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giovedì 7 agosto 2014

Simon Bolivar: El Libertador !

Anche il Sud America ha avuto il suo Garibaldi, ben prima dell'eroismo di quest'ultimo contro l'Impero del Brasile e per la liberazione dell'Uruguay.
Simon Bolivar
Stiamo parlando di Simon Bolivar, il Libertador, ovvero di colui il quale - in epoca Romantica, ovvero agli inizi dell'Ottocento - contribuì all'indipendenza di gran parte dell'America Latina dal giogo spagnolo e fu Presidente delle Repubbliche di Venezuela, Colombia, Bolivia, Ecuador, Panama e Perù.
Fu il 15 agosto del 1805 che Bolivar - ventiduenne - giurò solennemente, a Roma, sul Monte Aventino (o Monte Sacro) e pronunciò le seguenti parole: Giuro per il Dio dei miei genitori, giuro per il mio onore e per la mia Patria, che non darò riposo al mio braccio né pace alla mia anima finché non avrò rotto le catene che ci opprimono per volontà del potere spagnolo.
E, a vent'anni da quel giuramento, l'Impero spagnolo crollò.
Simon Bolivar nacque in una famiglia agiata, di possidenti terrieri, temprato sin da ragazzino dal fuoco della ribellione contro l'oppressione. A ciò contribuì anche il suo precettore - Simon Rodriguez - libero pensatore e figlio dell'Illuminismo, il quale fu anche cospiratore contro l'Impero di Spagna che occupava la terra di Venezuela e gran parte dell'America Latina.
Bolivar non fu uno studente modello, purtuttavia diventò presto un valente combattente e spadaccino. Si sposò molto giovane con Maria Teresa Rodriguez del Toro, la quale contrasse la febbre gialla e morì presto, lasciandolo vedovo a soli vent'anni.
Simon Bolivar viaggiò molto in Europa ed anche a causa della sofferenza per la perdita prematura della moglie il suo spirito ribelle crescerà sempre più. Fu in questo contesto che il futuro El Libertador pronuncerà quel fatidico giuramento a Roma, sul Monte Aventino.
Fu così che inizierà la sua avventura di combattente per la libertà e l'emancipazione del suo popolo ed iniziò così ad organizzare il suo esercito di liberazione contro gli spagnoli, i quali saranno alleati di Napoleone, considerato da Bolivar un traditore degli ideali di Libertà, Eguaglianza e Fratellanza propugnati dalla Rivoluzione Francese.
Bolivar, in quegli anni, a Parigi, entrò in Massoneria e divenne, nel 1806, Gran Maestro della Loggia Madre di San Alessandro di Scozia all'Oriente di Parigi.
Forte dei suoi principi libertari, l'anno seguente, rientrò in Venezuela e da allora inizierà quella rivoluzione che porterà, nel corso degli anni - dal 1811 sino al 1830 - all'indipendenza di gran parte dell'America Latina ed alla proclamazione delle Repubbliche di Venezuela, Colombia, Perù e Bolivia (così chiamata in suo onore).
Nel 1812 Simon Bolivar scrisse il “Manifesto di Cartagena” in cui analizzò le prime sconfitte che portarono alla caduta della Prima Repubblica del Venezuela (1810 - 1812); mentre nel 1815 con la “Carta de Jamaica” gettò le basi per il suo progetto di emancipazione sociale dell'America del Sud, fondato su principi repubblicani, libertari, anti-imperialisti ed egalitari. Principi, peraltro, validi tutt'oggi, come validi sono stati i principi enunciati nella nostra Italia da personalità quali Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, i quali contribuirono alla fondazione della Prima Internazionale dei Lavoratori nel 1864.
Come Presidente della Repubblica di Venezuela, Colombia, Bolivia, Ecuador, Panama e Perù, Bolivar abolì la schiavitù, confiscò le terre ai possidenti e le ridistribuì agli indigeni, costruì istituti e scuole per donne, bambini indigeni e figli degli schiavi. Le azioni militari che realizzò, in sostanza, spianarono la strada all'emancipazione sociale.
Fu un peccato, purtuttavia, che il progetto di Bolivar per l'integrazione e l'unità dell'America Latina sfumò ben presto e ciò portò - nei decenni successivi alla sua morte (1830) - al saccheggio delle terre latinoamericane da parte degli Stati Uniti d'America, i quali sin da allora rinnegarono i principi di libertà ed emancipazione propugnati dal loro Padre fondatore, ovvero da George Washington e dal Marchese de Lafayette (che tanto aveva fatto per la causa statunitense ai tempi della Guerra d'Indipendenza), il quale peraltro fu amico personale e Fratello - in senso massonico - di Bolivar. In questo senso Bolivar scrisse: “Gli Stati Uniti sembrano destinati dalla Provvidenza a riempire l'America di miseria in nome della Libertà”.
Si pensi peraltro che il figlio di Washington - George Washington Parke Curtis - fece avere in dono a Bolivar, nel 1826, il medaglione del padre, in segno di ammirazione e comunanza ideale. Ah, se i principi di Libertà, Fratellanza e Uguaglianza propugnati da Washington, Lafayette e Bolivar avessero prevalso sul saccheggio e sull'imperialismo, come sarebbero andate diversamente le cose e come i popoli sarebbero potuti crescere in spirito d'armonia e fratellanza !
Fu fra il 1825 ed il 1830 che il progetto di Simon Bolivar si frantumò definitivamente a causa del fatto che le terre che aveva liberato finirono presto nelle mani degli olgarchi e dei ricchi proprietari terrieri, i quali aprirono alla prima ondata di imperialismo nordamericano.
El Libertador morì nel 1830, a soli 47 anni, completamente povero ed il suo corpo fu coperto da una semplice camicia presa in prestito, in quanto quella che possedeva era ormai ridotta in brandelli.
Anche Bolivar, come Garibaldi e Mazzini, fu un eroe sconfitto, nonostante le imprese eroiche compiute in vita, solo per amore del popolo e della libertà. Purtuttavia il suo esempio è tutt'ora vivo nel cuore di chi lo ha amato.
In Italia è edito dalla casa editrice Mimesis, un bellissimo libro che raccoglie gli scritti ed i discorsi più importanti di Simon Bolivar, dal titolo “La rivoluzione latinoamericana” (titolo originario: “Simon Bolivar: The Bolivarian Revolution by Hugo Chavez”). E' curato dall'ex Presidente venezuelano Hugo Chavez - deceduto nel 2013 - e che a Bolivar ispirò il suo Movimento Quinta Repubblica ed il successivo Partito Socialista Unito del Venezuela. L'edizione italiana è tradotta da Donatella Caristina.
E' un saggio che io definisco fondamentale per comprendere la figura di Bolivar, così poco conosciuta nel nostro Paese, ma così vicina agli ideali mazziniani e garibaldini. Un saggio che evidenzia lo spirito libertario di Simon Bolivar attraverso la sua stessa voce. I suoi proclami, i discorsi pubblici, le lettere che scrisse alle personalità europee ed americane con cui era in contatto all'epoca, i passi salienti del “Manifesto di Cartagena” e della “Carta de Jamaica”. Una raccolta di scritti politici dell'epoca romantica, ma che sono oggi attualissimi, specie in questi decenni di profonda crisi economica, sociale, umana.
L'unica pecca del volume, se proprio debbo dire, è che la copertina reca l'immagine del Presidente Hugo Chavez e non quella del Libertador Bolivar, il quale, a parer mio, merita di essere raffigurato, essendo il vero protagonista del volume e, soprattutto, della Storia dell'America Latina e del Secolo Romantico.
A parte ciò “La rivoluzione latinoamericana” è un volume che non può mancare nella libreria di ogni sano attivista per le libertà e di ogni ricercatore storico che vuole comprendere la realtà di oggi attraverso lo sguardo di chi la Storia ha saputo anticiparla, al fine di gettare le basi per una dimensione diversa, libertaria ed umanitaria. 

Luca Bagatin


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martedì 12 novembre 2013

Nassiriya - Un Film per ricordare !

Un doveroso ricordo dei nostri ragazzi ! 
Un film per ricordare !

NASSIRIYA: "Questa foto è diventata il mio inferno"

Mattia Piras è il simbolo della strage in un'immagine che ha fatto storia: "Da allora quando respiro sento l'odore della morte"
«Quando siamo arrivati sul ponte ho incominciato a sentire quell'odore. Un tanfo dolciastro, un misto di carne bruciata e altri miasmi. Mi entrava nella gola, mi scendeva nei polmoni, mi torceva lo stomaco. Da quel giorno non se n'è mai più andato. Mi è rimasto dentro. Da quel 12 novembre quando respiro qualcosa di simile rivedo le immagini tornare. Sono una processione. Un incubo ricorrente. Arriva l'odore e poi arrivano loro. 
Sempre assieme. Sempre le stesse. Tutte in fila dietro a quel lezzo. Vedo quell'asinello tranciato in due dall'esplosione. Vedo la sua carcassa appena oltre il ponte. Mi ritrovo tra le macerie. Mi rivedo sull'orlo di quella voragine. Sai cos'è una un baratro di due metri? È tanta roba. Troppa roba. Soprattutto se sai che lì dentro son finite le vite dei tuoi amici. E io lo sapevo. Solo quando ho visto quel buco nero ho capito che non sarebbero mai più tornati». 

Fonte: IL GIORNALE - Articolo Completo QUI !

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Cinquant'anni fa a Kindu nel Congo belga, il massacro dei 13 caschi blu italiani

Gli uomini facevano parte del contingente dell'Onu inviato per sostenere le popolazioni coinvolte in una violenza guerra civile. L'11 novembre 1961 i militari portarono aiuti e rifornimenti da Leopoldville, ora Kinshasa, a Kindu dove caddero in un'imboscata di una delle fazioni in lotta. Disarmati, furono picchiati a sangue e poi abbattuti a colpi di mitra.
Erano disarmati, portavano le insegne dei caschi blu dell'Onu, ma questo non bastò a salvare i 13 aviatori italiani che nel novembre del 1961, non è chiaro se l'11 o il 12, vennero catturati nell'ex Congo belga da guerriglieri di una delle frazioni che si contendevano il controllo del Paese africano. Picchiati a sangue e portati giro per la cittadina di Kindu, vennero alla fine abbattuti a raffiche di mitra e poi letteralmente fatti a pezzi a colpi di machete. I loro corpi saranno poi trovati solo un anno dopo, composti e riportati in patria.

Fonte: IL GIORNALE - Articolo Completo QUI !

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Nassiriya. Cerimonia di ricordo anche a Comando Isaf di Kabul


(ASCA) - Roma, 12 nov - Dieci anni dopo, con una cerimonia sobria ma molto sentita da tutti, i militari italiani di stanza al comando Isaf a Kabul si sono raccolti in ricordo dei caduti della strage di Nassiriya.
“Oggi e’ una data dolorosa - ha detto il generale di corpo d’armata Giorgio Battisti, capo di stato maggiore della forza internazionale e Italian Senior National Representative parlando ai presenti - che ricorda, nel suo decimo anniversario, i nostri connazionali caduti in terra irachena. E’ doveroso ricordare loro e anche tutti gli altri caduti che le Forze Armate italiane hanno avuto negli anni nelle varie missioni internazionali. Noi tutti dobbiamo rammentare - ha quindi proseguito Battisti - che indossando la divisa siamo chiamati a onorare il nome dell’Italia nel mondo anche a costo della nostra vita”.
“Dobbiamo stringerci - ha continuato il generale, - in un grande abbraccio alle famiglie di questi morti: mogli, madri, padri, fratelli, figli che sono stati privati dell’affetto e del sostegno dei propri cari. Queste persone sono dei veri e propri eroi con la dignità del loro comportamento sono un esempio per tutti noi”.

Questa è una notizia dell’agenzia Asca.

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Eccellenza a Roma - Post in Evidenza

Onore a Giuseppe Garibaldi !

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