà l'emissione in atmosfera di circa 870 tonnellate/anno di CO2 . Dal punto di vista dell’innovazione tecnologica il Centro Idrico di Monte Mario rappresenta sicuramente un modello per l’autosufficienza dal punto di vista energetico e una risposta concreta alla attuali istanze di ecosostenibilità.

IL VOSTRO UFFICIO STAMPA

domenica 1 maggio 2011

Formazione per il Fotovoltaico


Vittorio Adelfi - Ricordiamo che il giorno 02 Maggio, alle ore 15.30, si svolgerà presso la Sala Convegni dell'I.I.S. Telesi@, Viale Minieri nr.9, Telese Terme (BN), l'Evento Energia Solare e “rivoluzione energetica” in Italia, durante il quale sarà presenta...ta la I Edizione del Corso per Promotore Fotovoltaico organizzato dalla società "Il Delfino S.r.l.. Il corso è patrocinato oltre che dalla Regione Campania, anche dall'Associazione Nazionale di volontariato Ambientale e Protezione Civile N.O.V.A. Italia Onlus, che promuove ogni tipo di energia pulita, in quanto contraria al ricorso all'energia nucleare.

In via del tutto eccezionale, coloro che si iscriveranno al corso in occasione del suddetto evento, beneficeranno dello sconto convenzione di € 100.00,+ iva sulla quota di iscrizione.
Detto corso, si svolgerà dal 7 maggio al 16 luglio 2011.
Per confermare la partecipazione o richiedere maggiori informazioni sul Corso e sull'evento, il ns Ufficio Formazione è a disposizione ai seguenti recapiti:
-tel. 0824/975281
-fax 0824/901562
-e-mail:  formazione@ildelfinosrl.it

IL VOSTRO UFFICIO STAMPA

giovedì 31 marzo 2011

Dovremmo smettere di scappare dalle radiazioni.

Scritto da Giuseppe Filipponi e pubblicato su: "il legno storto"

Mercoledì 30 marzo 2011.
Wade Allison dell'Università di Oxford.

Più di 10.000 persone sono morte nello tsunami giapponese e i sopravvissuti patiscono il freddo e la fame. Ma i media si concentrano sulle radiazioni nucleari per le quali non è morto nessuno ed è improbabile che ne muoiano in futuro.
Le radiazioni nucleari a livelli molto alti sono pericolose, ma le preoccupazioni che evocano sono esagerate. La tecnologia nucleare è usata per curare molti malati di cancro ogni giorno e la dose di radiazioni utilizzata nella radioterapia in ospedale non è diversa in linea di principio da una dose della stessa entità che si riceve nell'ambiente.
E Three Mile Island? Non ci sono stati morti accertati a causa delle radiazioni. E Chernobyl? L'ultimo rapporto delle Nazioni Unite pubblicato il 28 febbraio conferma il numero dei morti: 28 tra gli operatori della prima emergenza, altri 15 casi mortali di cancro infantile alla tiroide; questi ultimi si sarebbero potuti evitare se fossero state somministrate le compresse di iodio (come è stato fatto in Giappone). In ogni caso i numeri sono minuti se paragonati ad incidenti come quello di Bhopal del 1984 dove morirono 3.800 persone a causa di una fuoriuscita di sostanze chimiche provenienti da un'impianto per la produzione di pesticidi della Union Carbide.
Quanta radioattività è stata allora rilasciata nell'incidente di Fukushima rispetto all'incidente di Chernobyl? Diamo un'occhiata alle misure effettuate. Il più alto tasso riportato il 22 marzo, tra tutte le prefetture giapponesi è stato di 12 kBq al mq (per l'isotopo radioattivo del cesio, il cesio-137).
In una mappa di Chernobyl che si trova in un rapporto delle Nazioni Unite sono state ombreggiate le aree con una radioattività fino a 3.700 kBq al mq, mentre le aree con meno di 37 kBq per mq non sono ombreggiate affatto. Ciò ci suggerisce che il fallout radioattivo di Fukushima è inferiore all'1% di quella di Chernobyl.
L'altro importante radioisotopo del fallout radioattivo è lo iodio 131 che può causare il cancro infantile alla tiroide.
Questo elemento è prodotto quando il reattore è in funzione e decade rapidamente una volta che il reattore viene spento (ha una emivita di otto giorni). Le vecchie barre di combustibile a Fukushima, sebbene radioattive, non contenevano iodio 131.
A Chernobyl tutto lo iodio e il cesio furono rilasciati nell'esplosione iniziale, a Fukushima quindi, dove i reattori si sono spenti immediatamente dopo lo tsunami, l'emissione di iodio 131 dovrebbe essere molto minore dell'1% di quella di Chernobyl e inoltre i suoi effetti sono stati ulteriormente ridotti dalla assunzione delle compresse di iodio.
Le autorità pubbliche reagiscono a questo tipo di incidenti con eccessiva prudenza, il che intensifica le preoccupazioni del pubblico.
Il problema di una reazione eccessiva.
Nel 16 ° anniversario di Chernobyl, le autorità svedesi della protezione civile, su un quotidiano di Stoccolma, il Dagens Nyheter, ammisero che c'era stata una reazione spropositata all'indicente nucleare avvenuto in Ucraina, fu infatti distrutto, senza un reale motivo, il 78% di tutta la carne di renna, con grandi danni agli operatori del settore.
Purtroppo, i giapponesi sembrano ripetere lo stesso errore. Il 23 marzo le autorità giapponesi hanno comunicato che i bambini non dovevano bere acqua del rubinetto a Tokyo perché era stata misurata, il giorno prima, una radioattività di 200 Bq/l. Per fare un paragone, l'attuale radioattività naturale di ogni corpo umano è di 50 Bq/l: 200 Bq/l non sono poi così pericolosi.
Le normali acque minerali che si bevono nei centri termali contengono molto più di 200 Bq/l - NdR)
Nel periodo della Guerra Fredda la maggior parte delle persone furono portate a credere che le radiazioni nucleari fossero un pericolo grave. Comprensibile solo da scienziati e "teste d'uovo" che lavoravano in segreto nelle installazioni militari.
Sull'onda di questa propaganda nucleare sul fronte interno furono adottate politiche che avevano allora il fine di mantenere il contatto con le radiazioni "il più ragionevolmente basso possibile" (As Low As Reasonably Achievable ALARA).
Il limite massimo per il pubblico fu allora definito a 1 mSv all'anno al di sopra dei livelli naturali.
Questa quantità è molto bassa: 1 mSv in più all'anno non può essere considerato un pericolo ma piuttosto una piccola aggiunta ai livelli che già assorbiamo in natura e che variano da luogo a luogo, da attività ad attività, di quantità ben maggiori di 1mS per anno. Un cittadino britannico è esposto mediamente a 2,7 mSv all'anno. Nel mio libro "Radiation and Reason" sostengo che un livello di pericolo responsabile, fissato sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, sarebbe di 100 mSv pe mese, con un limite per tutta la vita di 5.000 mSv, non 1 mSv per anno.
Un nuovo atteggiamento verso le radiazioni.
La gente ha paura delle radiazioni, perché non le può né sentire né vedere. Tuttavia, la natura sa come trattarle: in questi ultimi anni si è scoperto che le cellule viventi si sostituiscono e riparano in vari modi se vengono danneggiate dalle radiazioni ionizzanti.
Questi meccanismi intelligenti agiscono nel giro di poche ore e raramente falliscono, tranne quando sono sovraccarichi, come nel caso di Chernobyl, dove la maggior parte degli operatori del primo soccorso ricevettero una dose maggiore di 4.000 mSv nell'arco di poche ore e la loro morte avvenne in qualche settimana.
I pazienti che ricevono un ciclo di radioterapia di solito ricevono una dose maggiore di 20.000 mSv anche sui tessuti sani e vitali vicini al tumore trattato. Questi tessuti sani sopravvivono perché il trattamento si sviluppa lentamente, su molti giorni, dando il tempo alle cellule di svolgere le operazioni di riparazione e sostituzione.
In questo modo, molti pazienti arrivano a guarire e a godere di ulteriori e gratificanti anni di vita, anche dopo che diversi loro organi organi vitali hanno ricevuto dosi 20.000 volte maggiore di quella che i regolamenti prescrivono essere la dose massima annuale assorbibile oltre il fondo naturale(1mSv/anno). Il che ovviamente rende questo limite irragionevole.
E' necessario un cambiamento nel nostro atteggiamento verso le radiazioni, a cominciare con l'educazione e l'informazione pubblica.
Devono essere stabilite nuove norme sulla sicurezza per le radiazioni ionizzanti. Non basate su come le radiazioni possono essere escluse dalla nostra vita, ma su quante possano essere assorbite senza subire danni. Forse un nuovo acronimo è necessario per capire come proteggersi dalle radiazioni: As High As Relatively Safe (AHARS)?
I reattori moderni sono progettati meglio di quelli di Fukushima e domani saranno ancora migliori, ma non dobbiamo aspettare. I rifiuti radioattivi fanno paura, ma la loro quantità è piccola e soprattutto se riprocessati diventano un problema piccolo e risolvibile. Non rappresentano il problema intrattabile che molti immaginano.
Qualcuno potrebbe chiedersi se io accetterei la costituzione di un deposito per scorie nucleari a 100 metri dalla casa dove abito? La mia risposta sarebbe: "Sì, perché no?" Più in generale, dovremmo smettere di scappare dalle radiazioni.

IL VOSTRO UFFICIO STAMPA

mercoledì 9 marzo 2011

GAS ED ELETTRICITA': RECLAMI AL GARANTE

Scheda Pratica di Rita Sabelli 3 marzo 2011 20:06
L'Autorita' Garante per l'Energia ed il Gas (AEEG), oltre a regolamentare il mercato fissando i prezzi e le condizioni di vendita del gas e dell'energia elettrica -anche, in parte, per le societa' che operano sul mercato libero-, ed a vigilare e controllare il rispetto delle norme e delle proprie disposizioni, accoglie segnalazioni e reclami degli utenti.
Dal Dicembre 2009 e' attivo lo Sportello del Consumatore che offre servizi di informazione e di gestione dei reclami.
CHIEDERE INFORMAZIONI
E' possibile ottenere informazioni sulle regole del mercato libero dell'energia e del gas, sulle tariffazioni, sui diritti dell'utente nei riguardi dei gestori, su come trovare e valutare una nuova offerta, etc.
Per farlo si puo' accedere al sito (clicca qui) o fare una specifica richiesta con queste modalita':
Per telefono: numero verde 800.166.654 da telefono fisso o 199 419 654 da cellulare (a pagamento)
Per fax: numero verde 800 185 024
Per e-mail: info.sportello@acquirenteunico.it
Per lettera:
Sportello per il consumatore di energia c/o Acquirente Unico
Richiesta Informazioni - Via Guidubaldo Del Monte 72 - 00197 Roma.
PRESENTARE UN RECLAMO
Si parla di reclami relativi a contratti di fornitura di gas ed elettricita' che possono riguardare qualsiasi aspetto del rapporto (bollette che non arrivano o arrivano in ritardo, fatturazioni irregolari rispetto ai piani tariffari contrattuali o rispetto ai consumi, richieste dell'utente non rispettate, distacchi illegittimi, attivazioni indebite, inadempienze varie).
Presso lo sportello del consumatore e' presente l "Unita' reclami" che svolge una sorta di attivita' di consulenza, con potere di intervento nei confronti dei gestori/venditori di energia elettrica e gas.
Ci si rivolge a questa unita' dopo aver inutilmente reclamato presso il proprio fornitore di energia e/o gas, non ricevendo risposta o ricevendone una non soddisfacente.
Successivamente l'unita' reclami fornisce per iscritto indicazioni per la soluzione delle problematiche segnalate e informazioni sulle eventuali iniziative intraprese in merito. Puo' infatti, a suo giudizio, coinvolgere l'Autorita' al fine di intervenire direttamente presso il gestore/venditore o -previa istruttoria- di comminare sanzioni a carico dello stesso.
Se la documentazione presentata non fosse sufficiente lo sportello puo' chiedere all'utente di integrarla.
Il reclamo potrebbe anche essere archiviato se ritenuto infondato, non meritevole di intervento diretto dell'Autorita' , oppure se non vi e' stata integrazione della documentazione entro il termine dato. L'archiviazione avviene anche nel caso in cui il gestore/venditore intervenga soddisfacendo le richieste.
La procedura
Come gia' detto, occorre dimostrare di aver inviato un reclamo, o una contestazione, al proprio gestore, documentando la ricezione dello stesso (avviso di ricevimento di una raccomandata o di un telegramma, ricevuta di consegna a mano, conferma scritta di ricevimento di un fax, messaggio di posta elettronica, etc.).
Ci si puo' rivolgere al Garante se a fronte di tale contestazione:
- e' giunta risposta negativa;
- e' giunta risposta non soddisfacente;
- non e' giunta risposta entro il termine massimo previsto dal contratto (40 giorni solari quello fissato dall'Autorita' garante con Delibera 164/08).
Il reclamo puo' essere presentato allo stesso tempo al venditore/gestore e all'Unita' reclami dell'Autorita' garante solo se si riferisce a situazioni che possono causare pericolo di danni gravi e irreparabili (gas staccato nei mesi invernali, mancanza di energia prolungata che danneggia merce di un negozio, etc.)..
Il reclamo all'Unita' reclami dell'Autorita' garante deve essere presentato per iscritto indicando questi elementi:
- dati anagrafici completi del soggetto reclamante (nome, cognome, indirizzo);
- indicazione del venditore/gestore di energia o gas e del contratto a cui il reclamo si riferisce;
- descrizione dell'irregolarita' lamentata con eventuali elementi di prova;
- ragioni che eventualmente giustificano la presentazione contestuale del reclamo al gestore/venditore e all'Unita' reclami del garante (danni gravi detti sopra).
Vanno allegati:
- copia del reclamo inviato al proprio fornitore di energia o gas con prova di ricezione;
- copia dell'eventuale risposta dello stesso;
- copia del contratto (se disponibile) o altra documentazione relativa al contratto;
- copia integrale dell'ultima bolletta ricevuta con i dati che identificano l'utenza (punto di fornitura e nome del venditore).
Se la documentazione fosse ritenuta incompleta sara' la stessa Unita' reclami a chiederne integrazione.
L'invio della documentazione puo' avvenire:
Per fax: al numero verde 800 185 025;
Per e-mail: all'indirizzo reclami.sportello@acquirenteunico.it ;
Per lettera: all'indirizzo
"Sportello per il consumatore di energia c/o Acquirente Unico
Unità Reclami - Via Guidubaldo Del Monte 72 - 00197 Roma.
E' possibile chiedere informazioni sullo stato dei reclami inviati chiamando il numero verde 800.166.654.
LA VIA GIUDIZIARIA
Se anche il reclamo non sortisse gli effetti desiderati la via naturale sarebbe fare causa al fornitore di energia e/o gas davanti al Giudice di pace (se il valore del contendere non superasse i 5.000 euro, altrimenti in Tribunale).
In generale i passi consigliati possono cosi' riassumersi:
1 - invio di contestazione formale (messa in mora) al fornitore di gas e/o elettricita';
2 - in caso di mancata risposta nei successivi 40 giorni o di risposta non soddisfacente, avvio della procedura di reclamo al Garante dell'energia ed il gas;
3 - se la situazione non si risolvesse: avvio della causa (contenzioso) presso il giudice di pace locale.
Ovviamente il da farsi cambia da caso a caso. E' possibile infatti tentare la causa al giudice di pace contemporaneamente alla presentazione del reclamo al Garante od anche senza averlo presentato (se per esempio sono in gioco importi alti e si vuole risparmiare tempo).
Ugualmente, al posto del reclamo -o contemporaneamente- si puo' tentare anche una conciliazione presso lo stesso giudice di pace o presso la locale camera di commercio, con l'intento di trovare un accordo "amichevole" con il fornitore al fine di evitare la causa (comunque possibile se la conciliazione non si concludesse positivamente).
Per approfondire si vedano queste schede:
- La MESSA IN MORA: clicca qui
- IL GIUDICE DI PACE: clicca qui
- La CONCILIAZIONE IN CAMERA DI COMMERCIO: clicca qui
FONTI NORMATIVE
- Legge 481/1995, in particolare articolo 2 comma 12 lettera m)
- Dpr 244/2001 sulle procedure istruttorie dell'AEEG
- Delibera AEEG GOP 28/2008
LINK UTILI
- Atlante del consumatore, istituito dall'AEEG: clicca qui
- Sito AEEG con informazioni sullo Sportello del consumatore: clicca qui
- Sito AEEG, sezione "Trova offerte": clicca qui

sabato 19 febbraio 2011

Nucleare: Cdm approva decreto legislativo.

19 Febbraio 2011 - 09:28
È stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di decreto legislativo che interviene sulla normativa vigente in materia di impianti di produzione di energia elettrica nucleare (decreto legislativo n.31 del 2010).
In particolare, il decreto prevede l'adeguamento della normativa alla sentenza della Corte Costituzionale circa il parere obbligatorio, ma non vincolante, della Regione nel cui territorio ricadrà l'impianto, in merito all'autorizzazione unica alla costruzione e all'esercizio della centrale; la semplificazione delle procedure di valutazione e di autorizzazione dei nuovi impianti, nel rispetto della normativa ambientale, riducendo i tempi di costruzione e di individuazione dei siti; l'autorizzazione ambientale integrata avrà una validità di 15 anni contro i 5 ordinariamente previsti per altri tipi di impianti; altre misure di semplificazione delle procedure e di chiarificazione dei soggetti destinatari dei benefici economici (in particolare si prevede che i benefici connessi all'inizio dei lavori e all'esercizio dell'impianto siano concessi ai cittadini degli enti locali in cui è ubicato l'impianto e a quelli degli enti limitrofi in un raggio di 25 km dall'impianto).
"Con queste modifiche, insieme alla recente costituzione dell'Agenzia per la Sicurezza Nucleare diamo un nuovo impulso per la realizzazione del programma nucleare in Italia. Adesso c'è un percorso chiaro e definito che permetterà ai diversi livelli istituzionali di collaborare all'individuazione dei siti e alla realizzazione delle centrali. Dal ritorno all'atomo dipendono lo sviluppo e il recupero di competitività della nostra economia: basti pensare ai grandi vantaggi che potremo ottenere a favore del nostro tessuto produttivo soltanto riducendo i costi dell'energia elettrica, per alcuni utenti superiori del 30% rispetto ai nostri partner europei. Il nucleare è una riforma strutturale per il nostro sistema industriale e noi vogliamo percorrerla fino in fondo" ha dichiarato il Ministro per lo Sviluppo Economico, Paolo Romani.
di Lisa Zillio

IL VOSTRO UFFICIO STAMPA

giovedì 20 gennaio 2011

Fusione fredda a Bologna entro l'anno.

Sergio Focardi, professore emerito di Fisica dell’Università di Bologna, e l’ingegnere Andrea Rossi, hanno condotto un esperimento che sembra aprire la strada per la realizzazione della fusione nucleare fredda.
Un esperimento che sembra aver dimostrato la possibilità di realizzare un processo di fusione nucleare fredda. Una dimostrazione sperimentale che porta la firma di Sergio Focardi, professore emerito di Fisica dell’Università degli Studi di Bologna, e dell’ingegnere Andrea Rossi.
Focardi e Rossi hanno utilizzato come materiali di partenza nichel e idrogeno. L’idrogeno è stato scaldato fino a una certa temperatura con una normale resistenza. Arrivati alla temperatura d’innesco, si è dato inizio al processo di produzione di energia: gli atomi di idrogeno sono penetrati nel nichel, trasformandolo in rame. «Questa è la nostra interpretazione» ha detto Focardi.  IL VIDEO DELL'ESPERIMENTO.
Il macchinario impiegato per l’esperimento ha prodotto 12 kilowattora di energia a fronte di un apporto in ingresso di appena 600 wattora. Di seguito, un video della dimostrazione sperimentale.

Autore: Arianna Bernardini

IL VOSTRO UFFICIO STAMPA

sabato 15 gennaio 2011

Nuovi orizzonti per il sistema produttivo del Lazio

Israele. ICT ed Ambiente, approfondimenti ed opportunità per le PMI del Lazio.
Sviluppo Lazio Spa (Sala Consiglio) - Via Vincenzo Bellini 22
Roma, 27 gennaio 2011 - ore 10 - Accredito online entro il 25 gennaio
Giovedì 27 gennaio alle ore 10,00 si svolgerà presso la Sala Consiglio di Sviluppo Lazio l'incontro "Israele. ICT ed Ambiente, approfondimenti ed opportunità per le PMI del Lazio", durante il quale verranno presentate le iniziative di collaborazione offerte dal Paese in tema di ICT ed Energie Rinnovabili.
Il settore israeliano che presenta un altissimo livello di innovazione e ricerca, trova il proprio fondamento in una solida attività di ricerca e sviluppo, condotta da istituzioni accademiche, incubatori tecnologici e società commerciali.
Saranno presenti rappresentanti dell'Ambasciata di Israele in Italia che raccoglieranno eventuali manifestazioni di interesse per la partecipazione alla Eilat-Eilot Renewable Energy – 4th International Conference & Exhibition - www.eilatenergy.org - in programma ad Eilat (Israele) dal 22 al 24 febbraio 2011, un appuntamento strategico per il settore ambientale e delle tecnologie ed energie rinnovabili.

Per maggiori informazioni, cliccate qui.

PER PARTECIPARE.
Le imprese che desiderano partecipare all’incontro possono registrarsi attraverso il form online entro il 25 gennaio.
Per accreditarVi cliccate qui !

IL VOSTRO UFFICIO STAMPA

lunedì 4 ottobre 2010

I PARADOSSI DEL FOTOVOLTAICO di Franco Battaglia per il Giornale

Metà dei pannelli solari venduti nel mondo è realizzata in Cina. Le aziende che li esportano in Occidente usano il carbone come combustibile e disperdono nell’ambiente migliaia di tonnellate di scorie industriali.
Secondo un’inchiesta del britannico «Sunday Times», dietro la produzione dei pannelli solari si nascondono pro­cessi di inquinamento ambientale. In Cina, dove più della metà dei pannelli del mondo è prodotta, secondo il gior­nale le aziende locali avrebbero disper­so nell’ambiente circostante oltre 300mila tonnellate di residui industria­li in più rispetto a quelli dichiarati dai vertici delle società. Tra i contadini del­l’area vicino a un’azienda a Sud di Shanghai sarebbero aumentati negli ultimi anni i casi di morte per cancro.

IL VOSTRO UFFICIO STAMPA

sabato 6 febbraio 2010

ECO - Nucleare, Veronesi: Non danneggia la salute ed è sostenibile.

Roma, 5 feb (Velino) - Il nucleare “non danneggia la salute” e anzi è l’opzione più “concreta da considerare”, anche sotto il profilo ambientale, della sicurezza e della “stabilità politica”. Parola di Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto europeo di Oncologia. L’analisi del professore, in un articolo pubblicato nell’ultimo numero di Formiche, parte da una serie di dati scientifici. Innanzitutto il discorso salute: “È percezione diffusa che la scelta nucleare costituisca un pericolo anche per i suoi potenziali effetti cancerogeni”. In realtà, osserva Veronesi, “se guardiamo alle cause che provocano tumori osserviamo che i fattori genetici sono responsabili solo del 3 per cento dei tumori, i fattori riproduttivi ed endocrini lo sono per il 12 per cento mentre i fattori ambientali sono la causa dell’85 per cento di tutti i tumori”. Di questi, tuttavia, spiega il luminare, al primo posto per cause c’è l’alimentazione (30-35 per cento), seguita dal fumo (30 per cento), da virus (10 per cento) e per il restante 4 per cento dall’esposizione da sostanze cancerogene sui luoghi di lavoro. “Esiste dunque una minima parte di tumori dovuti all’inquinamento atmosferico, i cui principali responsabili sono i combustibili fossili”. E “in questo panorama – osserva l’oncologo – il rischio cancerogeno dell’energia nucleare con i moderni reattori è di fatto vicino allo zero”. Altro timore diffuso è quello del rischio incidenti. La mente torna a Chernobyl che però, spiega Veronesi, “era un impianto obsoleto e carente di sistemi di sicurezza”. Oggi, osserva, i “rischi dell’industria nucleare moderna sono molto inferiori a quelli di altre attività industriali, in particolare quella dei trasporti”, grazie alla ricerca e ai nuovi sistemi di sicurezza. Non è tutto. L’attenzione, secondo Veronesi, va spostata anche sulla duplice necessità di produrre energia, essenziale per lo sviluppo, (le stime parlano di un fabbisogno mondiale in aumento di oltre il 50 per cento entro il 2030), “e farlo proteggendo l’uomo e l’ambiente”. Le tre opzioni attualmente disponibili sono quelle dei combustibili fossili, che pur avendo un’alta produzione sono però “inquinanti” e “dannosi per la salute” e presentano “pericoli dal punto di vista geopolitico”. Poi c’è la tecnologia fotovoltaica, sulla quale bisogna fare ancora ricerca per rendere “accessibili i costi di trasformazione”. La terza opzione è quella di altre fonti non inquinanti, come eolico, geotermia, biomasse e idroelettrico, che tuttavia “hanno altre criticità”. Rimane il nucleare, che, sottolinea Veronesi, è “una fonte di energia pulita: non produce l’anidride solforosa, né gli altri gas serra” e “non disperde nell’ambiente le famigerate polveri sottili”, citando l’esempio della Francia come il Paese europeo più “virtuoso” dal punto di vista delle emissioni, grazie alle sue 58 centrali nucleari. Per quanto riguarda lo smaltimento delle scorie radioattive e lo smantellamento delle centrali, invece, “la ricerca scientifica può essere di grande aiuto”, spiega l’oncologo. Per le scorie, ad esempio, sono state messe a punto “tecniche di stoccaggio ad altissima sicurezza” come i depositi geologici di profondità. Lo sguardo è rivolto ancora alla Francia, “che ogni anno produce 1500 metri cubi di scorie rispetto alle sostanze chimiche tossiche, la cui produzione è pari a un milione di metri cubi”. Mentre dal punto di vista dei costi, Veronesi ricorda uno studio patrocinato dalla Commissione europea e dal Dipartimento per l’energia Usa dal quale è emerso che “l’energia nucleare è economicamente competitiva” anche considerando i cosiddetti costi ‘esterni’, vale a dire il costo della gestione delle scorie, dello smantellamento degli impianti e degli eventuali incidenti. “È vero che per costruire un reattore nucleare occorre un notevole investimento, tuttavia, una volta ultimato, può funzionare per 40 anni e più a un costo di esercizio minimo. Il prezzo del combustibile nucleare infatti è molto inferiore al prezzo per chilowattora di energia elettrica” e si tratta “di un prezzo stabile e non manipolato per scopi politici”, conclude Veronesi.

(red/asp) 5 feb 2010 18:48

mercoledì 21 ottobre 2009

Energia & Dintorni - Siamo Realmente Informati ?

Non condivido le Tue idee ma lotterò fino alla morte affinché Tu
(come me) possa liberamente esprimere il Tuo Pensiero.
(Voltaire - Evelyn Beatrice Hall)

Centrali Nucleari.

Le bombe su Hiroshima e Nagasaki, con le migliaia di morti che provocarono e per le dolorose conseguenze genetiche che cagionarono, hanno rappresentato una delle manifestazioni più terribili della malvagità umana e tutti si augurano che una simile tragedia non abbia più a ripetersi. D'altra parte anche l’uso pacifico del nucleare come fonte energetica alternativa è ritenuta un reale pericolo per la salute e per l’ambiente, come in modo inequivocabile ha dimostrato l’incidente di Chernobyl.

Bilancio di un Disastro.
Siamo proprio sicuri che l’incidente avvenuto in vicinanza della piccola cittadina ucraina abbia rappresentato una delle peggiori sciagure in campo tecnologico? Non furono forse i media ad enfatizzare quel malaugurato episodio indubbiamente grave, ma non tanto come lo si vuol fare apparire? Prima di dare un giudizio definitivo di quel tragico evento cerchiamo di capire come ciò possa essere accaduto.
Innanzitutto bisogna chiarire che a quel disastro, che non potrebbe nemmeno definirsi "incidente", contribuirono numerose cause, la prima delle quali riguarda la costruzione della centrale, che era priva di alcune indispensabili strutture di sicurezza a cominciare dalla mancanza di una protezione di cemento armato sovrastante il reattore.
Con le più elementari regole di Sicurezza, ampiamente utilizzate in Occidente, l’energia nucleare si rivela una forma di energia sicura e affidabile e ciò è dimostrato proprio dall’incidente di Chernobyl. In cinquant’anni di nucleare quello successo nella centrale sistemata in vicinanza della cittadina ucraina, è il più grave che si sia mai verificato ed ha comportato una sessantina di morti. Nel frattempo gli incidenti nelle centrali in cui si fa uso dei combustibili fossili hanno provocato oltre 15.000 morti e perfino il sicuro ed ecologico idroelettrico ne ha causati 4.000. Se il nucleare avesse avuto lo stesso numero di vittime delle altre fonti energetiche la sua utilizzazione come fonte di energia sarebbe finita da un pezzo.
Bisogna inoltre tener conto dei rischi che si corrono nella estrazione dei combustibili fossili rispetto all’estrazione dei minerali di uranio. Lavorare in una miniera di uranio, fonte di energia nucleare, è dieci volte meno pericoloso che lavorare in una miniera di carbone, poiché quest'ultimo è in assoluto la fonte di energia che provoca più morti: 6-7 mila all’anno senza contare le vittime della silicosi che colpisce tutti i minatori.
Anche il gas naturale rappresenta un pericolo. Nel 1984 si verificò in Messico l’esplosione di diversi serbatoi di gas liquido che uccisero sul colpo 550 persone e ne ferirono 7000, sicché il suo trasporto potrebbe provocare il peggior incidente immaginabile. Qualora una nave metanifera che trasporta gas liquefatto a bassissima temperatura, in vicinanza della costa, per un incidente, dovesse spezzarsi e riversare in mare anche solo parte del suo carico, si provocherebbe una enorme nuvola fredda e densa di gas che spinta dai venti sulla terraferma potrebbe esplodere liberando una potenza paragonabile a quella di una bomba atomica.
Anche il petrolio ha causato ingenti danni che non sono solo quelli, peraltro gravissimi per l’ambiente, provocati dalle petroliere che hanno riversato in mare il loro contenuto sporcando le coste e uccidendo gli uccelli marini che, con il corpo imbrattato di catrame, non riuscivano più ad alzarsi in volo. Ai disastri ambientali vanno accostate anche le migliaia di morti avvenuta per l’esplosione di oleodotti e depositi con conseguenti incendi che hanno interessato le abitazioni poste in vicinanza dei grossi serbatoi di carburante. Perfino l’idroelettrico, può creare catastrofi imputabili a dissesti idrogeologici.
Certo, quello di Chernobyl non è stato l’unico incidente accaduto nelle centrali nucleari ma negli altri casi, fatta eccezione per uno solo di essi, si è sempre trattato di incidenti di piccola entità simili ai tanti che si verificano in centrali di altro tipo. Il 28 marzo del 1979 si verificò quello di Three Mile Island, località nei pressi di Herrisburg in Pennsylvania (USA) il più grave mai avvenuto prima di Chernobyl e il più grave in assoluto per i Paesi dell'occidente. Ebbene, in quella occasione non vi fu nemmeno un morto, non scoppiò la bolla di idrogeno che si formò nel reattore, a differenza di quanto avvenne a Chernobyl, né ci fu alcun incendio e la radioattività rilasciata nell’ambiente fu minima. Gli ufficiali sanitari della Pennsylvania e del vicino Stato di New York riferirono che una certa quantità di iodio radioattivo era stata rinvenuta nel latte, ma si trattava di una quantità minima solo leggermente superiore al limite di percezione strumentale. Tuttavia i costi della decontaminazione vennero stimati in miliardi di dollari ma i danni maggiori furono indiretti, in quanto dal giorno di quell’incidente ad oggi negli Stati Uniti non sono più state costruite centrali nucleari. In realtà quell’incidente ebbe anche aspetti positivi perché contribuì a rendere ancora più sicure le centrali esistenti che passarono da un utilizzo di meno del 60% ad oltre l’80%: come se fossero stati costruiti 30 nuovi reattori.
Attualmente nel mondo i reattori in attività sono 400 e producono il 17% dell’energia elettrica richiesta. In Europa le centrali nucleari sono 150 e soddisfano il 36 per cento del bisogno elettrico e la Francia, con l’80% di produzione di energia elettrica dal nucleare, ne detiene il primato.
Anche la disinformazione gioca un ruolo importante nel mettere in cattiva luce l’energia nucleare. Recentemente, in seguito al terremoto che ha colpito il Giappone danneggiando una centrale nucleare di quel Paese, si disperse nell’ambiente una certa quantità di acqua pesante. La TV nazionale diffuse la notizia che era fuoriuscita dalla centrale dell’acqua pesante radioattiva, ma quella che viene usata in alcune centrali nucleari non è radioattiva: essa serve semplicemente a rallentare i neutroni svolgendo le stesse funzioni che in altri impianti compie la grafite. In realtà il nucleare (se non ci sono incidenti) non induce inquinamento radioattivo di alcun genere; al contrario le centrali nucleari evitano che ogni giorno vengano immessi nell’atmosfera quasi due miliardi di tonnellate di anidride carbonica derivanti dall’uso dei combustibili fossili. Proprio questo tipo di gas, oltre a milioni di tonnellate di ossidi di zolfo e di azoto, molto pericolosi per la salute dell’uomo, è uno dei maggiori responsabili del cosiddetto effetto serra.
Il problema immediato più grave rimane quello dei rifiuti nucleari ma anche in questo caso la soluzione è stata trovata e se si è verificata qualche incomprensione ciò ha riguardato una cattiva informazione. In tutti i Paesi in cui si fa uso di nucleare sono stati individuati siti adatti per la conservazione delle scorie radioattive. Queste vengono prima “vetrificate”, cioè fuse insieme con vetro e zucchero, quindi chiuse in robusti recipienti di acciaio e sistemate in profondità della crosta terrestre in zone asciutte come sono, ad esempio, le cave di sale nelle quali, se ci fossero infiltrazioni d’acqua, il sale si scioglierebbe.
Se in Italia si ricavasse attraverso il nucleare l’elettricità che compriamo all’estero, prodotta dalla stessa fonte, la quantità di scorie generate in un anno potrebbero essere contenute in una ventina di cilindri di acciaio da sistemarsi in un sito sicuro che era stato individuato dagli esperti nella zona di Scanzano Jonico a 700 metri di profondità. A questo punto però è scattato il cosiddetto effetto “Nimby” (acronimo di Not in my backyard, cioè “Non nel mio giardino”). Nessuno vuole nelle proprie vicinanze depositi di scorie radioattive, ma nemmeno centrali nucleari o di altro tipo, termovalorizzatori, discariche a cielo aperto o qualsiasi altra struttura che possa allarmare la popolazione locale. Gli attivisti anti-nucleari si sono subito dati da fare per allarmare la popolazione locale allo scopo di intralciare la realizzazione di un ottimo sito per eliminare le poche scorie giacenti nelle tre centrali nucleari che non funzionano. Viene da pensare che se alcuni critici anti-nucleari riuscissero a provocare un incidente nucleare, sarebbero contentissimi di farlo.
Non tutte le scorie nucleari d'altronde sono da buttare: il cesio 137, ad esempio, è utilizzato per la radioterapia dei tumori. Altri elementi prodotti dalle reazioni di fissione servono per sterilizzare gli alimenti o per dare energia ai satelliti. Ma esistono anche alcuni prototipi di centrale nucleare nei quali l’uranio 238, che negli impianti in funzione viene considerato una scoria, è invece utilizzato per produrre energia. Si tratta dei cosiddetti reattori autofertilizzanti nei quali l’uranio 238, colpito da neutroni veloci, si trasforma in plutonio 239: un elemento che non esiste in natura e che viene usato come combustibile. I reattori autofertilizzanti così chiamati in quanto producono più combustibile di quanto ne consumino non si sono ancora affermati perché, ai costi attuali dell’uranio, sono più convenienti i reattori tradizionali; peraltro si deve pur citare l'esistenza del Superphoenix un progetto francese alla realizzazione del quale ha partecipato anche l’Italia.
Ci sono anche problemi di sicurezza in quanto il plutonio può essere impiegato, più facilmente dell’uranio, per costruire armi atomiche. L’uranio infatti per costruire bombe atomiche deve essere arricchito dell’isotopo 235 all’85% e non al solo 2 o 3 per cento. L’Iran è in grado di fare queste operazioni ed è proprio per questo motivo che la comunità internazionale non si fida delle dichiarazioni tranquillizzanti di quel governo.
Concludendo, il bilancio finale del disastro di Chernobyl dovrebbe essere di 32 vittime quasi immediate, altre 19 negli anni successivi, 15 bambini vittime di tumori alla tiroide su 4000 casi complessivi, oltre a 9000 possibili decessi nell’arco di 80 anni. Se, in ultima analisi, si confrontasse il numero dei morti accertati dell’incidente di Chernobyl con quello del disastro del Vajont in cui perirono in pochi minuti quasi 2000 persone vittime, è bene sottolinearlo, di una forma di energia “pulita” ed ecologica a differenza di quella nucleare che da molti viene giudicata “sporca” e inquinante, si vedrebbe che quest'ultimo è quasi irrisorio. Si è anche parlato di danni genetici ma il rapporto del Chernobyl Forum ha potuto accertare che nella zona colpita non vi è stato alcun aumento di alterazioni cromosomiche o malformazioni congenite.

Centrali TermoElettriche.
Uno studio del C.N.R., a firma di Nicola Armaroli e Claudio Po, pubblicato sulla rivista "Chimica ed industria" descrive quanti e quali inquinanti vengano scaricati in aria da centrali termoelettriche di dimensioni pari a quella presa in esame (760 MG/W): oltre 1.500.000 tonnellate/anno di Anidride carbonica CO2, gas il cui effetto serra è universalmente noto; oltre 1.500 tonnellate/anno di ossido di azoto NOx, pericoloso sia di per sé sia perché precursore dell'ozono, gas velenoso per gli esseri viventi; 290 tonnellate/anno di particolato (polveri fini) PM10, il più pericoloso degli inquinanti per la salute umana o formazione di polveri fini secondarie che, secondo dati dell'Agenzia Ambientale Europea, sono la parte preponderante del particolato fine prodotto dagli impianti energetici; oltre 200 tonnellate/anno di metano incombusto, gas ad effetto serra 21 volte più potente della CO2; o 126 tonnellate/anno di monossido di carbonio CO, gas notoriamente velenoso; oltre 90 tonnellate/anno di Ammoniaca NH3C; oltre 40 tonnellate/anno di formaldeide CH2O, fortemente cancerogena; o 9 tonnellate/anno di ossidi di zolfo SOx; o 47 tonnellate/anno di altri idrocarburi: benzene (cancerogeno) ed altri idrocarburi aromatici tossici o cancerogeni.

Centrali IdroElettriche.
Problemi ambientali possono essere costituiti dal fatto che gli sbarramenti (dighe) bloccano il trasporto solido dei fiumi (sabbie e ghiaie) alterando l'equilibrio tra l'apporto solido e l'attività erosiva nel corso d'acqua a valle (erosione del letto del fiume e, talvolta, "taglio dei meandri" per la maggiore velocità) fino al mare dove, per il diminuito o nullo apporto solido si assiste al fenomeno dell'erosione delle coste; per non parlare dell'impossibilità dei pesci di risalire la corrente per andare a depositare le uova, col conseguente rischio per la specie e quel che ne consegue. Grandi bacini idroelettrici inoltre possono in alcuni casi avere impatti ambientali e socio-economici di diversa entità o gravità sulle zone circostanti (modifica del paesaggio e distruzione di habitat naturali, spostamenti di popolazione, perdita di aree agricole, ecc.) e lo studio di fattibilità deve essere particolarmente accurato soprattutto per quanto concerne l'analisi puntuale della geologia dei versanti e delle "spalle" su cui si attesterà la diga non tralasciando alcun particolare. Solo così si potranno evitare tragedie quali quella che nell'autunno del 1963 sconvolse la valle del Vajont (cancellando la cittadina di Longarone e d altri due centri del fondovalle con 1970 vittime).
Il gestore di un impianto idroelettrico di potenza nominale superiore a 220 kW deve corrispondere agli enti pubblici locali (comuni, provincia e regione) i cosiddetti Canoni Idrici, per la concessione e lo sfruttamento di acque pubbliche.

Energia Alternativa.
Per fonte di energia alternativa si intende un modo di ottenere energia elettrica fondamentalmente differente da quella ottenuta con l'utilizzo dei combustibili fossili, che costituiscono le fonti "non rinnovabili".
Spesso tale classe di fonti energetiche viene confusa o assimilata a quella delle fonti di energia rinnovabile (che in inglese sono sinonimi) o anche a quella delle fonti energetiche in grado di permettere uno sviluppo sostenibile. In realtà le fonti di energia alternativa comprendono una classe più ampia di forme di produzione di energia comprendendo "qualunque" modo di produzione di energia che non avvenga mediante l'utilizzo di combustibili fossili. Una differenza sostanziale ad esempio è la presenza fra le fonti alternative dell'energia nucleare, che non viene compresa nelle altre due classi.
Il termine divenne di uso comune negli anni '70, a valle delle crisi petrolifere del 1973 e 1979, che avevano fatto vedere in maniera chiara le problematiche poste da un mondo dell'energia troppo dipendente dal petrolio e, in generale, dall'approvvigionamento di fonti fossili.
Negli ultimi trent'anni sono state investite nella ricerca in tal senso molte risorse umane ed economiche. Nonostante ciò, uno dei problemi è rappresentato da conflitti d'interesse tra chi dovrebbe investire i fondi nella ricerca e chi produce attualmente l'energia o chi vende petrolio: di conseguenza vengono a mancare le alternative per il futuro.
Ad oggi sta aumentando, da parte di numerosi ricercatori la preoccupazione per il futuro energetico dell'umanità. Secondo modelli ritenuti generalmente validi come ad esempio il modello di Hubbert, sembra che il petrolio sia in fase di esaurimento (molti pensano che si stia superando il picco di Hubbert). Se ciò si rivelasse vero, provocherebbe delle ripercussioni enormi (alcuni parlano di ripercussioni catastrofiche) sull'economia, lo sviluppo e il sostentamento dell'umanità nei prossimi decenni (in particolare del mondo industrializzato, che maggiormente utilizza queste fonti), in quanto estremamente dipendenti dal petrolio. Una via indicata da molti per non incappare in questi eventi, è l'emancipazione dall'utilizzo del petrolio come fonte energetica, investendo risorse, ricerca e fondi nello sviluppo di fonti alternative di energia, che attualmente ricoprono una percentuale pari a circa il 20% della produzione energetica mondiale.

Risulta pertanto FONDAMENTALE procedere ad uno sviluppo che tenga sempre presente il FRAZIONAMENTO DEL RISCHIO, non facendosi illusioni di poter produrre energia senza rischi ma riducendoli al minimo, non consentendo a nessun tipo di produzione di superare il 15 max 20% del fabbisogno energetico. 

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