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venerdì 2 agosto 2013

Berlushenko in prigione, giustizia italiota in stile ucraino

Serve una rivoluzione liberale, democratica, non violenta. Il programma minimo mi pare il seguente:
  1) abolire la farsa dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in tutta Italia;
  2) separare le carriere di giudici e ppmm dalla culla alla tomba anche con norma costituzionale;
  3) sportello giudiziario unico per il cittadino con abolizione in Costituzione di tutte le magistrature speciali, a cominciare dalla randomica giustizia amministrativa, visto che lo stesso Sandulli confessava di trovare evanescente il confine tra diritto soggettivo e interesse legittimo, che serve solo a dar lavoro a decine di migliaia di avvocati in più e a dare migliaia di parrucche togate in più;
  4) principio dello ‘stare decisis’, del precedente vincolante, per far finire la buffonata della giustizia oscillante e in stato di ubriachezza. Quando il giudice di merito decide diversamente deve dichiarare perché il caso sia diverso dal precedente giurisprudenziale da cui si discosta;
  5) legge costituzionale che prevede un solo giudice monocratico per decidere tutti, dicansi tutti, i milioni di processi civili arretrati;
  6) responsabilità civile e penale dei magistrati disciplinata in Costituzione con norme speciali anti-pappa e ciccia tra colleghi;
  7) incompatibilità tra esercizio della professione forense e carica parlamentare per farla finita col partito degli avvocati denunciato da Piero Calamandrei;
  8) riserva di codice penale in Costituzione per sapere con certezza quali e quanti sono i reati (oggi nessuno conosce, nemmeno alcune procure, il reato di conferimento abusivo di cavalierati, avvenuto sotto il naso di importantissimi palazzi di potere);
  9) maggioranza assoluta per prevedere nuovi reati in Costituzione;
10) inappellabilità delle sentenze di assoluzione salvo nuove prove;
11) abolizione dell’azione penale obbligatoria tranne che per reati contro lo Stato, contro le pubbliche amministrazioni, per omicidio e violenza sessuale contro i minori;
12) totale abolizione degli incarichi extragiudiziali dei magistrati.
Sull'alto colle dicono che ora, dopo la condanna definitiva di Berlushenko, ci sono le condizioni per riformare la giustizia. Un po’ come se tre amici che fino a un minuto prima giocavano a tressette, col morto ancora caldo accanto, dicessero «finalmente possiamo giocare a traversone». Prepariamoci a lunghe file con le arance in mano per visite domiciliari ad Arcore o a Villa Certosa. Come in Ucraina.

Fonte: Notizie Radicali - Articolo Completo QUI

www.studiostampa.com

Da ascoltare per poter riflettere !

sabato 29 ottobre 2011

“Austerità? No, grazie”. Berlusconi scrive al Foglio.

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha scritto una lunga lettera al Foglio, sotto il titolo:
“Austerità? No, grazie”. Eccone alcuni stralci. Nel Foglio l'intervento integrale.
          Gentile direttore,

bisogna stare attenti alle parole, come sapete voi del Foglio. “Austerità” non fa parte del mio vocabolario. Responsabilità sì, autonomia sì, libertà sì, ma austerità no. La polemica sui “licenziamenti facili” è figlia di una cultura ottocentesca che ignora i cambiamenti del mercato mondiale ed è oltraggiosa per l’intelligenza degli italiani: già ora nelle aziende con meno di 15 dipendenti, dove lavora circa la metà degli occupati, non vige la giusta causa. E se ora il governo si propone di intervenire sui contratti di lavoro, seguendo la strada indicata dal disegno di legge presentato dal senatore dell’opposizione Pietro Ichino, è solo per aumentare la competitività del Paese, aprire nuovi spazi occupazionali per le donne e per i giovani, e garantire a chi perde il lavoro l’aiuto della cassa integrazione per trovare una nuova occupazione.
Di fronte al compimento di una fase critica e turbolenta, e dopo che in Europa il nostro e altri governi hanno chiesto e ottenuto impegni finanziari a difesa dell’euro, dando assicurazioni sulle riforme e un calendario impegnativo per la loro realizzazione, si va purtroppo dipanando una campagna fatta di ipocrisie e falsità, che tende a rovesciare come un guanto il senso delle cose. Ci siamo impegnati per la crescita, per lo sviluppo, per più efficaci regole di concorrenza, di competitività, di mobilità sociale, non per deprimere l’economia e rilanciare la lotta di classe, che come ho detto in Parlamento è finita da un pezzo. La rete di protezione sociale, in specie sul tema del lavoro, è tutto sommato abbastanza solida in Italia, e nessuno vuole sfilacciarla. Il problema è di ridurre le cattive abitudini, scongiurare un’estensione abnorme del lavoro precario, offrire un futuro qualificato ai giovani e alle donne rimuovendo solo e soltanto le rigidità improprie che impediscono l’allargamento della base occupazionale e produttiva, per avvicinarci agli obiettivi del Trattato di Lisbona sulla partecipazione al mercato del lavoro, purtroppo ancora lontani.
Gli imprenditori del XXI secolo non sono i padroni delle ferriere dell’Ottocento, non si svegliano al mattino con l’impulso di liberarsi di manodopera per gonfiare profitti. E i lavoratori sono titolari di forza contrattuale e di diritti, non schiavi sociali. Non dobbiamo sottometterci alla caricatura di noi stessi.

di Silvio Berlusconi

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