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martedì 12 aprile 2016

CRAXI: dall'Achille Lauro a Sigonella.


L' Achille Lauro fa rotta per l'Egitto ed attracca a Port Said: alle ore 15.30 del Giovedì, la nave è libera, anche se i passeggeri ancora non possono scendere. Ma solo più avanti nella serata si poterono acquisire conferme indipendenti del crudele delitto: l'ambasciatore Migliuolo era salito a bordo e in presenza di funzionari egiziani cominciò ad ascoltare dal comandante quello che era accaduto. Craxi apprese direttamente della circostanza parlando con il comandante De Rosa in una conversazione telefonica, "qualche minuto prima della conferenza stampa. Craxi ci disse di avvertire subito il nostro ambasciatore Migliuolo incaricandolo di preparare il terreno per una nostra richiesta di estradizione per i quattro dirottatori, poiché il salvacondotto era condizionato all'assenza di ogni fatto di sangue avvenuto sulla nave. De Rosa, certamente per quieto vivere, aveva purtroppo taciuto sull'assassinio di Klinghofer nelle precedenti telefonate col ministero degli Esteri e coi Servizi. Prima ancora di recarsi alla conferenza stampa, Craxi ci dette inoltre istruzioni per informare la Farnesina della nostra conversazione con Migliuolo e chiedere di avviare con la massima urgenza le procedure, d'intesa col ministero della Giustizia, per l'estradizione dei quattro dirottatori, richiesta che egli avrebbe appoggiato direttamente presso il presidente Mubarak".
Bettino Craxi
Il governo egiziano decise di effettuare immediatamente un trasferimento in Tunisia, dove all'epoca l'OLP aveva sede. In realtà, nonostante le assicurazioni pubblicamente offerte nella mattinata del giovedì 10 dal capo di stato egiziano Hosni Mubarak - che dichiara che i terroristi hanno già lasciato l'Egitto - la Casa Bianca dichiara che le affermazioni del presidente egiziano sono in contraddizione con quelle che ha ricevuto dalle proprie fonti. Poco più tardi, un funzionario che si trova sull'aereo di Reagan, in viaggio verso Chicago, informa che i quattro si trovano ancora in un aeroporto ad Al Masa.
In effetti, soltanto nel pomeriggio del giovedì un aereo civile, un Boeing 737 delle linee aeree egiziane fu requisito da parte del governo del Cairo e diventò ufficialmente un mezzo di trasporto di Stato; nella sera, con i quattro dirottatori della motonave e i rappresentanti dell'OLP (ovvero Abu Abbas e Hani el Hassan) salirono a bordo anche un ambasciatore egiziano ed alcuni agenti del servizio di sicurezza egiziano. 
Il volo decollò alle 23:15 (ora del Cairo).
La notte tra Giovedì 10 e Venerdì 11: l'intercettazione ed il confronto militare sulla pista. 
Il presidente statunitense Ronald Reagan, mentre era in volo da Chicago a Washington, decise di accogliere la proposta del Consiglio di sicurezza nazionale degli USA disponendo di intercettare unilateralmente l'aereo utilizzando le informazioni fatte pervenire da Israele: dalla portaerei USS Saratoga decollarono quattro F-14 Tomcat che affiancarono l'aereo poco sopra Malta.
Nel frattempo il Consiglio di Sicurezza Nazionale ed il Dipartimento di Stato USA riuscirono a limitare le opzioni di atterraggio dell'aereo egiziano, chiedendo ai governi di Tunisia, Grecia e Libano di non autorizzare l'atterraggio nei loro aeroporti. Quando il volo EgyptAir stava ormai avvicinandosi alla destinazione, Tunisi comunicò il rifiuto all'autorizzazione di atterraggio. Dal Boeing venne quindi chiesta autorizzazione ad Atene, da dove ricevettero altro rifiuto.
I militari statunitensi entrarono quindi in azione, contattando via radio il Boeing ed eseguendo la procedura di intercettazione, intimando con movimenti d'ala di seguirli: senza previo avvertimento, i caccia americani dirottarono l'aereo egiziano sulla base Naval Air Station Sigonella, in Sicilia.
Intorno alle 22.30 il colonnello Ercolano Annichiarico, che la mattina dopo avrebbe dovuto lasciare il comando della base, era stato avvertito dell'arrivo di una formazione americana. La richiesta, negata, veniva dai Tomcat, a 240 km dallo scalo siciliano, ed atteneva ai soli 4 F-14 ed all'aereo egiziano, nessuna menzione facendosi dei due C-141, né autorizzati né previsti.
Solo a dirottamento iniziato, il governo americano tentò di contattare Craxi. La versione di parte statunitense è che Craxi non rispondeva alle richieste di contatto telefonico e che solo per questo Oliver North si rivolse a Michael Ledeen, consulente della CIA che riuscì a farsi passare Craxi in ragione di antichi rapporti di consuetudine risalenti al suo periodo di perfezionamento universitario italiano. Opposta è la versione dell' entourage di Craxi: «Craxi non aveva molta simpatia per lui, disse: “Non vedo per quale ragione dovrei parlarle, visto che ci sono altre persone qualificate, come l'ambasciatore Rabb”; non voleva attribuire a Ledeen il ruolo di portavoce del Presidente Reagan».
In ogni caso, il colloquio telefonico alla fine ebbe luogo: secondo Ledeen, Craxi gli chiese solo «perché in Italia?» e si accontentò della sua risposta: «per il vostro clima perfetto, la vostra favolosa cucina e le tradizioni culturali che la Sicilia può offrire».
Il presidente del consiglio italiano, contrariato da questa improvvisazione, intendeva consentire l'atterraggio, ma solo a condizione di gestirne le conseguenze autonomamente. In segreto ordinò ai vertici militari che i terroristi e i mediatori fossero messi sotto il controllo delle autorità italiane. L'ammiraglio Fulvio Martini, capo del servizio segreto militare (SISMI), alle 23:57 ricevette una telefonata dal presidente Craxi e su suo ordine prima diede l'ordine di autorizzare l'atterraggio dei 5 velivoli a loro noti, dalla sala controllo dello stato maggiore dell'aeronautica a Roma; poi si recò immediatamente alla base di Sigonella.
L'autorizzazione del Comando italiano all'atterraggio del volo egiziano arrivò solo quando il velivolo aveva già dichiarato emergenza combustibile e appariva evidente che non sarebbe stato in grado materialmente di procedere verso l'aeroporto di Catania Fontanarossa. L'atterraggio avvenne alle 0:15. Il controllore di torre e il suo assistente (all'epoca il controllo del traffico aereo in Italia era gestito interamente dall'Aeronautica Militare), senza ricevere ordini in merito, istruirono di loro iniziativa l'aereo egiziano a parcheggiare sul piazzale lato est (zona italiana). Sia il controllore di torre che il suo assistente erano all'oscuro riguardo l'identità dei passeggeri a bordo del velivolo egiziano: essi però furono i primi ad avvedersi che in silenzio radio ed a fari spenti i 5 velivoli noti erano seguiti dai due C-141; in assenza di informazioni, sotto la propria responsabilità e a proprio rischio e pericolo, assunsero la suddetta decisione su dove dislocare l'aereo, che si rivelò decisiva per i successivi sviluppi. Il controllore in turno e il suo assistente furono le due prime persone italiane di Sigonella a rendersi conto che gli statunitensi volevano far atterrare l'aereo civile sulla base militare, per poi farlo sostare nei pressi dell'aerostazione da loro gestita: preavvisarono quindi dell'atterraggio sia i Carabinieri che i VAM (Vigilanza Aeronautica Militare), il corpo di guardia dell'aeroporto.
Immediatamente confluirono sulla pista 30 avieri VAM e 20 Carabinieri, tutti in forza alla base aerea di Sigonella, circondando l'aereo, come da ordini ricevuti. Pochi minuti dopo atterrarono - a luci spente e senza permesso della torre di controllo - anche due Lockheed C-141 Starlifter americani dei Navy SEAL al comando del generale di brigata aerea Carl W. Stiner, si diressero verso il Boeing egiziano e fu subito chiaro l'intento di prelevare dirottatori e Abu Abbas, secondo gli ordini ricevuti da Washington; le luci della pista furono subito spente. La tensione salì quando i 50 militari dei SEAL, scesi dai C-141 armi in pugno, circondarono gli avieri italiani e i carabinieri, ma a loro volta furono circondati con le armi puntate da altri carabinieri, che erano nel frattempo arrivati dalle vicine caserme di Catania e Siracusa. Il capitano Marzo ricevette dalla torre di controllo l'ordine di posteggiare un'autocisterna, una gru e i mezzi anti incendio chiusi a chiave e piantonati dinanzi ai velivoli onde impedirgli definitivamente di muoversi dalla base. Ognuno si attestò sulle sue posizioni: in quel momento v'erano tre cerchi concentrici attorno all'aereo. Seguirono minuti di altissima tensione.
Stiner - che aveva notizie dagli Stati Uniti in tempo reale grazie ad apparecchiature satellitari - avvertì il colonnello Ercolano Annicchiarico di essere in contatto con lo Studio ovale e dichiarò: «Il governo italiano ha promesso di consegnarci i palestinesi; non capisco la resistenza di voi militari». L'ammiraglio Martini, sia pure con difficoltà, sentì Roma e fece rispondere a Stiner: «Abbiamo istruzioni di lasciarli lì». Le autorità italiane, infatti, restavano attestate sulla linea secondo la quale, in assenza di richiesta di estradizione, non era consentito a nessuno di sottrarre alla giustizia italiana persone sospettate di aver preso parte ad un atto criminale punibile ai sensi della legge italiana.
Da Washington pervennero immediatamente intimazioni rivolte per via diplomatico-militare ai vertici del governo italiano, limitandosi a presentare la questione come un'operazione di polizia internazionale, ma totalmente disconoscendo le diverse priorità imposte dall'ordinamento giuridico italiano. Non avendo ottenuto risposta positiva, il presidente statunitense Reagan, infuriato per il comportamento italiano, si decise a telefonare nel cuore della notte al presidente del Consiglio Craxi per chiedere la consegna dei terroristi; ma Craxi non si mosse dalle sue posizioni: i reati erano stati commessi a bordo di una nave italiana, quindi in territorio italiano, e sarebbe stata l'Italia a decidere se e chi estradare.
Alle 5:30, quando il generale dei carabinieri Bisogniero fece intervenire a Sigonella (su ordine di Craxi) i blindati dell'Arma ed altri rinforzi, il reparto d'attacco americano ricevette l'ordine di rientrare. A Reagan, dinanzi alla posizione italiana, non era rimasto che cedere e ritirare gli uomini da Sigonella, confidando nella volontaria attuazione delle promesse che riteneva di aver ottenuto nel corso della telefonata con Craxi.

QUI  LA  STORIA  COMPLETA  SU  WIKIPEDIA.

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mercoledì 26 marzo 2014

SECONDA MOSSA DA SCACCO MATTO DI PUTIN: VISA E MASTERCARD ESPULSE DALLA RUSSIA, NASCE IL CIRCUITO ''PRO100''.


MOSCA - Altra straordinaria mossa da scacco matto di Putin, dopo quella di usare la valuta cinese e non più l'euro o il dollaro americano come valuta di riserva: l'intera Russia esce dal circuito Visa - Mastercard e si organizza per avere le proprie carte di credito! Questa decisione - finanziariamente vantaggiosissima per la Russia - produce un danno clamoroso ai colossi americani del pagamento con carta di credito: perdono in un colpo solo 100 milioni di clienti. La decisione di Putin nasce perché Obama ha dato ordine a Visa e Mastercard di bloccare le trasazioni in Russia. Solo che, questa decisione si è rivoltata come un boomerang contro i colossi americani che non si aspettavano che al Russia fosse pronta - in pochi giorni - a sostituirli.

Ne scrive il sito economico in lingua inglese rt.com

Fonte: IL NORD Quotidiano - Articolo Completo QUI !


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giovedì 12 settembre 2013

POLITICA: un italiano alla conquista di New York

  di FEDERICO RAMPINI
La Famiglia de Blasio
Un italiano alla conquista di New York NEW YORK - C'era un'epoca in cui gli italo-americani cercavano di legittimarsi annacquando le origini etniche. Lui ha rinunciato al cognome Wilhelm per chiamarsi de Blasio come la famiglia materna, immigrata due generazioni fa dalla Campania. Vincitore nelle primarie democratiche per il sindaco di New York (anche se dovrà aspettare alcuni giorni prima che il suo 40% sia certificato), Bill de Blasio è in pole position per succedere a Michael Bloomberg a fine anno. 
Sarebbe la prima volta che New York torna ad avere un sindaco italo-americano dai tempi di Rudolph Giuliani (12 anni fa), repubblicano. Per ritrovare un sindaco "italo" e anche democratico, bisogna risalire a Vincent Impellitteri: esattamente 60 anni fa. Ma l'ascesa di de Blasio ha calamitato l'attenzione dei media newyorchesi per ben altre ragioni. Sua moglie, la poetessa militante femminista afroamericana Chirlane McCray, da giovane è stata una lesbica dichiarata. Suo figlio Dante, che sembra un nipotino di Jimi Hendrix per la chioma "afro" di dimensioni leonine, è diventato la star di un video virale su YouTube, conquistando al padre molti consensi nella comunità nera. Voti preziosi visto che il secondo piazzato alle primarie è un afro-americano, Bill Thompson, che ancora nutre qualche speranza di strappare un ballottaggio al ricalcolo delle schede. 

Fonte: La Repubblica - Articolo Completo QUI

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domenica 1 settembre 2013

La Russia scongiura l'intervento in Siria

Si alza il “no” di Mosca davanti al possibile attacco da parte degli Stati Uniti. E mentre gli esperti denunciano il rischio di gravi errori strategici e il peggioramento della situazione, la Federazione lavora su più fronti per evitare i bombardamenti. 
Secondo gli esperti russi, il vero scopo del possibile attacco da parte degli Stati Uniti
in Siria servirebbe per indebolire le forze armate del governo locale
e consentire la vittoria dell'opposizione armata (Foto: Reuters / Bassam Khabieh)
È probabile che da un momento all'altro gli Stati Uniti e i loro alleati diano il via ai bombardamenti in Siria. Gli esperti russi ritengono che il vero scopo non sia l'eliminazione del potenziale chimico, quanto piuttosto l'indebolimento delle forze armate del governo per consentire la vittoria dell'opposizione armata. Fanno anche notare che Mosca molto probabilmente non farà più in tempo a fornire armi a Damasco e si dovrà concentrare sull'appoggio diplomatico e sulla contro-informazione.
“L'azione militare sarà simile all'operazione in codice El Dorado Canyon, lanciata nel 1986 contro Muammar Gheddafi. Non sarà né troppo lunga, né troppo costosa”, prevede Sergei Demidenko, esperto dell'Istituto di valutazioni strategiche e analisi. Demidenko è certo che l'Occidente non vorrà prolungare l'operazione aerea e tanto meno rischiare con un’incursione di terra in Siria, perché i costi sarebbero troppo elevati.
Secondo Demidenko, gli Stati Uniti non vogliono intromettersi nel conflitto siriano perché è una guerra che non li riguarda: sono l'Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia che li vogliono coinvolgere. Per questi Paesi, il rovesciamento del regime di Bashar al-Assad è diventata una questione di principio, ma da soli non hanno forze sufficienti per raggiungere il loro obiettivo.
Sorge un dubbio: cosa ne sarà degli obiettivi siriani che corrispondono agli stabilimenti di produzione e ai depositi di armi chimiche se l'operazione militare in Siria avrà lo scopo di prevenire l'uso di armi chimiche in futuro? “Non si parla di bombardare i depositi o gli stabilimenti di produzione di armi chimiche. Se si sferrasse un attacco contro un deposito di armi chimiche, il risultato sarebbe di gran lunga peggiore di quello dell'ultimo attacco nei dintorni di Damasco”, spiega un esperto del Centro di ricerca politica della Russia, Andrei Baklizkij. Secondo Baklizkij, verranno attaccati gli obiettivi che appartengono all'esercito: i punti di comando e le linee di comunicazione.
Anche il politologo Sergei Markov ritiene che in un certo senso le truppe occidentali in Siria saranno una sorta di mercenari, al servizio delle monarchie arabe. 

LINGERIE - E ADESSO CHI LO SPIEGA ALLE NOSTRE MINISTRE ?

Notizie non sempre brutte. Grande successo nei Concerti Americani per Fausta Ciceroni e Alessio Magnaguagno, una coppia che onora il bel canto !

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